Con Perivancu, Viagrande ha perso il suo re…

Da analfabeta, fu autore di libri carichi di ricordi e suggestioni…

Passare per Piano Gelsi, il salotto di Viagrande, non sarà piu’ lo stesso. Guardarsi in giro, cercando la testa di Perivancu che sovrasta – dall’alto del Suo metro ed ottanta – i capannelli di gente riunita a chiacchierare, sapendo di non vederLo più sarà una fitta al cuore. Ogni volta. Già lo so. Non vederLo sbracciarsi a salutare, accogliente come sempre, dandoTi l’impressione ogni volta di “tornare a casa”…non sarà piu’ come prima. Fine della partita.

Ma a chi non è di Viagrande, per nascita o di…ritorno (per amore, intendo), voglio raccontare chi è stato Perivancu, al secolo Mauro Giuffrida, classe 1934. Un sovrano senza trono di un pezzetto di terra ridente nota come Viagrande, comune pedemontano di grande tradizione. Quella stessa tradizione che Mauro, ex carrettiere…ex pugile…ex ciclista….(“atleta nel corpo e nell’anima”, come l’ha definito una delle amate nipoti durante i funerali)….ex commerciante di buone sostanze, acquisite in una vita di sacrifici…ha cercato di tramandare anche per iscritto, scoprendosi al tramonto della Sua vita scrittore di grande appeal.

Mauro non era come molti scrittori siciliani che rimestano continuamente nella propria terra perchè non sanno chi sono e cercano delle risposte. Lui sapeva esattamente chi fosse e come fosse la terra che amava.

Il Suo unico desiderio era che quel vasto patrimonio di sentimenti e di conoscenza non andasse perso e che diventasse humus per costruire un futuro che odorasse di quel passato, duro e a volte spietato, che tanto aveva amato.

Il Suo era un modo di gridare il Suo amore per Viagrande. In Lui, dai racconti anche avventurosi che Ti faceva non appena intercettava un Tuo minimo interesse all’ascolto, era rintracciabile quella “corda pazza” di molti siciliani, stravaganti senza volerlo essere.

Eccentrico nelle Sue varie sfumature, distaccato come solo i siciliani riescono ad essere. I migliori, aggiungo.

Fino al giorno dei funerali, pensavo che l’ultima stravaganza di Perivancu risalisse ad un paio d’anni addietro quando, per festeggiare le Sue nozze d’oro con la compagna di una vita, al posto delle classiche bomboniere, aveva deciso di regalare un sogno ai propri invitati offrendo biglietti “Gratta e vinci” e riuscendo, effettivamente, a realizzare qualche piccolo sogno.

Era una persona colta senza essere istruita nel senso canonico del termine e non aveva timore di soffermarsi a parlare con persone di cultura e di estrazione sociale superiore. Non lo temeva anzi…era uno scambio continuo. Era una persona egocentrata senza averne la consapevolezza. Quante volte, L’ho visto intrattenersi con politici dell’ultima ora…anche di grido…e, mentre c’era chi si sbracciava per farsi notare senza successo, Lui parlava esattamente com’era avvezzo a fare con chiunque e a farsi ascoltare con attenzione e partecipazione. Grande e saggio Mauro!

Quando venni ad abitare a Viagrande, certa di avere raggiunto il posto dell’anima, attratta da qualcosa di karmico che odorava di cose vissute ed amate, chiesi in giro chi potesse aiutarmi a completare e confermare quell’amore viscerale e senza parole con tradizioni…memorie del paese. Insomma, volevo sapere di chi mi ero innamorata perdutamente.“Perivancu, naturalmente…chiedi di Lui. A Varanni u canusciunu cani ed iatti”. Ed era vero, la prima persona che fermai me lo indicò alto ed imponente a dispetto dell’età. Il Suo aspetto trasudava autorevolezza. L’approccio fu epidermico. Ci “prendemmo”, insomma e nel corso degli anni quel sentimento di subitanea simpatia si è trasformato in affetto. Vero. Prima ancora di me stessa fu Lui a capire che quel posto mi era entrato nel sangue. Senza se e senza ma.

Andata via da Viagrande, ogni volta che mi capitava di tornarci il Suo “Comu sì?” veniva completato da un conseguenziale “E come dovrebbe andare…lontano da Varanni, vero?”. Non occorreva che rispondessi, mi leggeva dentro “Uno a Varanni se la porta nel cuore, eh? Te ne sei fatta convinta?” Come no, convintissima ma…vedrai che ci tornerò”. Lo dicevo speranzosa e fiduciosa. Sarà felice di sapere che ho realizzato il mio sogno. Peccato che non potrò condividere con Lui la gioia di ripercorrere le stesse viuzze, respirare quell’aria pulita, di perdermi nei colori del nostro bel paese e nelle storie che, mai sazio, amava raccontare.

