La vita è qualcosa di diverso che fare il top manager, parola di Peppino Perrotta

Profondissimamente e stranissimamente…siculo!

E’ il 2009 e casualmente incontro Peppino Perrotta. Ha appena scritto un libro dai toni catastrofici e trovo che sia uno di quei personaggi che vale la pena di incontrare per conoscere i rivoli di una vita, la Sua, che L’ha portato ad una visione così pessimistica del futuro dell’Italia. Lo contatto per farne uno dei protagonisti dei miei ritratti. Felice accetta. Felice Lo raggiungo in albergo munita del mio inseparabile registratore.

Premo rec…

  • Ed allora, dottore Perrotta, come spero sappia, è mia abitudine farmi gli affari di coloro che mi appresto ad intervistare…Non me ne vorrà ma ho indagato.Lei nasce a Catania, classe ’35 da un’antica famiglia siciliana. Il Suo bisnonno omonimo, cui è dedicata una via del centro storico di Catania, è stato un grande musicista d’avanguardia protagonista, tra l’altro, del rinnovamento artistico siciliano nella seconda metà dell’800…la domanda, diciamo, che è d’obbligo. Anche se da lontano, perchè Lei non abita più a Catania…in Sicilia, qual è secondo Lei lo scenario in cui si muove oggi l’arte siciliana?

R. E’ difficile dirlo. L’arte siciliana…da Roma la seguo male. Seguo di più quello che il mio bisnonno ha cercato di fare all’epoca perchè ho studiato a lungo la Sua vita, le Sue traversie e, quindi, Le posso meglio parlare dell’arte siciliana all’epoca di mio nonno.

  • Lei ritiene che oggi come oggi, ad esempio, ci sia qualcuno che possa paragonarsi nella letteratura a personaggi del calibro di Verga e Capuana che, tra le altre cose, erano fraterni amici del Suo bisnonno?

R. Beh! C’è Sciascia che, insomma, non è…C’è Camilleri..no? La Sicilia continua a dare spunti diciamo culturali nella letteratura. Che ha sempre dato tra l’altro.

  • Quindi, Lei ritiene che goda, comunque, di buona salute quest’arte siciliana! Dicevo, bisnonno musicista ma padre, anche, scultore. Ricordo a chi ci legge che sono opera di Suo padre, ad esempio, le statue che rappresentano le stagioni che abbelliscono la rotonda della Villa Bellini tanto amata dai Catanesi. Quindi, una famiglia che ha sempre vissuto d’arte, no? Ma com’è che da questa famiglia così…artistica è venuto fuori Lei che, invece, da sempre fa il manager?

R. Facevo il manager. Ho fatto il manager. Il fatto è che gli artisti della mia famiglia delle ultime generazioni, diciamo, si sono mangiati tutti i soldi che hanno fatto quelli delle generazioni prima. Fine ‘700, primi dell’800…i miei antenati erano notai, avvocati ed hanno fatto quattrini. Erano anche nobili…c’avevano una nobiltà di quelle che i Borboni davano un po’…regalavano un po’ a tutti. Nobiltà più o meno mezzo…finte. Erano baroni di “mezza cisterna” il che, la diceva lunga, perchè “mezza cisterna” vuol dire che non c’avevano nemmeno l’acqua tutta Loro per il Loro terreno…perchè dovevano spartirla con il vicino. Però si chiamavano baroni. Poi, da un certo punto in poi, proprio a partire dal mio bisnonno, hanno scoperto di essere degli artisti e si sono “mangiati” tutti i soldi. Quando sono arrivato io…soldi non ce n’erano più. Noi avevamo una casa magnifica a Piazza Stesicoro, proprio la casa che “chiudeva” Corso Sicilia e che ora non esiste più. Casa che mio padre ha venduto nel ’39 perchè aveva finito i soldi e doveva, in qualche modo, campare…però Gliela hanno pagata poco.perchè, in quegli anni, la lira si era svalutata cento volte. Gli hanno dato i soldi giusto per campare 6 mesi. E, quindi, io ho dovuto mettermi a lavorare ed ho scelto una carriera di tipo manageriale.

