A Tu per Tu con il Conte Alessandro Federico, discendente di Federico II

 

Il Conte Alessandro Federico con la moglie Alwine - 1988 Targa Florio storica (Fonte Forum-auto.com)
Il Conte Alessandro Federico con la moglie Alwine – 1988 Targa Florio storica (Fonte Forum-auto.com)

 

Una vita vissuta tra il recupero del vasto patrimonio storico di famiglia e la passione per le corse automobilistiche

L’avvicinamento al Palazzo in cui abita il protagonista di questa nuova intervista, passa attraverso un episodio pittoresco in cui siamo incappati io e Salvo Zappalà, patron di Sicilian Secrets.

Per raggiungere il luogo deputato all’intervista, Salvo, seguendo la voce metallica di un navigatore satellitare che, evidentemente, non conosce certe dinamiche delle città del Sud, si immette in uno stretto vicolo… talmente angusto che, nel faticoso procedere della macchina, urta uno degli stendini che occupano parte della strada che, ad onor di cronaca, non presenta divieti di accesso o altro.

E’ un attimo… voci irritate si susseguono, a toni sempre più elevati, e da alcuni dei “bassi” che insistono sul vicolo, escono fuori donne corpulente ed uomini i cui gesti concitati tradiscono intenzioni tutt’altro che pacifiche.

Salvo prova a giustificarsi, rimandando la responsabilità a quell’affare infernale che continua a gracchiare “Andare avanti…girare a destra…girare a sinistra”, e scende dalla macchina nel tentativo di acquietare gli animi ma… con scarsi risultati.

Visto l’umore, tendente al nero…che più nero non si può, degli abitanti del vicolo…temendo per le sorti di Salvo… e ricordandomi che siamo spesso noi donne a trovare il punto di conciliazione, abbozzo un ruffiano e complice “Ah, gli uomini al volante…che ci volete fare?

Il contatto è stabilito. La tensione si stempera e spostati gli stendini, ci permettono di oltrepassare quella strozzatura che, ripeto, non è indicata come strada non percorribile ma che tale è stata eletta dagli abitanti. Insomma, ci troviamo in una strada privata “fatta” in casa ma così è…benvenuti al Sud!

Dopo poche decine di metri…tra la Via dei Biscottai e la Piazza Conte Federico, ci ritroviamo davanti ad un magnifico portone di stile medievale. E’ il Palazzo che prende nome dall’omonima piazza, uno dei più prestigiosi edifici di Palermo e che si trova sopra le originarie mura della città punica…a due passi dal Palazzo Reale, dalla Cappella Palatina e dalla Cattedrale.

La strada è stretta e non mi permette di godere della magnificenza del palazzo al cui citofono suono. Pochi secondi di attesa ed un click mi catapulta in un altro mondo. Un rapido sguardo all’interno e saluto Salvo…rassicurandolo che troverò certamente la strada per tornare in albergo da sola. Lo dico ma… non ne sono tanto sicura. Che importa, quello che sto vedendo al di là del portone…è talmente bello che non considererei, per nulla, una sciagura rimanere prigioniera lì.

Frontespizio Palazzo Federico
Frontespizio Palazzo Federico (Fonte www.palermodavedere.it)

 

Dal cortile interno, con decorazioni opera del grande Venanzio Marvuglia, accedo al piano nobile salendo lungo una scalinata in granito rosso che lascia senza fiato e induce a camminare quasi in punta di piedi, per paura di scalfire quel marmo dalle tante venature bicrome.

Non posso non notare la presenza di simboli massoni ad ogni pianerottolo: due – in particolare – le figure che colpiscono l’attenzione e che simboleggiano la Musica e la Geometria. Davanti alla magnifica porta d’ingresso, delimitata da due spegnitorce di marmo rosso, trovo ad attendermi l’attuale conte Federico, Alessandro.

Una fisicità accogliente, la sua…un sorriso bonario ed un piglio cordiale che mettono subito a proprio agio. Saprò in seguito, essere la cifra del padrone di casa che accoglie spesso visitatori, prodigo di racconti ed aneddoti. Lui che, da custode del patrimonio storico della sua famiglia, non vive avulso dalla realtà e non disdegna un approccio manageriale nella gestione di un palazzo la cui manutenzione, che appare perfetta, vive di pochissimi o quasi nulli interventi pubblici e che necessita di continui interventi assai costosi. Grazie proprio a visite guidate ed all’organizzazione di eventi di vario genere, l’attuale conte riesce a supplire all’assenza delle istituzioni.

