Un tè con… Stefania Craxi ricordando Bettino.
In ricordo di un pomeriggio sotto la pioggia che lavò buona parte dei pregiudizi. I miei.
Nel ventennale della morte di Bettino Craxi si ritorna a parlare di lui: nel bene e nel male.
Sono passati esattamente 20 anni dalla morte di Bettino Craxi, osannato e detestato leader del Partito Socialista Italiano ed è, in occasione di questa ricorrenza, che si torna a parlarne cercando di riannodare le fila di quel dibattito…da sempre scevro dal trovare un punto di contatto…tra chi l’ha ritenuto un grande statista, forse l’ultimo che il nostro paese abbia avuto… l’unico, tra l’altro, che “avrebbe” pagato per tutti e morto esule lontano dalla sua patria e chi, di contro, l’ha visto come artefice e padre di tutti quei mali che affliggono la nostra politica, ieri come oggi, morto latitante incapace di affrontare le conseguenze del proprio operato.
Ripeto, punti di vista che difficilmente troveranno mai un assetto diverso. Ma, così come, il bellissimo film di Gianni Amelio “Hammamet” è lungi dal fornire una lettura della sua vita anche politica, in chiave riabilitativa ma…spinto da una sorta di pietas umana…traccia il declino umano di un uomo che, perso lo scettro del potere, si avvicina verso la morte…così io, nel mio piccolissimo, voglio parlare di sentimenti. Si, di quei sentimenti che un padre tanto chiacchierato, dal carattere burbero, mai incline all’empatia umana, sia riuscito a trasmettere all’amata figlia e di fronte ai quali non posso e non voglio se non inchinarmi.

Ed è per questo, che voglio trasmettere, ammesso che ne sia capace, quella partecipazione emotiva che vissi un pomeriggio di tanti anni fa…pomeriggio in cui la pioggia battente lavò buona parte dei pregiudizi. I miei. Sarà stato il 2008 o 2009, non ricordo e poco importa. Ospite ad un convegno incentrato sulla figura di Anita Garibaldi, arrivò a Catania il Sottosegretario di Stato agli Esteri, On Stefania Craxi…oggi senatrice della Repubblica. Era il periodo in cui, in radio, riscuotevo un successo lusinghiero con i miei “ritratti”…un faccia a faccia con personaggi più o meno noti, sollecitati…dalla mia sana curiosità…su aspetti anche, e soprattutto, inediti della propria vita. Una sorta di seduta psicoanalitica più che un’intervista canonica.
Sulla scorta della credibilità che mi ero conquistata sul campo, fui contattata per tratteggiare un ritratto di Bettino Craxi visto dalla figlia…un’ora di riflessioni che avrebbero dovuto raccontare uno dei protagonisti della cosiddetta Prima Repubblica a meno di dieci anni dalla sua morte e a più di quindici da quel periodo storico di ribaltamento delle istituzioni che decretò il crollo di una classe politica a favore di un’altra che, sulla carta, avrebbe dovuto rappresentare una rivoluzione e che, alla prova dei fatti, ci porta al qui ed ora.
Non nego che accettai con una punta di fastidio…professionalmente sentivo di non poter dire di no alla richiesta ma accettai, ripeto, con una buona dose di pregiudizio sia sul padre che su di lei. Nella mia mente, l’immagine di Bettino Craxi era quasi esclusivamente quella dell’uomo che viene investito da una pioggia di monetine all’uscita del suo quartier generale, quell’Albergo Raphael, divenuto la Caporetto dei socialisti. L’immagine di Stefania Craxi, la sua sicumera nel difendere il padre al di là di tutto…con un piglio quasi impositivo beh, questo non aiutava onestamente. Insomma, né l’uno né l’altra avevano mai brillato per simpatia, come se questo fosse una colpa e vabbè…un pregiudizio è un pregiudizio! Mi rendevo, comunque, conto che rispetto era dovuto ad un uomo che ha fatto parte di una classe politica ricca di linguaggio e di competenze diversa già da quella di allora.