  • Si, leggo infatti che Lei è stato un importante Dirigente industriale nel settore informatico e delle telecomunicazioni con incarichi di alto management in strutture sia nazionali che internazionali. Quindi, tornando alla Sua famiglia…una famiglia di impronta assolutamente artistica…Lei ha dovuto recuperare i soldi che l’arte, insomma, come ha detto, aveva fatto “mangiare” alla Sua famiglia…giusto?

R. Certo! Si, certo! Comunque al vena artistica della mia famiglia sopravvive in mio fratello, ottimo musicista che ha insegnato per tanti anni al Conservatorio di Milano…vive ancora a Milano e, quindi, diciamo che questo filone artistico, in qualche modo, attraverso Lui è rimasto. Io…sono stonato per cui mio padre che era…pazzo per l’arte, ha fatto studiare a mio fratello la musica. Ha provato anche con me ma avendo sentito quanto fossi stonato…ha desistito ed è stata la mia fortuna.

  • Dottore Perrotta, dicevamo che Lei ha vissuto e lavorato anche all’estero. Ecco, dell’essere catanese, siciliano cosa si è portato dietro e che cosa, invece, ha lasciato qui?

R. Dunque, io sono venuto via dalla Sicilia che avevo un anno e, quindi, quello che mi sono portato via ad un anno…non lo so. Però mi sento, stranissimamente…profondissimamente, siciliano.

Catanese, proprio. E credo che questo me l’ha trasmesso mio padre. Io non parlo siciliano perchè non sono abituato a parlarlo ma lo capisco…bene! E lo ritrovo nel lessico di mio padre. Io non ho lavorato molto all’estero. Ho lavorato molto in Italia. Ho lavorato in Italia come manager di aziende…di multinazionali americane. Ho gestito i rapporti dell’Olivetti con la Pubblica Amministrazione, ho fatto il Direttore Commerciale di multinazionali americane ed ancora il Direttore commerciale della SIP. Ho fatto tutta una serie di incarichi che mi sembravano prestigiosi nel momento in cui li facevo. Visti adesso…mi sembrano una perdita di tempo perchè tutto quello che c’era prima..l’Olivetti…la SIP…non ci sono più e questo vuol dire che la vita, forse, è qualche altra cosa che non fare il manager.

  • So, sempre per essermi fatti gli affari Suoi, che Lei è padre di numerosi figli ed anche nonno di svariati nipoti. Come si pone rispetto a questa famiglia così numerosa? Come il classico patriarca di stampo siciliano?

R. No, no..questo no perchè io sono padre di 4 figli avuti dal mio primo matrimonio. Attualmente vivo felicissimamente da 15 anni con la mia quarta moglie quindi…questo bisogna dirlo. Insomma non sono stata uno stinco di santo e,purtroppo,con i miei figli non ho rapporti eccellenti. La famiglia come patriarca di famiglia non c’è potuta essere anche se i rapporti con i miei figli li ho mantenuti ed ho cercato sempre di avere dei rapporti con Loro un modo paritetico, cercando di trasmettere Loro come si trasmette ad un amico quello che, via via, ho imparato nella vita. Per quanto riguarda i nipoti…i nipoti normalmente ai nonni…dei nonni non importa niente. Proprio zero. E, quindi, ‘sti nipoti sono lì…sono 5…6…manco mi ricordo più quanti sono. Con uno sono particolarmente legato che è grande, c’ha 25 anni. Sta in America e fa l’attore. Con Lui c’è un rapporto buono. Ci sentiamo molto spesso. Gli altri…sono nipoti…a volte telefonano “Nonno, come stai?” e lì finisce! Quindi, non la classica famiglia…assolutamente no…non sono riuscita a ricrearla, onestamente.