Saputo della Sua morte, ho voluto andare a renderGli omaggio nella Sua casa che, con il tempo, era riuscito a trasformare in una sorta di Museo ricca di testimonianze del passato contadino di Viagrande. Lo aveva trasformato, generosamente, in un vero e proprio luogo della memoria, patrimonio collettivo unico ed insostituibile. La speranza era che non mi rimanesse, però, impressa l’ultima immagine di quel corpo robusto e possente ormai inerte. Volevo ricordarLo com’era. Sempre alle prese con nuovi progetti. Sempre giovane/anziano…fucina di racconti al limite dell’in – verosimile.

L’ho visto ed ho potuto salutarLo. Sono troppi i ricordi che mi rimandano la Sua immagine da vivo….e poi anche la Sua visione da morto non aveva nulla di definitivo. Sembrava dormisse pronto a risvegliarsi per cimentarsi in altre mille avventure. Mi torna in mente la foto che mi mostrò un giorno che Lo ritraeva, nei colori seppia tipici delle vecchie foto, in tenuta da boxer. Contento, mi raccontò che aveva avuto l’enorme privilegio di conoscere Primo Carnera…lo sguardo, in quell’occasione si era acceso di una luce infantile. Era la Sua la storia di un bambino nato in una famiglia poverissima e che sin da piccolo aveva affrontato la vita da adulto affacciandosi alla vita facendo il carrettiere…mi raccontava di viaggi interminabili e pericolosi (erano i tempi dei briganti) da un capo all’altro dell’isola trasportando generi di prima necessità. Rimpiangeva quei tempi, fatti di miseria e di privazioni. Chissà perchè. Forse era la nostalgia dell’infanzia, dell’adolescenza, dei tempi che odoravano di pane fatto in casa, del profumo del mosto, dei grandi amori e delle grandi passioni… Chissà. Non era uno che si piangeva addosso, però. La nostalgia era qualcosa di dolce per Lui e come tale Te la trasferiva. Come accennavo, in età adulta e pur non sapendo scrivere (me ne accorsi al momento di chiederGli, incautamente, una dedica sulla copia del primo libro che acquistai), affidò le Sue memorie prima ad un’insegnante e poi alle Sue adorate nipoti che diligentemente hanno assolto al compito di trasformare in prosa quei ricordi fatti di immagini, sensazioni, di sentimenti veri. E così, furono 4 i libri che portano la firma di Mauro Giuffrida, ai piu’ conosciuto come Perivancu. “Peni, lacrimi e gioi…vita di carritteri” dove narra le tante fatiche della vita dei carrettieri ma anche le tante gioie connesse “Quali?” chiesi un giorno sbigottita ed incredula….”Ma hai idea di quanti diversi tipi di paesaggi sia ricca la Sicilia? Passi da un capo all’altro e cambiano i colori, i sapori, gli odori…è na cosa troppu bedda”. Lo diceva ed il Suo sguardo si perdeva in quelle immagini che i Suoi occhi di bambino avevano catturato in tempi lontanissimi.

Del carrettiere Gli era rimasto l’animo tanto che ad ogni festa di Sant’Alfio nella vicina Trecastagni, raggiungeva il paese sul suo bel carretto addobbato alla maniera siciliana e c’è da crederci che si sentiva un pascià sulla cassetta. Lo stesso faceva in occasione della tradizionale Festa della Vendemmia che, ogni anno, si celebra l’ultima settimana di Settembre a Viagrande. Sempre in testa al Corteo storico, felice come un bambino. Non sarà piu’ la stessa cosa senza di Lui.

A questo Suo primo libro, seguirono, “Novelle rupestri”…”Memorie sicane” in cui venne fuori il Suo animo delicato e poetico e “Pagine viagrandesi” quest’ultimo pieno zeppo di foto e testimonianze. Un vero atto d’amore per il Suo paese che nell’imminenza della Sua morte, sta dimostrando di piangere uno dei Suoi figli migliori. Il passaggio della carrozza funebre trainata da due magnifici cavalli bianchi, ultima bizzaria di Perivancu, è stata salutata per le strade di Viagrande con un silenzio surreale. Solo pochi si chiedevano interdetti chi stesse passando, forse quei “forasteri” come chiamava Lui tutti i viagrandesi dell’ultima ora, ai quali – e di questo Gli sono grata – non mi ha mai annoverato e che non sapevano che a Varanni ha perso il Suo re e che, a dispetto del detto comune, in questo caso, non credo proprio se ne possa fare un altro.

Arrivederci Mauro, a Te il ricordo pieno di affetto e di gratitudine da una viagrandese di…ritorno.

Silvia Ventimiglia – Marzo 2014

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