Con grande cordialità, ripeto, mi invita a seguirlo nel racconto di una storia familiare che prende l’avvio da Federico D’Antiochia, uno dei figli naturali dell’imperatore Federico II e comincia a raccontarmi di avere, alla morte del padre, preso in mani le redini di quel palazzo in cui il genitore, alla morte della propria mamma, aveva controsoffittato parte del piano nobile ricavandone 8 miniappartamenti e cambiandone, in definitiva, l’antica struttura. Un lavoro che l’attuale conte ha voluto annullare per riportare alla luce la magnificenza degli ambienti al cui recupero e restauro continua a dedicare, da allora, ogni sforzo ed impegno di tempo e di denaro.

A primo acchito mi chiede se ho notato niente di strano salendo la splendida scalinata che, sottolinea essere anch’essa opera del Marvuglia e, alla mia risposta affermativa e relativa alla presenza di simboli massonici, mi conferma che massonici erano i suoi antenati…massone lo stesso Marvuglia così come i maggiori artisti del tempo…massoni i vari Giuseppe Verdi, Vincenzo Bellini, Richard Wagner per non parlare di Giuseppe Garibaldi, cui è dedicata un’intera stanza del palazzo…amico intimo del suo antenato Antonino, che fu – tra l’altro – finanziatore di ben tre squadre garibaldine. Tutti personaggi di casa in quel palazzo che, conclude, essere stato seggio di tempio massonico.

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Il conte Alessandro, saprò nel corso della lunga chiacchierata, essere palermitano doc, classe 1939.

Pensi, proprio oggi compio gli anni!…mi dice con candore e grande freschezza a dispetto dei suoi 76 anni!

Iniziamo il nostro “viaggio” attraversando, in sequenza, saloni e sale di rappresentanza dove rivivono varie epoche e dove si è svolta la vita di generazioni di conti Federico. I primi saloni che stordiscono la mia vista sono quello “blu” e la “sala degli stemmi”, entrambi risalenti al XV secolo e caratterizzati con magnifici soffitti a cassettoni lignei dipinti.

Riprendo coscienza della realtà e premo rec al registratore così da non perdere una sola parola di quanto dirà il conte e…

Ecco, Conte, andiamo per gradi…Voi discendente da Federico II, è corretto?

Si, da Federico d’Antiochia che era uno dei tanti figli naturali di Federico II. Naturali, eh? Per fortuna, dico io perchè, a causa della lotta che ci fu tra il Papato e l’Impero, i figli legittimi fecero brutta fine…il Papa se li fece fuori tutti!

Questa – continua il conte, mostrandomi una magnifica cartina geografica – mostra come si presentasse Palermo intorno al 1100…una penisola, cioè, cinta da due bracci di mare e circondata da torri. Evidenziato il punto esatto in cui era ubicato il nostro palazzo…uno dei palazzi più antichi della città, costruito proprio sulle mura puniche. In esso è inglobata, infatti, una delle torri che difendevano la città, testimone di una delle prime battaglie puniche che hanno insanguinato Palermo.

Il conte mi racconta di quando e di come il console romano, Cecilio Metello, difese la città dall’avanzata del condottiero cartaginese Amilcare Barca, il cui esercito arrivò in sella ad elefanti.

Si trattava di elefanti da combattimento, eh?…altamente pericolosi ma che Metello, con grande astuzia, ridusse alla resa, lanciando loro – con le catapulte – topi e tarantole. Pensi, grazie a questo stratagemma, gli elefanti si imbizzarrirono travolgendo le loro stesse linee.

A seguire, la splendida “Sala verde” con magnifiche boiseries e le porte in oro zecchino mentre il seguente “Salotto rosso” presenta uno spettacolare affresco di Vito D’Anna, già “conosciuto” a Palazzo Alliata di Pietratagliata.