  • Allora, dottore Perrotta. Smessi i panni del top manager, ad un certo punto si dedica alla scrittura e pubblica il giallo “Giubileo 2050. Una storia speriamo inventata”. Prima qualche prova come’ autore di saggi, poesie, racconti. Una Sua raccolta è “Le guerre viste dal Milite Ignoto”… un modo nuovo di vedere le guerre da un’altra ottica, dall’ottica di chi ha assolutamente sacrificato la propria vita?

R. Vede, in questo libro, ho scelto otto epopee…episodi come, ad esempio, la Disfida di Barletta, la Battaglia di Canne ed altre…Giurabub che è una cosa di cui non si ricorda nessuno perchè è avvenuta quando io ero bambino e ormai quelli non se Li ricorda nessuno ma è stata un’epopea pazzesca dell’Italia fascista e le ho raccontate con, innanzitutto, una ricostruzione storica molto rigorosa…viste dall’ottica di chi è stato chiamato a viverle, non volendo viverle. E’ stato chiamato perchè le guerre si fanno anche con quelli che non ci vogliono andare e le ha vissute da vittima. Quindi…non in chiave eroica ma in chiave critica. E’ un libro antimilitarista, diciamo.

Poi una sera a cena tra amici si fantastica circa il futuro della nostra Repubblica e nasce proprio questo libro di cui parlavamo “Giubileo 2050. Una storia speriamo inventata”. Ne viene fuori una visione desolata e desolante di un’Italia divisa in cui lo sforzo unitario fatto 150 anni fa non sarà sufficiente ad evitarne la rottura.

  • So che la prima stesura descriveva un quadro talmente degradato da rendere veramente deprimente la lettura. Da qui l’idea e la necessità di affidare strategicamente il messaggio di pericolo che vuol far passare…ad un giallo, no? Ad un giallo che ruota attorno all’ipotetico rapimento del Papa. Dottore Perrotta qui, insomma, quello che Lei descrive è un futuro non troppo lontano…si parla…fra 40 anni. Ci dobbiamo preoccupare sul serio? E’ questa la strada verso la quale ci stiamo avviando ?

R. Lei ha ragione. Il libro nasce proprio da una cena fra amici che, sapendo del mio amore per la storia, mi hanno sollecitato… “Ma perchè, invece, di parlare di storie del passato non pensi alla storia del futuro che è così problematica per noi?” E, poi, un mio amico..che è il mio amico più caro…quando Gli ho mandato questo saggio che avevo scritto su quello che, secondo me, sarebbe successo da qui a 40 anni e dove saremmo finiti…m’ha detto “Guarda che ‘sto libro non lo legge nessuno perchè io l’ho letto e…io sono ancora legato a Cavour, a Garibaldi…qua, a sentire che va tutto per aria, è veramente troppo triste e questo non Te lo legge nessuno!”. Ed allora m’ha fatto riflettere e, quindi, ho inventato un giallo. Ho coperto questo discorso col giallo in modo che la gente come se fosse fantasia. C’ho messo dentro il rapimento del Papa perchè io non sono proprio quello che si dice un credente e, quindi, quando posso mettere dentro cose un po’ pruriginose che riguarda la Curia…non il Clero e nemmeno la religiosità delle persone ma la Curia…lo faccio perchè un pochino mi diverte e, quindi, ho messo questo e poi ho pensato anche un’altra cosa. Questo l’ho pensato insieme al mio editore. Se c’è una categoria di persone che può, in qualche modo, evitare questa deriva, che non è certa ma nemmeno così improbabile, quella sono i politici. E quindi, il fatto che sia un giallo fa si, spero io, che lo leggano i politici….perchè i politici non hanno tempo per leggere cose troppo concettose…leggono, non dico tutti…in genere, leggono della letteratura d’evasione perchè hanno la giornata piena di cose complicate ed il giallo fa parte della letteratura d’evasione per cui leggendo questo giallo si renderanno conto che hanno un compito enorme e difficilissimo che è quello di evitare che questo scivolo, nel quale ci stiamo infilando, non ci porti dove il libro purtroppo dice.

