Sicilia araba, una storia ancora viva nel presente
La Sicilia è un mix di culture, una storia millenaria composta da molteplici sfumature. Uno dei volti dell’isola, tangibile soprattutto in alcune zone di questa regione, porta verso il Medioriente. La Sicilia araba è una parentesi storica che ha lasciato una grande eredità, un segno indelebile che oggi si ritrova nel dialetto, nella cucina, nell’architettura, nei nomi di alcune città. Scopriamo di più su Sicilian Secrets.
La storia della Sicilia araba inizia nell’VIII secolo, più precisamente nell’827 d.C. ossia quando l’isola era governata da un giovane emiro pur mantenendo una sua autonomia. Le cose cambiarono all’inizio del IX secolo quando l’Islam cominciò a pervadere sempre più l’animo dell’isola, non soltanto sotto un profilo religioso ma anche politico tanto che nel già all’inizio dell’anno 1000 la Sicilia divenne un emirato con una monarchia islamica ereditaria. Il regno prosperò fino a quando, nel 1091, furono i Normanni con re Ruggero I a conquistare l’ultima roccaforte islamica di Noto e creare unità sotto la Contea di Sicilia.
Palermo, il cuore della Sicilia araba
Gli anni in cui gli arabi popolarono la Sicilia furono segnati da grande prosperità tanto che l’isola divenne il cuore del commercio nel Mediterraneo. Economia e cultura fiorirono e Palermo fu certamente la città principale così da diventare una vera e propria metropoli. Il clima di tolleranza verso chi professava una religione diversa da quella musulmana creò un clima di serenità in tutto il territorio che si arricchì di una sincera bellezza. Passeggiando oggi per il capoluogo siciliano non è semplice trovare edifici che mantengano totalmente il loro carattere originario, ma le tracce di questo passato arabeggiante sono nettamente visibili anche laddove, nel tempo, sono avvenuti riadattamenti e restauri. Guardando la Cattedrale, il Palazzo Reale, la Cuba, le cupole rosse della Chiesa di San Giovanni degli Eremiti e i mercati come la Vucciria e Ballarò il carattere orientale viene fuori prepotentemente, eco di storia e tradizione mai svanita.
La Sicilia araba in tavola
La cultura araba si può…assaggiare! Chi si reca in Sicilia non rinuncia mai a concedersi ai piaceri della tavola, ma forse non tutti sanno che molte delle portate più famose hanno proprio una matrice mediorientale. Sfogliando un qualunque ricettario di cucina locale, tra le pagine ci si imbatte nei dolci come la cassata o la pasta di mandorle, la prima si riconduce alla parola ‘quas’at’ probabilmente relativa al contenitore nel quale viene preparato questa torta, mentre la seconda (a base di mandorle tritate e zucchero) importata in Sicilia durante la dominazione islamica.
Si pensi poi al cous cous con brodo di pesce o ancora alla ‘tummala’ ossia il timballo di riso preparato principalmente nell’area della costa ionica. Si potrebbe andare avanti all’infinito, aggiungendo – per esempio – come chiaramente arabo sia l’utilizzo di pistacchi, zafferano, cannella, sesamo, miele e anice all’interno di numerosissime prelibatezze made in Sicily!
Una piccola curiosità:
Anche le celebri arancine, apprezzate e conosciute nel mondo, pare siano nate proprio durante l’epoca della Sicilia araba. L’origine sarebbe infatti saracena, sebbene la ricetta completa per come la conosciamo noi oggi con anche pomodoro e panatura sia chiaramente successiva.
Il dialetto siciliano e le influenze arabe
Cosa ci hanno lasciato gli arabi? In aggiunta a quanto già menzionato si aggiunge qualcosa di intangibile: la lingua. Sì, perché il dialetto dell’isola è intriso di parole che conservano al loro interno tutto il ricordo della Sicilia araba.
Ecco un piccolo glossario che include parole di uso comune e toponimi:
- Gebbia: vasca per conservare l’acqua usata per l’irrigazione (da jabh, cisterna)
- Giuggiulena: sesamo (da giulgiulan)
- Mischino: poveretto (da miskīn, mendicante)
- Zaffarana: zafferano (dal persiano zaʿfarān)
- Marsala: da Marsa Allāh (porto di Dio)
- Misilmeri: da Menzel-el-Emir (villaggio dell’Emiro)
- Donnalucata: da Ayn-Al-Awqat (fonte delle ore)
- Mazara: da Mazar (tomba, sepoltura di un uomo pio)
- Canicattì: da Kandaq aṭ-ṭīni (fossato d’argilla)