Ci spostiamo nella splendida “Galleria del ballo”…

Conte, in questa magnifica sala da ballo, ricorda feste particolari…

Che io mi ricordi, no. Solo dopo il mio matrimonio, essendo mia moglie originaria di Salisburgo…la città della musica…dei grandi balli…abbiamo fatto qualcosina.

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So che in questa casa è custodito un vecchio pianoforte che fu suonato da Wagner…

Si, poi glielo mostrerò…è del 1860, con accordatura dell’epoca e pertanto non utilizzabile anche se perfettamente funzionante. Fu suonato da Richard Wagner, nel periodo in cui soggiornò a Palermo, proprio per i motivi che le ho detto prima…venne qui, a palazzo, in quanto massone. Dato che rimase in città svariati mesi, sposando anche una figlia, venne svariate volte.

Ma guardi in alto, questo magnifico affresco di Gaspare Serenario. Essendo fratello massone, in questo “Trionfo della Purezza tra le Virtù sul Tempo”, che risale al XVIII secolo, appose simboli massonici. Massone lui così come, d’altra parte,gli altri autori presenti qui… il Marabitti, il Serpotta, Vito D’anna, solo per citarne qualcuno.

Ed infatti, tra le pieghe della Dama in bianco, ci troverà il compasso…un triangolo con un occhio…il gallo…vede?

Ci spostiamo nella “Stanza degli ospiti”…

Vede? Questa stanza è interessante perchè sono riprodotti gli stemmi delle famiglie che si sono unite alla nostra per via di matrimonio.

Guardi…questo è lo stemma principesco dei Riggio…questo dei Napoli… dei Bonanno del Bosco… dei Papè di Pratameno, casato a cui apparteneva mia madre.

Ma questi matrimoni tra nobili, conte, da cosa nascevano? Interesse o, forse, semplicemente la frequentazione dello stesso ambiente?

Ma guardi, certamente la frequentazione dello stesso ambiente e poi, sì, la necessità di rimpinguare i patrimoni…che erano necessari a mantenere palazzi come questi. Oggi, questi patrimoni non ci sono più e spesso, tanto di quello che in essi era contenuto, è andato perduto anche a causa di sparizioni e divisioni ereditarie. Qui, ad esempio…c’è un quadretto di Bernardo Daddi. Era andato perduto…io l’ho ricomprato ad un’asta, pensi. E così tante altre cose…costretto a farlo dall’attaccamento alla casa.

Mi invita, quindi, a visionare gli stemmi di “provenienza” catanese…Castagna, Scammacca, Balsamo e così via.

Vede, tanto per farle un brevissimo excursus… Federico d’Antiochia fu fatto Vicario imperiale in Toscana, poi la famiglia scese in Sud Italia e venne in Sicilia. Visse a Catania, a Sciacca ed infine a Palermo.

Conte, mi perdoni. Quando parla di stanza degli ospiti…parla sempre del passato…no?

No, no…guardi che tutto il palazzo è vissuto, eh? Se viene un amico, è qui che lo faccio dormire…cosa crede? Per me questo palazzo è casa mia!

Ci si abituata a tanta magnificenza, conte?

Per me, si…è normale. Ma, guardi, che lei ancora non ha visto nulla…eh? Venga che le faccio vedere qualcosa che la stupirà allora.

Mentre lo seguo ipnotizzata, mi mostra un’alta uniforme contenuta in una vetrina con la quale…mi dice…si andava a corte dai Borboni e tantissimo altro ancora.

Ma come aveTe fatto a conservare tutto questo? Insomma, siete stati accorti di generazione in generazione o cosa?

No, guardi…ho faticato non poco a riportare quanto più possibile,di quello che c’era prima, all’interno del palazzo, mi creda. La maggior parte di quello che vede è stato ricomprato, o da mio fratello e da mia sorella oppure, addirittura, all’asta perchè, nelle successioni e nelle spartizioni di patrimonio, si era perso tanto. Io ho ricomprato o riscattato quello che ho potuto, fintanto che ho potuto.

E mi mostra una splendida vetrina contenente oggetti di stupefacente fattura…

Quello che è interessante, qui, è questo trittico…vassoio, brocca per il latte e tazza per il caffè… che Maria Carolina, sorella di Maria Teresa e moglie di Ferdinando, usava regalare al Comandante della Guardia imperiale. Si vede che un mio antenato era comandato di servizio a Maria Carolina che, poi, altro non è che la nota Donnafugata.