  • Ecco, quindi, la soluzione del problema Lei l’affida assolutamente ai politici…perchè vorrei ricordare che, in questo libro, le spinte autonomistiche hanno provocato ad un certo punto, stiamo parlando del 2050, la nascita della Repubblica Cisalpina al Nord, di una Configurazione di Stati al Centro ed anche della Repubblica della Trinacria, gestita come un Paese del Sud America, qui da noi! A questo si aggiungono poi le profonde lacerazioni religiose di cui parlava Lei. Ma può essere che per evitare un quadro del genere, il compito sia solo ed esclusivamente dei politici?

R. Si. A parte che Lei s’è dimenticata che esisterà, secondo il libro, anche un Regnum Christi, cioè uno Stato Vaticano…una riedizione di Stato Vaticano che la Chiesa, tutto sommato, non ha mandato mai giù. La chiusura dello Stato Vaticano è stata vista non bene da Pio IX non so se Ve lo ricordaTe ma… Si. Non può essere infatti, che dei politici il compito di ricostruire un sentire comune…nel Nostro Paese. Quindi la possibilità di controllare, come si dice oggi, il territorio cioè…di avere un un rapporto omogeneo con il Nord e con il Sud che sia antitetico al controllo del territorio che oggi certe organizzazioni esercitano al Nord e certe altre al Sud. Quindi, il compito dei politici è evitare che ci sia un Sud contro il Nord perchè se non si evita questo e se non si ricostruisce di nuovo una visione nazionale, omogenea a Sud e a Nord d’Italia, ci si spacca perchè non vedo che altra soluzione ci possa essere.

  • Dottore Perrotta ma questo romanzo “liberamente tratto”…insomma si ravvedono fatti, episodi e personaggi…insomma riconoscibili…è effettivamente “liberamente tratto”….?

R. Beh! Guardi. Se ci rifacciamo a quello che è successo in tanti secoli della storia della Chiesa…non ci fa impressione. Insomma, di Papi uccisi o rapiti da chiunque…da altri Papi…ce ne sono quanto ne vuole…Quindi, la storia della Chiesa è piena di questo. Poi…è vero che si trattava di ambienti e di situazioni diverse ma se Lei si metta nell’ottica di uno storico che guardi la storia della Chiesa in…3000 anni, cioè fra 1000 no?…e vedrà questo come episodio che fa parte della storia della Chiesa… e non si meraviglierà. Noi oggi ci meravigliamo perchè siamo abituati a considerare la storia degli ultimi 100 anni ma lo storico si deve mettere su un piano più alto…Quale sarà la storia della Chiesa nei 4000 anni che vanno da quando è nato Cristo a fra 2000 anni? Non lo so però certamente lo storico che dovesse trovare che hanno rapito Pio VII e Pio VI se lo sono portato in Francia…poi L’hanno riportato qua…oppure che hanno ammazzato Papa…come si chiamava…Formoso…L’hanno seppellito, poi L’hanno levato dalla tomba e Gli hanno tagliato le mani e poi…insomma, non si meraviglierà se è successa un’altra cosa così!

  • Dottore Perrotta, siamo veramente in conclusione, dopo la calda accoglienza avuta dal libro alla presentazione del 30 novembre scorso, il 15 gennaio Lei presenterà il libro anche a Palermo.

R. Si. A Palermo avrò l’onore di presentarlo nella Sala consiliare del Comune di Palermo avendo come relatori Leoluca Orlando e dall’On.Granata che sono due persone che stimo tra l’altro, anche.

Da quel giorno, l’amicizia nata con Peppino Perrotta si è alimentata di email, telefonate di cortesia ed invio di libri da leggere in anteprima. Un legame tra innamorati…della stessa terra. La nostra. Profondissimamente e stranissimamente siculi!

 

Silvia Ventimiglia – Ottobre 2009

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