A Tu per Tu con S.E. Vincenzo Santoro, Prefetto di Catania

 

Vincenzo Santoro
S.E. Vincenzo Santoro, Prefetto di Catania

“Quando lascerò l’incarico, mi piacerebbe essere ricordato, alla maniera catanese…quello è uno giusto!” 

Nel momento stesso che l’orologio segna le 11.30, orario deputato all’intervista con il Dott.Vincenzo Santoro, Prefetto di Catania, un cortese collaboratore mi annuncia che Sua Eccellenza è pronto a ricevermi. Beh…partirò da lì. Dai miei personali e sentiti complimenti per la puntualità che, saprò da Lui, essere una Sua personale “fissa” e, al riguardo, mi racconta di quando divideva il piacere del rispetto degli orari con il sindaco Illy, quando quest’ultimo era il Sindaco di Trieste e Lui ne era il Questore. Puntuali al lavoro, puntuali alle cerimonie ufficiali. Sempre.

Preso coraggio e superato il primissimo iniziale momento di mio personale disagio, prendiamo posto nell’accogliente salottino della bellissima stanza di Sua Eccellenza e…

 

Eccellenza, poche righe di biografia su Internet e tutte di carattere professionale. Scelta…gelosia della Sua vita privata… caso?

Si…una certa gelosia della mia vita privata unita ad un riserbo caratteriale affermato soprattutto oggi che tutti mettono in piazza i propri affari di carattere religioso, sessuale, familiare. Veda, io parto dall’assunto che ognuno deve difendere la propria sfera di intimità. Il Suo mondo, no? Su Internet sono stato laconico…solo brevi passaggi e solo per identificare il mio profilo professionale. Questo anche perchè penso che sia questo ciò che debba interessare la gente …non il resto. Ciò non significa che io abbia remore a risponderle a domande di carattere personale. Vada tranquilla.

Di Lei si sa che è siciliano di Trapani, classe 1946. Che è sposato e padre di un figlio maschio….

Tengo a precisare… per non offendere nessuno… che io sono nato a Trapani a causa della guerra. Dopo pochi mesi, infatti, sono rientrato a Palermo che è la mia città…

…è per questo che tifa Palermo?

…Si, moltissimo! A Palermo ho vissuto fino a quando, a 18 anni, sono andato a Roma in cerca di fortuna. Mio padre era trapanese e, quando mia madre era in procinto di partorire, Le consigliò di recarsi a Trapani dove avrebbe potuto avere l’assistenza della famiglia. Lì, tra l’altro, c’erano le galline, il pane fresco…

Facendo un passo indietro e ricordando il bambino che era, pensa di aver tradito quel bambino oppure ha realizzato in pieno i Suoi sogni?

Guardi io, come tutti i bambini, mutavo periodicamente le mie aspirazioni. Da autista d’autobus a generale ad astronauta e via discorrendo. L’unica cosa, invece, che ha sempre contraddistinto la mia persona era il non radicamento sul territorio nel senso che, fin da bambino, aspiravo a qualcosa di “superiore”. Nonostante vivessi già in una grande città come Palermo, l’idea di andare in città piu’ grandi mi affascinava. E così a 18 anni sono andato a Roma. Questo non significa, però, che la nostalgia del paese natio non faccia parte di me. Anzi, ricordo con particolare commozione la visione del film “Nuovo Cinema Paradiso” di Giuseppe Tornatore. Proprio in quel periodo stavo a Roma e frequentavo Via del Corso…Piazza Venezia…Altare della Patria… laddove si svolge la scena iniziale del film. Ecco la commozione del protagonista era… la mia stessa commozione.

Da qui Sua Eccellenza comincia a raccontare, da vero cultore, le vicissitudini del film… dal flop iniziale fino alla consacrazione internazionale e la vittoria del Premio Oscar.

Così come dice il coprotagonista Alfredo, interpretato dal grandissimo Philippe Noiret, anche Lei pensa che la Sicilia sia maligna e che, per realizzarsi, bisogna andar fuori?

Si…è maligna! E’ maligna perchè… tuttavia…Ti “prende” e alla fine c’è sempre qualcosa che Ti riporta in Sicilia.

