Antonio Catania, quando l’arte nasce in Sicilia
Classe 1952, siciliano, Antonio Catania nasce con la Sicilia…nel nome. Conquista il pubblico con la sua partecipazione al film Mediterraneo di Gabriele Salvatores. Tanti poi i successi e le interpretazioni rimaste memorabili, come la celebre scena della partita di basket giocata in piazza dei Mercanti a Milano nel film Chiedimi se sono felice di Aldo, Giovanni e Giacomo. Sicilian Secrets l’ha intervistato.
Avevamo tutti più o meno quell’età in cui non hai ancora deciso se mettere su famiglia o perderti per il mondo.
dal film Mediterraneo, Premio Oscar come Miglior Film Straniero (1992)
D: Com’è iniziato il suo rapporto con l’arte teatrale?
R: I primi spettacoli che andavo a vedere erano quelli dell’opera dei pupi dove mi portava mia nonna a Catania. È un qualcosa che mi ha influenzato molto, i cantastorie e quel modo di vivere la realtà che hanno certi personaggi siciliani. La Sicilia è un teatro vivente, è un continuo essere esposti a qualcosa di nuovo.
D: Antonio Catania in teatro, al cinema e in TV. Come si destreggia in questi tre universi?
R: Il teatro è ciò che ho sempre fatto. A oggi vivo a Roma, ma ho studiato a Milano alla Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi, sono stato in contatto con gli ambienti del cabaret del Derby e dello Zelig. Da qui anche l’amicizia con persone come Aldo, Giovanni e Giacomo con i quali ho recitato. E poi appunto la capitale, dove si fa il cinema. Per me il palco di un teatro e lo scambio che hai con il pubblico sono insostituibili, peraltro puoi vedere immediatamente se piaci o no. Girare un film questo non te lo dà, sicuramente – come la TV – è più comodo e fai meno fatica. La televisione è spesso soltanto commerciale.
D: Qual è la magia della recitazione? E come si inserisce in tutto ciò la sua storia?
R: Quando vivevo a Milano avevo iniziato a lavorare al Teatro Elfo Puccini. È lì che ho conosciuto Gabriele Salvatores con il quale abbiamo cominciato a fare cinema insieme. In me, a poco a poco, ritrovavo quei ricordi di infanzia, quel teatro dei pupi e quella Sicilia che vivevo da bambino nei miei modi che mi sembrava fossero naturali. Aggiungo che una grossa differenza la fa l’esperienza. Impari che si fanno degli errori, ma impari soprattutto dagli incontri con le persone: Dario Fo, Franco Parenti e anche i colleghi con cui ho lavorato. Non si finisce mai. Non si finisce mai di copiare, di rubare. Guai a pensare di sapere tutto.
D: La Sicilia e Antonio Catania: che legame avete?
R: In Sicilia vado perlopiù d’estate, amo Pantelleria ad esempio. Ho un legame molto forte con la mia terra. Non posso non andare, i miei ricordi da bambino sono lì, legati a un mondo colorato, variopinto, fatto di personaggi. Tutto quello che è legato alla Sicilia mi interessa, mi tocca, mi incuriosisce da sempre. Molti siciliani che vanno via, alla fine vi fanno ritorno.
D: Qual è uno dei film che a oggi ha un posto speciale nel suo cuore?
R: Mediterraneo, il film che mi ha dato il successo ma soprattutto l’inizio della mia vita nel cinema. Penso sia inevitabile. Ci sono poi altre pellicole che ricordo con affetto come Pane e tulipani, e anche qualche film che in pochi hanno visto ma molto belli.
D: Guardiamo al futuro, ci sono progetti di teatro o set in Sicilia?
R: In Sicilia ho recitato a Catania, Palermo e vari teatri. Anche qualche set era lì, come ad esempio quello del film con Ficarra e Picone L’ora legale, girato a Termini Imerese. Al momento però, non ho nulla in programma da quelle parti. Attualmente infatti sono in tournée con lo spettacolo Anfitrione. Abbiamo finito al Teatro della Pergola a Firenze e faremo ancora un giro in Toscana andando avanti, dopo la pausa natalizia, fino ai primi di febbraio.
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