E guardi, anche questo merletto, fu ricamato dalla stessa Maria Carolina e offerto ad una mia antenata in cambio di un debito di duemila onze. Perchè, come saprà, Maria Carolina aveva tutti i vizi possibili ed immaginabili. Oltre a fumare e a sniffare cocaina, giocava a carte riempiendosi di debiti. Ee è proprio questo il motivo per cui fu “fugata” a quel castello della Veneria, che si trova al centro della Sicilia. Fu reclusa e confinata lì perchè dava fastidio alla corte palermitana e, tra l’altro, cospirava con gli Inglesi.

La regina Maria Carolina
La regina Maria Carolina (Fonte Upload.wikimedia.org)

 

Conte, c’è qualche antenato a cui pensa di assomigliare?

E’ difficile dirlo…non vado troppo lontano. Le risponderò che penso di assomigliare a mio padre per via, quantomeno, della comune passione per le corse automobilistiche. Ha sentito parlare di Targa Florio, è vero?

Guardi, io sono il pilota che ha fatto più targhe Florio di chiunque altro al mondo. Tra quelle di Campionato del mondo e quelle di auto storiche di velocità, intendo…eh? Ne ho fatte circa 30.

Sono stato pilota ufficiale dell’Alfa Romeo, della Lancia, della Raimund…di macchine importanti, insomma. Le Targhe Florio di Campionato del mondo le ho fatte tutte tranne due: una l’anno in cui morì mio padre…l’altra quando ero militare. Anzi, in quell’occasione, ero riuscito ugualmente a trovarmi a Palermo…e a farmi dare la Porsche ufficiale da Von Heinstein. Mio padre, che era direttore di gara, si è accorto che mi trovavo a Palermo e, così, quando mi trovai davanti a lui…pronto, con la bandiera, a darmi il via…mi fece scendere dall’automobile chiedendomi di mostrargli le licenze del Ministero. Saputa la verità, e cioè che mi trovavo in incognito, non mi fece disputare la gara.

Veniamo fuori dalla sequenza dei salotti e ci addentriamo in un’altra ala del palazzo. E’ il luogo in cui fanno bella mostra di sé i tanti antenati Federico.

Il conte, orgoglioso, mi mostra un gruppo marmoreo del Marabitti che ha acquistato all’asta.

Era in casa ai tempi di mio padre, era giusto che ritornasse qui. Per quanto riguarda gli antenati, le presento mio padre, qui raffigurato in un abito del Settecento, probabilmente, in occasione di un ballo a palazzo… mio nonno, il mio bisnonno, quell’Antonino Federico che fu amico di Garibaldi e…questa è mia madre. Era Carlotta Papè di Pratameno, figlia del duca di Pratameno principe di Valdina. Quest’altra è mia nonna, Boscogrande e così via…Questi, poi, sono altri antenati che erano Governatori, nel Seicento e nel Settecento, della “Compagnia della pace” che grande importanza aveva a Palermo.

Mi soffermo ammirata ad osservare il soffitto ligneo di questa parte del palazzo e, prontamente, il conte…mai sazio di dare informazioni, si presta ad alcune puntualizzazioni:

Tutti i soffitti originari del Palazzo sono lignei con tavole dipinte. Poi, nel Settecento…in epoca barocca…furono sostituiti dalle volte con affreschi. Di legno sono rimasti solo due…guardi (e passiamo in un altro salone) questa volta è affrescata dal Vito D’Anna e questo lampadario di Murano del Settecento presenta una particolarità non da poco. E’ in opaline e senza tutti i colori caratteristici di questo tipo di Murano. Pensi, è stato realizzato così proprio per adattarlo al colore perlaceo del soffitto!

Il conte, davanti ad una foto in bianco e nero che lo ritrae insieme al fratello Francesco, alla sorella Giovanna ed all’amata madre, mi racconta di averla persa bambino.