E per Lei cos’è questo “qualcosa?

Non saprei. Evidentemente si tratta di un richiamo forte. Non a caso ho brigato per tornare in Sicilia. Non nascondo che, se fossi stato trasferito a Palermo, avrei fatto salti di gioia ancora più convinti, ma solo perchè è la città che mi ha visto bambino. Ma sono felice di essere a Catania dove, tra l’altro, già sono stato in qualità di Questore. L’ho fortemente voluto nonostante le difficoltà, enormi, del momento…un motivo ci sarà pure, no?

Eccellenza, per chiudere la pagina più privata della Sua vita… In che famiglia è nato? Ha fratelli…sorelle? Chi è stato il Suo modello?

Guardi, io ho avuto un padre che era poliziotto a Palermo. Un padre che ha sempre sofferto molto sia per il fatto di non essere riuscito a realizzarsi professionalmente sia per aspetti caratteriali molto duri. Era estremamente severo con se stesso ed anche con noi figli…a me e mia sorella, che è rimasta a vivere a Palermo, ci ha impartito un’educazione rigida, molto severa. Lì per lì ho sofferto ma, nei tempi lunghi, questa educazione rigida è stata per me una sorta di “salvacondotto” per poter andare avanti nella vita. Io sono stato molto più fortunato di mio padre, ho potuto studiare, ho potuto realizzarmi, ho potuto fare esperienze eterogenee e molto varie. Quell’educazione l’ho messa a profitto per vivere il quotidiano. Mia mamma, invece, era una donna di grande sensibilità, di grande umanità e bellezza morale. Ero molto legato a mia madre… anche Lei, come mio padre, scomparsa relativamente presto… e ricordo il Suo grande aiuto nei momenti di difficoltà.

Vincenzo Santoro
Il Prefetto di Catania, Vincenzo Santoro, durante un tavolo di lavoro

Eccellenza, scorrendo le Sue note professionali, leggo che negli anni 64/68 Lei frequenta il Primo Corso dell’Accademia del Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza. Dopo il primo impatto con la disciplina paterna, un’ulteriore prova…

La disciplina ricevuta da mio padre mi ha aiutato a superare brillantemente i 4 anni in Accademia. Ero diciottenne, ero sempre vissuto in famiglia, ero il più piccolo del corso…Tra l’altro, consideri che l’Accademia militare di fatto risentiva ancora di un’impronta fascista, la disciplina era molto rigida e pertanto…

Dottore Santoro, poi, con la qualifica di ufficiale Lei prestato servizio in vari reparti e questure fino al grado di Tenente colonnello. Un forte attaccamento allo Stato il Suo…

Guardi, io debbo dire che l’attaccamento allo Stato non lo considero una sorta di frase fatta. Per me è onorare il servizio che faccio, onorare il Paese che mi paga perchè facendo l’Ufficiale prima, il Funzionario dopo e poi il Prefetto sono pagato dalla società, dalla collettività. Ho sempre pensato di spendere il mio servizio proprio per il bene comune pur non tralasciando il benessere del mio nucleo familiare.

Eccellenza, dal 68 al 70, La ritroviamo in Sardegna in prima linea nella lotta al banditismo sardo, piaga di quel periodo storico e di quel contesto territoriale. Ci vuol far partecipi di quale tipo di rapporto si creava tra Forze dell’Ordine e i familiari dei sequestrati soprattutto all’entrata in vigore della legge sul blocco dei beni? Lei, ad esempio, ha memoria di qualche episodio in cui si è trovato dilaniato tra queste diverse esigenze?

Ho il dovere di dire che la nostra attività era di ausilio…non eravamo né Questura né Prefettura né Magistratura…non curavamo le indagini. Noi eravamo le cosiddette squadriglie, eravamo quelli che camminavano a piedi sul territorio. Dovevamo perlustrare gli ovili e scovare i luoghi dove, presumibilmente, si trovavano i sequestrati. Avevamo pochi rapporti con i familiari, molti con la popolazione sarda che non ci vedeva di buon occhio perchè, soprattutto i ceti meno abbienti, ci guardavano come “occupatori” perchè, di fatto, la nostra attività dava fastidio ai loro traffici poco chiari. E poi non dimentichiamo che, parte della popolazione, copriva il banditismo perchè il sequestro di persona di allora, fatto per cifre irrisorie, era più una rivalsa verso il ricco che non una fonte di sostentamento. Ancora un mistero il sequestro avvenuto, una decina d’anni dopo, di De Andrè e della moglie…

Lei, facendo parte di queste pattuglie, si è trovato mai a liberare un ostaggio?

