Salvo Piparo, custode del ‘cunto’ e cantastorie di Sicilia

Salvo PiparoSalvo Piparo è un attore palermitano che porta in scena il ‘cunto’, una delle più tradizionali tecniche di narrazione della Sicilia. Con il suo teatro custodisce le memorie dell’isola. Capace di mescolare comicità e crudo realismo, parla alla società e trascina la sua arte tra la gente con l’obiettivo di abbattere quella quarta parete che da sempre separa attori e spettatori. Sicilian Secrets l’ha intervistato.

D: Come ha preso avvio la tua carriera da attore?

R: Questa carriera nasce da una consapevolezza: quella di non voler fare l’attore. Parallelamente, però, c’era un’esigenza cioè trovare qualcosa che mi mancava, che avesse a che fare sia con le tavole del palcoscenico sia con il pubblico. Il palco tanto quanto la platea mi affascinavano, mi piaceva stare in mezzo a questi due mondi che sono separati da quella che possiamo chiamare ‘quarta parete’ ma che non fa bene né agli attori né agli spettatori. Abbatterla è quasi una necessità, era la necessità che sentivo io. Dopo aver fatto un percorso personale, dopo essermi guardato dentro, ho capito che non volevo fare l’attore ma raccontare le storie in un momento in cui non le raccontava più nessuno e tutti, invece, erano attori!

Salvo Piparo
Salvo Piparo – Credits: Salvo Damiano

Oggi si racconta tutto, è un termine molto abusato. Ma il modo di raccontare che sentivo io era un qualcosa che aveva a che fare con il mio essere siciliano. Quando ho compreso che volevo raccontare la mia terra, ho realizzato che volevo essere un attore narrante. Ho cominciato a innamorarmi del poter scrivere una storia e poi raccontarla, mi allettava più che avere in mano un copione e così ho iniziato a sperimentare…

D: Salvo Piparo e il ‘cunto’: da dove nasce la scelta di farti portavoce di questo tipo di teatro?

R: Ho iniziato a sperimentare su me stesso cosa mi facesse emozionare e cosa emozionasse la gente. Quando ho scoperto che era proprio il racconto a suscitare in me tutto questo, mi sono focalizzato sul ‘cunto’ che è la parte più significativa della narrazione tradizionale siciliana. Ho scelto di lavorare su un qualcosa che era finito nel dimenticatoio, ho iniziato a rimaneggiarlo e l’ho fatto mio.

D: Come nasce uno spettacolo di Salvo Piparo?

R: Uno spettacolo nasce dall’urgenza di voler comunicare qualcosa. Magari parto da un aneddoto, da una storia…il tutto viene mescolato all’attualità. Le idee e le ispirazioni arrivano da ciò che succede intorno a noi e che sono inevitabilmente legate alla storia. Del resto, l’uomo si arrovella da secoli, seppur in modo diverso, sugli stessi problemi!

Salvo Piparo
Salvo Piparo – Credits: Salvo Damiano

D: Qual è l’esperienza professionale che ricordi con più gioia?

R: Sicuramente tutte le volte che ho messo in scena qualcosa che ha a che fare col teatro sociale, anche se si tratta di storie più riflessive e magari meno divertenti. Abbiamo raccontato Rosalia sperimentando il ruolo della peste anno dopo anno in maniera differente: la peste può essere vestita secondo tanti modelli. Dall’indifferenza di coloro che arrivano dal mare, dall’omertà della mafia e così via. Esorcizzare questa ‘peste’ è stata per me una crescita personale dettata altresì da ciò che ho tentato di trasmettere al pubblico, ossia una voglia di riscatto e di aprire gli occhi, di svegliarsi e smetterla di farsi intitolare per cliché. Noi siciliani sappiamo andare oltre.

D: Il teatro di Salvo Piparo rende la Sicilia protagonista, ma qual è il legame con la tua terra?