Pensi, questa è l’ultima foto che ho di mia madre. Aveva partorito mio fratello da qualche settimana ed è stata fatta appena 10 giorni prima che morisse sotto un bombardamento americano. Mio padre, ci aveva portato per cautela in campagna ma gli aerei, di ritorno dopo aver bombardato la città, scaricavano bombe dove capitava…era il ‘.43. Purtroppo, devo dire che la morte di mia madre è stata la rovina della mia famiglia…siamo stati cresciuti ognuno per conto nostro, educati da governanti…senza che ci fosse qualcuno a tener unita la famiglia.

Una famiglia sfortunata, da questo punto di vista così come quella di mia madre, quella dei Principi di Valdina, per intenderci. Vittime, tra l’altro, di sequestri da parte del bandito Giuliano. Io stesso, insieme a mio fratello e mia sorella, siamo stati sequestrati dal bandito di Montelepre…uno dei primissimi ricordi della mia vita al Castello di Calatubo, vicino Alcamo.

Ricordo che arrivò, ci chiuse tutti dentro, intimandoci di consegnare tutti i gioielli o oggetti di valore contenuti nel castello oppure uno di noi piccoli sarebbe stato ucciso. Non è un ricordo brutto per me, però. Anzi, tutto il contrario! Quest’episodio fu fonte di grande divertimento… giocammo con Giuliano che ricordo tutto vestito di velluto.

Ma quanto durò questo sequestro, Conte?

Durò tutta una notte. Lui ha messo insieme tutto quello che è riuscito ad arraffare su circa 40 carretti con cui era venuto…e al momento di andar via, a mio nonno disse “E con questo, io non le ho tolto che qualche capello”. E non finì lì…dopo qualche mese sequestrarono mio zio, figlio quindi di mio nonno, 43 giorni sotto un vigneto…in una proprietà vicino a Monreale. Ogni giorno andavano a portargli da mangiare però erano, anche, molto educati “Eccellenza, buongiorno…avi bisogno di cosa?”

Sorride il conte quando racconta, che i sequestratori…a quello stesso zio…un giorno dissero “Se voli, ci putemu calare anche qualche fimmina!

Il bandito Salvatore Giuliano (Fonte www.igiornielenotti.it)
Il bandito Salvatore Giuliano (Fonte www.igiornielenotti.it)

 

Ma mi dica…anche lei pensa che Salvatore Giuliano fu il Robin Hood che qualcuno descrive…che rubava ai ricchi per dare ai poveri?

Secondo me, era un povero illuso che fu preso in giro dalla politica di quei tempi…lui ha dovuto fare quello che ha fatto anche per mantenere la nomea di bandito buono…di quello che, appunto, rubava ai ricchi per dare ai poveri, come diceva lei. Ma tutto, secondo me, era fatto per altri scopi…lui fu una pedina nelle mani della politica.

Conte, Lei che ha vissuto quell’epoca, anche se piccolo…cosa ha sentito dire di Portella delle Ginestre ad esempio?

A questo punto, il Conte simpaticamente reticente mi dice di andare a leggere i libri di storia…quelli lo dicono chi ci stava dietro a quel terribile eccidio…

…non devo essere io a dirlo. Almeno ora. Poi, dopo che avrà pubblicato questa intervista…glielo dico!

Continuiamo il nostro “viaggio”. Mi arresto davanti all’immagine di una donna bellissima ritratta insieme a Emanuele Filiberto di Savoia…

E’ mia moglie, Alwine!…sottolinea orgoglioso il conte!

Grandissima sportiva austriaca, la signora Maria Alwine Eder, diventata Contessa Federico.

Guardi, viene spesso definita “regina della velocità” e, in passato, ha partecipato persino alle Olimpiadi di nuoto. Oggi gareggia nei Campionati del mondo master, eh? Si figuri che detiene, in staffetta, anche un record del mondo. E’ anche una grande ciclista che si sposta solo in bici, qualsiasi tempo faccia. Pensi, pur avendo la patente, non guida la macchina ed ha convertito anche me all’uso delle due ruote.

Il Conte continuerebbe a parlare all’infinito di questa bellissima moglie, dai lunghi capelli biondi e dagli occhi color cielo, incontrata in Italia e poi rincorsa fino in Cina dove era andata a studiare filologia e mai più lasciata, da allora!