Si, un ingegnere padovano. Boschetto o Boschetti, non ricordo. Nel 70

Che emozione è stata, dottore?

Una forte emozione. Mi ricordo che noi facemmo un’azione “a cerchio”. Abbiamo accerchiato tutta una collina e abbiamo liberato l’ostaggio. Mi ricordo il tam tam delle radio della Polizia quando la prima pattuglia liberò l’Ingegnere padovano e catturò i latitanti. Ricordo proprio quel tam tam … “Liberato….Libero…Libero…. Liberato”.

Con la legge di riforma, la 121 del 1981, e la conseguente unificazione dei titoli Lei ha assolto diversi incarichi presso la Questura di Roma. Mi corregga se sbaglio…è il periodo del terrorismo politico e delle stragi. Rispetto al banditismo sardo lo Stato è riuscito a vincere. Lo stesso è avvenuto con il terrorismo. Com’è che ciò non avviene con un’altra grande piaga della nostra società… la mafia?

Hanno delle caratteristiche diverse. La mafia si nutre del tessuto sociale della Sicilia. Nasce con la Sicilia. Prospera in Sicilia. Il terrorismo fu una reazione ad un periodo barbaro dello Stato alimentato da gruppi estremistici dei partiti. C’era una regia, una logica partitica deviata agevolata dall’insofferenza di una certa fascia giovanile. In un certo senso, il terrorismo è stato la prosecuzione del ’68 perchè indubbiamente i giovani, nel recuperare questa libertà, hanno inteso recuperare una libertà politica e sono stati facilmente aggrediti da chi li manipolava. E’ stata la reazione verso uno Stato fermo, immobile. In quel momento,poi, le Forze di Polizia… anche quelle di intelligence… non erano preparate. Quando lo Stato capì che poteva soccombere, un episodio per tutti l’uccisione dell’Onorevole Moro, ha dovuto usare metodi anche poco ortodossi, rivedere le proprie posizioni e stroncare il fenomeno. Comunque ritengo che fosse un fenomeno che stava andando a scemare da solo…

Vincenzo Santoro
Il prefetto di Catania, Vincenzo Santoro, durante una Conferenza stampa

Lei ritiene che oggi ci siano le condizioni perchè si ritorni agli Anni di piombo?

Io credo di no. Oggi il mondo è retto solo da leggi economiche. Quello che regola il mondo è il business. E’ l’economia che fa salire e scendere una classe politica rispetto ad un’altra. Un dato significativo è rappresentato dal fatto che tutte le vicende cui assistiamo non riguardano la sopravvivenza ma un arricchimento fine a se stesso. Tutto ciò che succede non fa altro che aumentare il gap tra i ricchi ricchi ed i poveri poveri. Questo certamente può portare a problemi di carattere sociale ma, secondo me, non comporterà movimenti politici sussidiari.

Nel 94 viene nominato Dirigente superiore e svolge il proprio incarico presso il Viminale. A seguire diventa Questore prima a Pistoia, poi a Trieste e poi ancora, dal 98 al 2000, La troviamo a Catania. Quali differenze, secondo Lei, tra le due realtà? Quella del Nord e quella del Sud? Solo socio-economiche o riguardano proprio la percezione che il cittadino ha dello Stato?

Al Nord la polizia è vista come soggetto terzo perchè quelle che sono le regole elementari del vivere sociale sono rispettate indipendentemente dalla presenza di Polizia e Carabinieri. Il cittadino del Nord si autoregolamenta. E’ una differenza sostanziale. Al Sud la Polizia , poi,è fortemente inserita in un contesto sociale per cui il poliziotto vive, anche da un punto di vista emozionale, le problematiche della città perchè è Lui stesso cittadino del Sud.

