Pino Valenti, l’arte di narrare con il legno
Esperto d’intarsi, arguto e a tratti malinconico nel raccontare una storia attraverso i suoi dipinti lignei. È questo il profilo di Pino Valenti, artista siciliano capace di trasformare il legno in un’opera d’arte. Un mestiere, quello del falegname, che si evolve diventando quello di pittore e narratore. Una curiosa passione per Pinocchio, una carriera nata da cinque polverosi anni in bottega. Mettetevi comodi e godetevi la nuova intervista sul blog di Sicilian Secrets.
La fortuna di avere un padre che, non avendo la possibilità di farmi studiare, mi indirizza ad apprendere un mestiere, il falegname. E non sapendo allora quanto imparare tutto ciò mi sarebbe servito, questo lavoro mi fece compagnia per cinque polverosissimi anni, tra scalpelli, piallette, squadre.
D: Pino Valenti, da studente a falegname ad artista. Come si è evoluto il suo mestiere?
R: Terminata la scuola media mio padre non aveva abbastanza soldi per farmi andar via da Collesano (Palermo) e studiare, così mi invitò a imparare un mestiere. Siccome mi piaceva il legno, dai 13 ai 18 anni lavorai da un falegname. In quel periodo ho imparato a fare tutto, poi a 18 anni riuscii a trasferirmi a Cefalù e frequentare l‘Istituto Statale d’Arte. Tra le materie vi era l’antica tarsia in legno, questo materiale non voleva proprio abbandonarmi.

Ho immaginato di fare cose particolarissime, così prima di terminare gli studi, realizzai due quadri, uno lo lasciai lì e uno lo portai via con me. Pensavo che nella mia vita avrei fatto il professore di disegno e storia dell’arte, ma ironia della sorte, feci il concorso e non trovai lavoro. A quel punto presi la decisione forse più giusta, mi aprii una falegnameria dedicandomi alla produzione di mobili e quadri.
D: Come nasce l’ispirazione per realizzare ognuno dei suoi particolarissimi quadri?
R: Idee e schizzi su carta. Ricordo di un lavoro bellissimo nato d’estate. Era pomeriggio e in TV davano uno dei classici film americani un po’ datati, vi erano dei musicisti con i loro strumenti e quest’immagine mi rimase in mente. Spento il televisore, andai al mare e durante il viaggio pensai che ne avrei potuto fare un quadro. E così feci. Ogni tanto adesso, anche internet può diventare fonte di ispirazione fornendomi qualche fotografia ben fatta, ma penna e blocchetto sono gli strumenti con cui disegno e creo.

D: Ha il ricordo di uno specifico momento creativo legato a una delle sue opere?
R: Il quadro con il vaso di Pandora Pandora Dream, è nato in un modo incredibile. Ho disegnato un uomo che sorrideva, giusto qualche lineetta, poi ho aggiunto il cappello. Ho pensato che siccome il mondo è già pieno di negatività, dal suo vaso avrebbe dovuto liberare soltanto cose belle e positive come Bellezza, Meraviglia, Emozioni, Desideri, Pensieri.

D: Un soggetto che guardando la sua collezione ricorre frequentemente è Pinocchio. Qual è il significato di questo personaggio nelle opere di Pino Valenti?
R: Parto sempre dal presupposto che gli unici esseri a non essere bugiardi siano i bambini. Non riesco a separarmi dai quadri con Pinocchio, li tengo per me. Tutto è iniziato negli anni ’90 quando nacque il primo Pinocchio con la firma di Pino Valenti. Era un burattino che reggeva tra le mani i fili tagliati, dietro vi erano un Pulcinella e un’altra marionetta vestita con cappa e spada che invece provavano a divincolarsi.

Pinocchio era libero ma aveva un’espressione preoccupata, perché la libertà significava dover decidere autonomamente del proprio destino. Avevo messo l’opera in vendita con un prezzo talmente alto che pensavo nessuno l’avrebbe mai comprato, e invece una coppia di americani lo prese, mi pagò la cifra dovuta e se lo portò in California. Me ne pentii, da allora i miei Pinocchi non sono in vendita.
D: Per un artista come lei, cosa vuol dire essere siciliano e come si riflette nel suo lavoro?
R: A proposito della Sicilia, racconterò soltanto di una mia opera. La realizzai nel 2001 su commissione del sindaco di Collesano. Mi disse che aveva bisogno di arredare una sala del municipio e mi chiese di pensare a come decorarne il tavolo affinché quello spazio diventasse anche un luogo di lavoro. Gli proposi di creare un disegno che contenesse come tema i personaggi reali uccisi dalla mafia, scegliendone uno per ogni categoria professionale. Falcone e Borsellino, Pio La Torre, Peppino Impastato, Giuseppe Fava, etc. Il mio messaggio era far capire, soprattutto a chi giudica la Sicilia terra di mafia, che anche le vittime erano spesso siciliane.

D: Nella sua carriera, le è capitato che qualche cliente le commissionasse qualcosa di strano?
R: Ogni tanto capita che qualcuno mi porti foto personali o di famiglia. Sinceramente, non mi piace lavorare su commissione, cerco sempre di rifiutare perché voglio essere libero. Le opere, infatti, nascono da sole.

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