Tra le sue doti, elenca una bellissima voce lirica, la capacità di suonare il pianoforte come poche e l’essere stata un’ ottima “spalla” nelle gare di velocità della targa Florio.

A seguire, il Conte mi mostra le foto dei due figli, Niccolò ed Andrea…28 e 25 anni decantandomi le grandi doti dei due che, oltre ad essere oggettivamente belli, sono “bravi”…per dirla come fa lui, il conte!

Cosa significa per lei che siano “bravi”?

Guardi, per quello che si sente dire in giro…sono educati, rispettosi con i genitori…in ogni manifestazione sono “normali” ed in un mondo di “anormali” mi pare sia un ottimo risultato, no?

Eh già! Lungo il percorso, da un salone all’altro, da una stanza all’altra, a riprova che quello sia un palazzo vissuto, ecco che il Conte mi presenta i suoi due magnifici gatti…Maya e Paloma ricordandomi anche che, un tempo, il palazzo era “casa” di ben 22 mastini napoletani in casa, che facevano incetta di premi alle gare e mostre cinofile.

E’, poi, dalla camera da letto, in stile medievale, che il Conte mi fa notare la magnificenza della facciata del cortile interno dove, tra l’altro, è parcheggiata una Balilla Coppa d’Oro da competizione con cui gareggia ultimamente.

Era di Giuseppe Gilera ed ha corso le Millemiglia del ’35 e del ’36. Poi, con me, è stata a gareggiare in tutta Europa ma le dirò più tardi…nella stanza dedicata all’esposizione di coppe e premi vinti.

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La visita continua e continuerà fintanto che non verrà a visitare il palazzo un gruppo di turisti appena sceso da una nave da crociera giunta al porto di Palermo ed avida di vedere quanto di meglio possa offrire la città.

Noi facciamo queste visite guidate, spesso con americani. Altrimenti come faremmo a mantenere un palazzo del genere? Prima, con il governo Berlusconi, pagavamo con il reddito catastale…oggi bisogna dichiarare tutto…il 50/60/70%. E dichiarando tutto…è la fine! Non si può mettere niente in detrazione. Quindi, da quest’anno abbiamo istituito l’”Associazione culturale Palazzo Conte Federico onlus”…e, così quantomeno, ci scarichiamo le spese.

Ed il rapporto con la Soprintendenza com’è?

Non esiste. Guardi, io ho rifatto tutti i tetti di casa a spese mie. Bene, per l’ultimo tetto mi denunciarono…alla fine fui assolto perchè il giudice sentenziò fosse stato legale l’intervento anche per causa di forza maggiore, in quanto mi pioveva in casa.

La stanza della casa di cui va più orgoglioso il conte è la sua “tana”, il piccolo studio dove lavora e tiene rapporti, tramite, internet con il mondo e dove, ogni angolo delle pareti, è pieno di fotografie che rimandano l’immagine che più ama dare di sé, quella del corridore di automobili. Di successo, tra l’altro. Tante, tantissime le coppe esposte e tanti gli attestati di premi ricevuti. Successi tutti di primissimo piano.

Dopo avermi mostrato ogni magnificenza possibile, il Conte mi precede lungo le tre rampe di scale che portano su…

Adesso le faccio vedere la parte bella del palazzo! come se ciò che mi ha mostrato fino a quel momento fosse la parte per così dire “brutta” e…dopo qualche secondo, devo ammettere che ha avuto ragione a dire quello che ha detto.

Le scale ci hanno condotto direttamente alla torre arabo normanna del XII secolo, la parte più antica del palazzo, denominata “Torre di Scrigno”. La storia ci racconta fosse posta sopra le mura a difesa della città e ne costituiva anche l’accesso, con la porta di Busuemi che lambiva uno dei bracci di mare che allora si insinuavano nella città. La sua origine araba è denunciata, anche, dall’utilizzo di assi di legno incastonate tra la pietra così da renderla elastica in caso di terremoti e da un sistema di condizionamento con camini di ricircolo d’aria di grande ingegno, così come ancora visibili alla Zisa.

Il conte mi invita ad ammirare due bellissime bifore, una normanna ed una araba che riportano gli stemmi autentici della Città, degli Svevi e degli Aragonesi che la governarono.