Dopo la nomina a Dirigente generale nel 2000, nel 2003 viene nominato Prefetto e svolge l’incarico prima a Caltanissetta fino al marzo del 2006 e poi a La Spezia.

Questore o Prefetto? Qual’è il ruolo che Le viene più congeniale, quello più consono alle Sue caratteristiche di uomo?

Io penso che, arrivato a certi livelli e con un grande bagaglio di conoscenze, si dev’essere in grado di svolgere qualunque funzione. Al Questore, al Prefetto, al Dirigente superiore di un Ente statale non si richiede un lavoro d’ufficio bensì un lavoro di organizzazione, di intelligence. Ogni passaggio, per chi fa questo lavoro, deve essere un arricchimento costante nel tempo e migliorare, in tal modo, sempre più la propria condizione di capo di un’organizzazione. Forse fare il Questore era più affascinante perchè c’era più movimento, più occasioni di mettersi in discussione…ma la Prefettura, d’altra parte, ha questo grande compito di armonizzare politicamente le Forze di polizia….Insomma non si può essere sempre dei passionali. Si sente la necessità di crescere. Essere Questore mi è servito e metto a frutto quell’esperienza nella mia attività di Prefetto… quella finale prima di andare in pensione.

Eccellenza Lei ritiene di avere quelle doti diplomatiche che vengono richieste ad un Prefetto? Persino nello statuto albertino, anche se non richieste esplicitamente, tra le doti di un Prefetto si contemplava la capacità di saper intrattenere rapporti con i poteri forti della città, no?

Io mi trovo bene a Catania. Non Le dirò se mi trovo bene convinto, per convenienza o perchè lo debba fare. E lo dico perchè ,se realmente ho queste caratteristiche, non devo essere io a dirlo ma gli altri, quelli che si rapportano quotidianamente con me. Mai dire “io, io….”

A questo punto ricordiamo insieme la festa che ogni anno si svolge in casa del Barone Mario Ursino, il giorno di Sant’Agata. Sua Eccellenza ha memoria di una serata particolarmente stancante, da un punto di vista fisico, e che lo ha visto presente su più fronti, prima in Prefettura, poi a Palazzo del Toscano, alla festa organizzata dal Presidente della Regione e poi, proprio in casa Ursino. Lamenta, al riguardo, una sorta di scollamento ed auspica, per il futuro, una maggiore coesione anche se sottolinea “Cara Signora, Lei mi insegna, che i politici non sono facili da addomesticare…perchè, a volte, a fronte di questo trincerarsi dietro un vessillo perdono di vista il bene comune. Lo dico con amarezza. Se la finalità ultima è il bene dei cittadini, io mi devo adoperare anche per venire incontro alle esigenze comuni e dare una parvenza di unicità. Le spaccature, invece, non ci aiutano e non aiutano il territorio”.

Vincenzo Santoro
S.E. Vincenzo Santoro, Prefetto di Catania

Siamo quasi in conclusione, Eccellenza. Dall’agosto del 2009, dopo ben sette mesi di “vacanza” in uno dei posti più strategici della città, viene nominato Prefetto di Catania. La Sua designazione viene salutata con un respiro di sollievo sia per il Suo alto profilo professionale sia per la conoscenza della realtà catanese essendo stato, appunto, già Questore della città.

Che idea si è fatto di Catania? Presenta segni di risveglio oppure è una città che soccombe e non sa reagire ai tanti problemi che l’attanagliano, primo tra tutti quello della mancanza di lavoro? Tantissime le vertenze lavoro…Elmec, Sat…che scenario si prospetta? Cosa possiamo dire a tutti i lavoratori alle prese con problemi di sopravvivenza?