Figuriamoci da quella di oggi ma…io non potevo saperlo. Un politico che aveva, nel 1984, firmato il nuovo Concordato con la Chiesa affinchè ci fosse maggiore trasparenza nei rapporti tra Stato e Vaticano eliminando anacronistici privilegi…un politico che provò l’impossibile per salvare la vita dell’On. Aldo Moro perchè convinto che la vita umana fosse il bene supremo che uno stato deve tutelare, costi quel che costi…un politico che ci aveva fatto sentire orgogliosi di essere italiani nell’ormai noto episodio di Sigonella in cui, sfidando la potente America, aveva rivendicato ed affermato la sovranità del nostro paese.
L’incontro sotto la pioggia con Stefania Craxi: la scoperta di una donna forte e sensibile.
Ecco, mi sentivo di voler andare oltre i miei pregiudizi. Duri a morire, però…i miei pregiudizi, intendo…tanto che quel pomeriggio…prolungatosi oltremodo il convegno… fui io stessa ad ipotizzare di rimandare quell’intervista ad una futura e successiva venuta a Catania dell’On. Stefania Craxi e se non ci fosse stata, pazienza. Pioveva a dirotto, ricordo, e Stefania…che mi disse di darle del tu subito “Ad occhio e croce siamo coetanee, giusto?” Giustissimo… classe 1960, lei… 62, io!…non volle smarcarsi da quella possibilità che aveva di parlare di suo padre e di dire la sua verità. Non le importava che andasse su una radio che certo non aveva il respiro nazionale ed internazionale cui lei era abituata, no…mi disse solo che le piaceva il taglio della trasmissione.
Tirandomi a sé, sotto un grande ombrello, si scusò per l’attesa e, dopo che io accesi il registratore, cominciò a raccontare…eravamo in piena Piazza Federico di Svevia. La sagoma del Castello Ursino si stagliava alle nostre spalle…come muto testimone. Circa le notizie storiche del maniero catanese, simbolo dell’autorità e del potere imperiale, vi rimando a chi ne sa più di me e, soprattutto, ad una vostra auspicabile visita che val la pena di essere “vissuta” per meglio comprendere la storia di Catania e dei catanesi e, soprattutto, per godere del magnifico Archivio Storico che trova allocazione al suo interno. Qui, ora, vi basti sapere che…in quei suggestivi saloni, venne firmata nel 1347 la cosiddetta “Pace di Catania” tra Giovanni Randazzo e Giovanna D’Angiò…ed anch’io, in un certo senso…quel pomeriggio, mi trovai a sottoscrivere una sorta di pace tra i contrastanti giudizi e pregiudizi che, da sempre, la figura di Craxi mi aveva esortato.

La pioggia scendeva a catinelle e, nonostante la grandezza dell’ombrello, ci accorgemmo che avevamo gli spolverini bagnati. Anzi, fu lei, attenta e solidale, ad accorgersi che la mia schiena era del tutto bagnata. Un motivo in più da parte mia per rilanciare la residua idea di rinviare il tutto…ma no, Stefania Craxi, adocchiando il bar illuminato, mi trascinò all’interno. Spensi il registratore e la segui. In quei pochi gesti solidali, in quella confidenza, in quella caparbietà i miei pregiudizi furono lavati…piano piano… da quella pioggia battente. Dopo aver salutato i presenti, ordinò due tè e senza soluzione di continuità, continuò a raccontare…con quella mimica facciale che la caratterizza…sorriso forzato e labbra serrate come volesse esplodere da un momento all’altro e gridare tutto il suo sdegno per come il padre fosse stato trattato e, secondo lei, tradito.
Questo del tradimento…da parte dei compagni di partito, degli italiani, della patria fu un tema ricorrente, ricordo. In quel momento mi resi conto di cosa significhi la comunicazione e di quanto sia importante…Stefania Craxi, in televisione, non risulta la donna appassionata, competente e viscerale che è nella realtà. L’immagine che veicola tende alla supponenza ed all’arroganza…tutti difetti che, nella realtà, non le appartengono ma che, a primo acchito, sovrappongono la sua immagine a quella del padre. Sorseggiando il tè, mi parlò di lui…ingombrante ed amatissimo. Un padre che le aveva insegnato il grande respiro della storia…da qui la sua claustrofobia rispetto al fiato corto della cronaca.
Mentre parlava, gesticolando ed aiutandosi con la mimica facciale, ripeto, mi accorsi che i tanti avventori avevano lasciato da parte le loro chiacchiere e riconosciutala, si era avvicinati a noi…creando un vero e proprio capannello attento e partecipe. Incontrando i loro sguardi, vidi che accompagnavano il dire della Craxi con gesti di approvazione soprattutto quando lei mi raccontò del declino umano, oltre che politico, di quel padre che aveva pagato per tutti. Mai e poi mai le sentii dire parole di assoluzione riguardo ai finanziamenti illeciti…di quei costi della democrazia di cui egli stesso parlò in una memorabile seduta in parlamento, il 3 luglio del 1992, e durante la quale invitò tutti i politici presenti ad alzarsi in piedi quale segno di dissenso rispetto a quello che diceva. Nessuno si alzò, allora. E’ bene non dimenticarlo.
E parlando di Aldo Moro, leader della Democrazia Cristiana…rapito ed assassinato dalle Brigate Rosse…non potè non considerare amaramente come i governi italiani, da sempre, hanno trattato su tutto ed il contrario di tutto mentre nel caso del leader DC e di suo padre non avevano trovato la maniera per salvare loro la vita. Perchè, e su questo Stefania proseguì il suo racconto ingoiando amaro, il padre era morto perchè non era stato possibile creare quel corridoio umanitario che gli avrebbe permesso di ritornare in patria e farsi curare.