Il soffitto è impreziosito da magnifici affreschi tra i quali, va menzionato quello raffigurante il taglio della testa di Giuditta di Artemisia Gentileschi, unica donna pittrice del ‘600, amica del Caravaggio. Opera che lascia senza fiato.

La vista da queste finestre, riaperte dal conte dopo che gli antenati le avevano murate, lascia intravedere, purtroppo, un panorama non all’altezza del palazzo né di una città civile…un groviglio di abitazioni nate dopo i bombardamenti aerei del Secondo conflitto mondiale e per nulla rispettose di un benchè minimo decoro né di rispetto per la storia che questo palazzo racconta. Il conte, indicandomi la chiesa dirimpetto, distrutta da un bombardamento e poi ricostruita, mi racconta che sotto di essa c’erano le cripte con le mummie sedute, su sedili di pietra, dei suoi antenati e che, durante la ricostruzione, furono certamente ricoperte di cemento nella ignoranza della loro esistenza. Ma così è…

Mi soffermo a pensare che, in questa torre… in definitiva… c’è tutta la storia di Palermo: cuori e foglie di pietra giudaiche…foglie d’acanto arabo normanne… stemma degli aragonesi di Sicilia, arrivati alla fine del 200… finestra trecentesca… muratura arabo normanna…le fondamenta punico normanne…stemma federiciano…non manca proprio nulla. L’impressione è di trovarmi davanti a qualcosa di davvero unico e di incommensurabile valore storico. Un patrimonio, denuncia con rammarico il conte, di cui gli studiosi, ed in primis la Soprintendenza, non crede si rendano conto.

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Il giro della torre viene completato con la visita ad una cucina antichissima con un corredo completo di ogni genere di pentola in rame che sia possibile immaginare e di un forno in cui, ancora oggi, viene cucinata un’ottima pizza per gli amici che, numerosi, vengono a trovare questa famiglia davvero sui generis. Accanto ad essa, un laboratorio da “chimico” che fu del nonno dell’attuale proprietario, con tanto di forgia…provette ed ampolle antichissime e che l’attuale conte utilizza per piccole riparazioni che fa da sé…una tra tutte un vecchio orologio, dono dei garibaldini al suo antenato Antonino: un locale, questo, di grande suggestione.

La visita del palazzo si conclude con le ultime stanze di questo palazzo che vive di passato ma anche di tanto presente.

Passiamo alla sala da pranzo dedicata a Garibaldi, pieno di quadri e busti raffigurante l’eroe dei due mondi oltre a documenti autografi e, come si diceva prima, segno della contiguità massonica della famiglia Federico.

Conte, ma lei cosa ne pensa di questo revisionismo storico che pone Garibaldi sotto una nuova luce?

Il conte Alessandro…in controtendenza con il passato della sua famiglia… dedica una filippica a difesa del Regno dei Borboni che non ritiene essere stati regnanti arretrati, come certa storia li dipinge, anzi… ad essi va il merito – secondo lui – di aver creato le reti di ferrovie… gas.. energia elettrica ed una legislazione sociale che era cifra da governanti illuminati, altrochè!

Guardi, era meglio restare fedeli ai Borboni, mi creda! Garibaldi, secondo me, fu usato esattamente come Salvatore Giuliano. Strumentalizzato, in definitiva e per ragioni economiche. Il Regno dei Borboni era il regno più ricco d’Europa ed i Piemontesi, non avendo più soldi… spesi tutti nelle guerre d’Indipendenza… mandarono Garibaldi. Ci pensi. Appena arrivato in Sicilia…cosa fece? Andò alla Zecca e la ripulì completamente. E lo stesso fece a Napoli. Fu, quella, proprio una spedizione organizzata per rimpinguare le casse dei piemontesi tanto è vero che, subito, dopo abbandonarono la Sicilia. E da quell’abbandono nacque il brigantaggio in conseguenza del fatto che il popolo fu lasciato in balia di stesso ed affamato. A quel punto, i Piemontesi ritornarono e fu all’unico scopo solo di sedare gli animi attraverso massacri di ogni tipo.

Da lì nacque poi la mafia…insomma, i Piemontesi hanno fatto grandi danni qui da noi, è questa la verità storica.