R: È un legame simile a quello di un figlio che in qualche maniera tratta la propria terra come una donna, con un rispetto sacrale verso la Madre Terra. Una madre che però non è sempre dolce ma sa essere pure violenta, piena di contraddizioni. Vivo la mia terra con amore e distanza per non farmi fagocitare dal cliché ‘Sicilia’. La nostra isola merita di essere raccontata in modo di diverso da ognuno di noi, ogni siciliano dovrebbe raccontarla – nel bene e nel male – in modo straordinario.

Salvo Piparo

D: Quanto credi sia importante conservare la lingua siciliana e renderla sempre viva attraverso il teatro?

R: Per me è fondamentale, è il vero fulcro su cui ruota il mio modo di fare teatro in cui molto parte dalla lingua. Ho vissuto a Milano, sono stato snobbato, sono stato additato e guardato male come un meridionale che si doveva sentire in colpa perché aveva un’inflessione marcata. Tutto questo, al contrario, può essere un punto di forza perché nella globalizzazione contemporanea, reputo che ogni cadenza sia divertente e necessaria, sta a noi modularla e renderla una lingua capace di veicolare rabbia quando deve essere arrabbiata, amore quando deve essere amorevole. I sentimenti camminano attraverso i nostri linguaggi e ascoltarne la mescolanza è molto interessante per il pubblico fruitore.

D: C’è un luogo nel mondo in cui vorresti portare un tuo spettacolo?

R: Ho portato un mio racconto, “Il cunto della città Presepe”, a Gerusalemme ed è stato un momento incredibile, confrontarmi con la realtà che si vive lì è stato necessario per il mio percorso personale. Una terra che dovrebbe essere un posto d’amore vede purtroppo dei popoli in guerra. Il teatro deve tornare a essere itinerante, molti spettacoli nascono e muoiono, ogni luogo è necessario al teatro e viceversa, serve portare in giro spettacoli pensanti.

Salvo Piparo – Credits: Salvo Damiano

Mi sono trovato a recitare nei quartieri più degradati della città di Palermo e ho trovato una felicità infinita nel poter raccontare davanti a certi occhi che mi guardavano come se non avessero visto e ascoltato mai. È stato liberatorio sia per me sia per chi era presente lì, in quel momento. Il teatro deve andare in quegli angoli di mondo dove c’è una maggior fame di comunicazione, perché la comunicazione può essere una forma di affetto e gentilezza.

D: C’è un ricordo legato a un tuo spettacolo che ti fa piacere raccontare?

R: Ho un ricordo ricorrente: in diversi miei spettacoli ho coinvolto delle persone su fatti di cronaca e reputo che questo non debba mai smettere di accadere affinché il teatro abbia una funzione sociale e non di solo intrattenimento. Se possiamo abbattere questa quarta parete ed essere un tutt’uno con la gente, io sarò sempre lì a fare il tifo per quel tipo di teatro che unisce il palco e la platea. Mi sono innamorato del teatro stando dalla parte del pubblico e credo ci sia un equilibrio che possiamo tenere tutti quanti insieme: pubblico da un lato e attori dall’altro, in nome di una comunità migliore, perché la comunità si migliora anche con il sentirsi parte dello stesso teatro.

D: Quali sono i tuoi progetti futuri?

R: I miei progetti guardano a una sperimentazione della tradizione che si rapporta al quotidiano. Questo è il mio compito e proverò a farlo al meglio. Ci sono mille modi per sperimentare, alcuni mi stimolano di più e altri meno, ma alla fine la cosa più difficile sta diventando riuscire a farsi ascoltare, soprattutto da altre generazioni. E noi dobbiamo avere la capacità di riuscirci.

Salvo Piparo ci ha portato nel mondo del teatro siciliano, ma le nostre news non finiscono qua. Continuate a seguire Sicilian Secrets, dagli articoli sul blog alle interviste, senza dimenticare le novità sulla pagina Facebook e su Instagram. Stay tuned!
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