Mi parlò di un padre che aveva pensato, in gioventù, di fare il prete…e sorrise. Con grande ammirazione, ricordò a me ed ai presenti che era stato sempre suo padre colui che aveva regalato un grande sprazzo di orgoglio all’Italia con la vicenda di Sigonella e raccontò di un uomo che, negli ultimi anni della sua vita, amava passare i pomeriggi su una precisa spiaggia della Tunisia con lo sguardo rivolto verso la sua amatissima patria…questo il termine che Craxi utilizzava per parlare dell’Italia.
Stefania e Bettino ovvero il racconto di una figlia e un padre al di là di ogni pregiudizio.
Poi, quasi a voler alleggerire il discorso, mi parlò di Lucio Dalla…ospite in un’occasione della loro villa in Tunisia…che a lui dedicò una bellissima canzone “Latin lover”…brano che racconta il tramonto di un latin lover…come di un politico. “Pochi sanno di questa dedica”…mi disse. Canticchiando, a voce bassa per non farsi troppo sentire dai presenti, mi trasferì questo breve refrein ”Il latin lover non ha più la forza ed il coraggio e…con i suoi capelli bianchi, le mani sui fianchi…è ancora lì. Quello che aspetta è solo la morte “. Quella morte solitaria, dipinta con quei toni struggenti che solo Dalla poteva dipingere, racconta proprio di Craxi e della fase finale della sua vita. Vita terrena conclusasi il 19 gennaio del 2000 a soli 66 anni….è bene ricordare.
Quel pomeriggio, Stefania non fece mistero del caratteraccio siculo del padre… capace, però, anche di grandi slanci. Ricordo che parlò della sua fisicità, della carnalità del suo approccio avulso da sentimentalismi e smancerie….volenti o nolenti: questo era il suo carattere senza sconti e mai nulla ha fatto per risultare conciliante, “politicamente corretto” come si direbbe ora. La gente attorno pendeva dalle sue labbra…seguendo ogni parola, abbozzando approvazione, complicità, comprensione.

Mentre parlava, tenendo alta l’attenzione della sala ormai piena in ogni angolo, non potei fare a meno di pensare di trovarmi a cospetto di una persona che i “Grandi della Terra” li aveva davvero incontrati, facendosi sempre inserire nella lista degli “uomini” durante i viaggi di stato del padre e mai nella lista delle “signore” le cui uniche occupazioni, durante suddetti viaggi, sono quelle di misurarsi con ruoli molto meno impegnati e frivoli, in definitiva.
Dopo una buona mezzora, qualcuno della scorta le fece presente che dovevano raggiungere l’aeroporto per rientrare a Roma. Stefania si scusò e sperò che quello che mi aveva detto bastasse a confezionare una trasmissione. Sorrisi…aveva parlato il giusto e soprattutto mi aveva detto quello che avrei voluto sentire. Le feci presente che, per sana abitudine, io faccio leggere sempre quello che scrivo, prima della pubblicazione….chiedendole un riferimento dove farle avere il resoconto della nostra chiacchierata che, nelle mie intenzioni, avrebbe contenuto tanti virgolettati…tanto mi aveva colpita la profondità di certe riflessioni. I personaggi spesso si lasciano andare ed è bene che si sentano nella facoltà di togliere o modificare le esternazioni di un momento di intimità intellettuale.
In definitiva l’incontro con Stefania Craxi ha prodotto un’intervista mai andata in onda ma un abbraccio che resta!
Mi sorrise…”Non occorre, non mi pento mai di quello che dico e poi tu hai uno sguardo onesto. So che non mi tradirai. Siamo una bella squadra! Vai tranquilla!”. Mi abbracciò come si fa tra amiche…non un abbraccio formale, no…la pressione di quelle braccia mi è rimasta in memoria. Poco prima di uscire dal bar, mi accorsi che gli stessi avventori che avevano abbozzato, dato segni di comprensione e di indulgenza poco prima, furono i primi a cambiare registro…a sorridere complici tra loro, ad ironizzare senza alcun rispetto e, nauseata, guadagnai l’uscita…quell’atmosfera “forcaiola” cominciava a soffocarmi e mi diressi alla macchina, destinazione ultima…casa e sbobinamento intervista…sbobinamento che, ahimè, mai avvenne perchè non registrai, per errore, nient’altro che quella prima tranche sotto la pioggia in piazza.
Nel passaggio tra la piazza ed il bar, dimenticai…lo ammetto…di premere Rec. Avrei potuto andare a memoria…avrei potuto, certo, ma la paura di “tradirla” mi attanagliò e così preferii perdere un’occasione professionale piuttosto che rischiare di tradire la fiducia di una donna che la sua parte di dolore l’ha già avuta perchè “Colpendo me, hanno fatto soffrire lei di più”…questo fa dire Gianni Amelio a Bettino Craxi, interpretato da uno strepitoso Pierfrancesco Favino ed io che, quel pomeriggio, ho raccolto lo sfogo pieno di amore e di amarezza di Stefania, so che è vero.

A 20 anni dalla morte del padre, la Craxi viene intervistata a destra e manca…dice la sua…può piacere o meno…ma è la sua verità e la racconta con onestà intellettuale, la stessa che…bontà sua… mi ha attribuito quel pomeriggio, sotto una pioggia battente e che portò via buona parte dei pregiudizi. I miei.
Grazie, Stefania…come vedi, non ti ho tradita e spero ci sarà un’altra occasione di incontro.
A presto! Silvia Ventimiglia
Pubblicazione a cura di Saverio Garufi.