Noto un quadro raffigurante un personaggio che non sembra essere Garibaldi e lo faccio notare al conte…

No, infatti. Non è Garibaldi. Sa chi è? Le dice niente il nome Ruggero Mastrangelo?

No, onestamente no.

E’ colui al quale fecero un oltraggio inammissibile…perquisirono la moglie in maniera un po’ pesante, con la scusa che potesse nascondere delle armi. Autore ne fu un soldato francese ed allora, lui lo uccise. Da qui la rivolta contro gli Angioini.

Ci spostiamo a quella che presumo, dall’entusiasmo fanciullesco ostentato, essere la “tana” del conte laddove le pareti appaiono cariche di fotografie che ne veicolano l’immagine che più ama dare di se stesso, quella di sportivo…corridore, dal lontano 1957, di automobili storiche. Tante, poi…tantissime le coppe esposte e numerosi gli attestati che parlano di un uomo che ha vinto e continua a vincere di tutto.

La vittoria a cui tengo di più è quella del sedicesimo gran premio del Mugello, campionato europeo. Il Mugello era un circuito tipo Targa Florio, per intenderci…io avevo una macchina che era 1000 di cilindrata ed ho fatto 109 di media….impensabile per quei tempi. Un circuito bellissimo, quello, tra salite e discese di un paesaggio mozzafiato.

In questo angolo di casa, è tutto un trionfo di documenti che parlano di amicizie in Ferrari ed in particolare con Michael Schumacher di cui conserva cappellini autografati e la parrucca utilizzata in un’occasione festosa…quella dei festeggiamenti per la vittoria del Campionato del mondo in Malesia che, tra l’altro, fa bella mostra in fotografia.

Poi è tutto un citare modelli di auto da sogno e raccontare il fascino delle Targhe Florio.

Laddove c’è spazio, esso è occupato dalle foto dei suoi amati mastini napoletani e da cani di ogni razza che si sono susseguiti in quegli ambienti.

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A seguire l’immancabile “Sala delle armi” dove, essendo un palazzo vissuto, i figli del conte – da bambini – hanno imparato a tirar di scherma, così come i propri antenati, in una trasmissione di tradizioni che non ha avuto mai soluzione di continuità.Va da sé che la sala è un colpo d’occhio ricca com’è di preziose collezioni d’armi dove spade…fucili…alabarde narrano delle tante guerre che hanno insanguinato la città.

Dopo un’ora e mezza abbondante, in cui ho goduto dell’estrema gentilezza del padrone di casa, il suono del campanello ci dice che il gruppo di visitatori atteso dal conte è arrivato. Appena in tempo. Saluto grata e rifaccio a ritroso il cammino verso il portone.

Guadagno l’uscita e riaccendo il telefonino. Un bip mi avvisa che è arrivato un sms. Leggo “Forse ho perso gli occhiali nel vicolo, puoi dare un’occhiata?”. E’ un messaggio di Salvo Zappalà che ritiene sia possibile aver perso gli occhiali scendendo a discutere con gli abitanti del vicolo di cui si diceva prima. Rifaccio la strada a ritroso e mi ritrovo davanti ad una delle signore in cui ci eravamo imbattuti poco tempo prima…”Ancora? Cchi fu, stavota?”…Niente, quel signore che era con me ha perso gli occhiali…non è che li avete trovati? “No, bedda e comunque…so marito (?)…o con l’occhiali o senza, sempre orbo è! Non visti che in ‘sta strata non si puteva trasiri…che c’erano i robi stinnuti? Lassassi peddere,va…” Divertita dall’equivoco e sempre più complice della signora, rifiuto garbatamente l’invito ad entrare in casa sua a prendere un caffè e con la promessa di tornare a trovarla…esco dal vicolo e mi incammino lungo la strada che mi porterà in albergo.

Ed anche stavolta mi sento felice e soddisfatta… ho gli occhi ed il cuore delle belle cose viste, delle belle storie ascoltate per bocca del conte ma anche della colorita umanità che ho conosciuto in quel vicolo. Facce entrambe della stessa medaglia…la nostra bella Sicilia!

Silvia Ventimiglia – 8 aprile 2015

Info: www.contefederico.com      contefederico@contefederico.com

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