Per quanto riguarda il consenso di cui parla, Le rispondo che nella mia lunga carriera io non ho mai avuto tessere. Mi piace dire che non ho avuto neppure quella di Topolino… quand’ero bambino. Questo significa che mi sono sempre posto come soggetto terzo alla politica però… con il massimo rispetto per tutti gli schieramenti politici che, debbo dire, in questi oltre 40 anni, hanno cambiato veste…pelle. Forse, il fatto che io sia stato equidistante, ma vicino a tutti, probabilmente è stato apprezzato. Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, sono tantissime le istanze che pervengono in Prefettura per quanto riguarda il problema lavoro…. Il compito del Prefetto è quello di far sedere attorno ad un tavolo forze lavoro, imprenditori, politici per cercare di risolvere le varie situazioni. Ultimo problema in ordine temporale la questione Ikea. Noi siamo riusciti a ricucirla insieme al Sindaco. L’Ikea aveva manifestato più volte l’idea di abbandonare il territorio perchè, per una propria filosofia d’azienda, non accetta né limiti, né ricatti e né quant’altro. Dice “Io assicuro 350 posti di lavoro e tutto ciò che ne consegue ma non voglio essere condizionato” Questo aveva fatto sì che l’Ikea assumesse un atteggiamento alquanto rigido. Noi abbiamo ricucito la situazione ma si tratta di un equilibrio da tenere sotto controllo, precario. Se l’Ikea capisce che non ci sono le condizioni per continuare, anche a costo di rimetterci tantissimi soldi, va via. La filosofia è quella.

Tra i Suoi compiti, Eccellenza, c’è quello di Coordinatore di Protezione civile. Noi viviamo in una città costruita su un vulcano. Mi chiedevo…qual’è la cosa che teme di più?

L’Uomo. Io penso che la natura è qualcosa di intangibile, imponderabile…Temo l’Uomo nella fase preventiva, nell’accadimento dei fatti e nella fase successiva. Ad esempio quello che sta succedendo a L’Aquila. Perchè non dovrei temere l’Uomo se è vero, ammesso che sia vero, che c’è stato “uno” che ha brindato ai morti del terremoto pensando ai soldi che avrebbe potuto fare con la ricostruzione? Detto questo… perchè non dovrei temere l’Uomo? Il fenomeno dell’Etna, ad esempio…non si può far altro che assistere alle eruzioni e controllare, quello sì, l’operato dell’Uomo in relazione ad esse.

Ultimissima domanda. Sua Eccellenza il Prefetto di Catania segue i Mondiali di calcio? E se sì, che tipo di tifoso è? Guarda le partite in compagnia o è un tifoso solitario?

Come no! Ho sempre seguito il calcio e…anche il tennis che, tra l’altro gioco. Conosco personalmente Francesca Schiavone che, di recente, ha vinto il Roland Garros…sono molto amico di Nicola Pietrangeli e Lea Pericoli che, qualche mese fa, ho incontrato ad una presentazione di un libro qui a Catania. Per me, c’è differenza tra la partita di calcio e il tifo per la squadra. Quando vedo la partita attenziono lo spettacolo in sé e tra le squadre tifo Brasile perchè è la squadra, secondo me, che meglio interpreta il gioco del calcio. Come tifo…certo c’è il Palermo e, con meno convinzione, anche l’Italia anche se non condivido certe scelte tecniche. La partita è come una religione. La vedo in solitaria anche agevolato dal fatto che vivo da solo. Vedo la partita senza distrazione alcuna.

Come la maggior parte degli italiani anche Lei si trasforma in allenatore ed ama dire la Sua?

Assolutamente no! Ognuno fa il Suo mestiere e poi non c’è la controprova che quello che uno farebbe è la cosa giusta. Ciò vale anche per la politica. Se ad esempio la città ha eletto Stancanelli perchè sparare subito a zero? Che lo si lasci lavorare e, se poi sbaglia…alla città il potere di non rieleggerLo.

Eccellenza, a fine della Sua carriera come vorrebbe essere ricordato? Quale azione vorrebbe ascriversi?

Solo una cosa. Quello che dicono a Catania “Quello è uno… giusto!” nell’accezione che ne danno i catanesi, naturalmente …Non chiedo altro.

I saluti sono contraddistinti da una calorosa stretta di mano e… farà piacere a Sua Eccellenza sapere che, congedandomi… anch’io ho pensato “Però…’sto Prefetto è uno giusto!”

Silvia Ventimiglia – Luglio 2010

 

 

 

 

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