Una chiacchierata con Giulio Corso tra TV, cinema e Sicilia
Palermitano, classe 1989, professione attore. È il profilo di Giulio Corso, diplomato presso l’Accademia Nazionale di Arte Drammatica Silvio D’Amico di Roma che a 28 anni ha già un curriculum notevole. Si alterna tra TV, cinema e teatro. Ha diviso il palco con Lorella Cuccarini nel musical “Rapunzel” portando a casa, nel 2015, l’Oscar Italiano del Musical come Miglior Attore Protagonista. E molto molto altro.Volete saperne di più? Ecco la mia intervista (anzi, chiacchierata!) con Giulio su Sicilian Secrets.
Lo ammetto, conosco Giulio Corso da lungo tempo, da quando eravamo entrambi liceali e ci incrociavamo alle feste. Per questo motivo, scrivo questo articolo con vero piacere, come mi trovassi a scambiare due parole davanti a un caffè che dopo più di 10 anni non si è mai freddato.
La prima domanda rompe il ghiaccio e, seppure ovvia, lascia spazio a un racconto inaspettato.
D: Cosa ti ha spinto ad avvicinarti al mondo dello spettacolo?
R: Il giorno dell’ultima prova, era la disastrosa conclusione dei miei esami di maturità, il presidente della commissione, mi chiese cosa avrei voluto fare da grande, come se un ragazzo a quell’età potesse mai saperlo davvero. Io non avevo idea di cosa avrei fatto di lì a qualche minuto e colto alla sprovvista da quella domanda, come alla sprovvista spesso la vita ci prende, risposi nel modo più irrazionale e genuino, come solo un cucciolo d’uomo sa fare: “Farò l’attore”. Mia madre seduta ad appena qualche metro da me, già provata da un esame doloroso, ebbe un colpo apoplettico. Mio padre continuò a pensare che facessi uso di stupefacenti.
Il mondo dello spettacolo non era neanche tra i miei pensieri…credo sia una diretta conseguenza di fare questo mestiere: quando quello che produci si rivolge a un pubblico sempre più ampio, prima o poi, ti incontri con lo ‘spettacolo’ di essere qualunque cosa tu sia realmente.
D: Giulio Corso in TV, dall’epoca dei Carramba Boys a Squadra Antimafia, e poi ancora Giulio sul palcoscenico come attore e autore. A oggi qual è l’esperienza professionale che ricordi con maggiore piacere?
R: Grazie ai miei studi accademici, ora scelgo con grande libertà i lavori che farò. Quelli che ricordo con più tenerezza sono gli ultimi perché sono i meno lontani dal mio cuore. Amo sempre ciò che faccio, incondizionatamente, appassionatamente e per questo il più delle volte separarmi da uno spettacolo è difficile. È come un amore che non sei pronto a lasciare andare.
D: Hai recitato nel Commissario Montalbano, una delle serie cult della televisione italiana. Cosa ha significato per te essere parte di una fiction di così grande successo fortemente intrisa di sicilianità?
R: Sono molto fiero di essere stato una piccola parte dell’immaginario collettivo intorno al romanzo di Camilleri. Montalbano per me è una fiaba affascinante, cruda, che racconta il mondo moderno attraverso il filtro di un grande storyteller del ‘900, che il ‘900 l’ha vissuto, tutto.
Ma un attore non è solo frutto delle sue esperienze ma anche delle proprie origini. Pertanto, è spontaneo volere scoprire quanto l’essere siciliano influisca sul suo lavoro.
R: Io sono siciliano e questo influisce sulla mia vita, sulle mie scelte, sul mio carattere, sul mio rapporto con gli altri, sui miei gusti. Sul mio lavoro…quando serve. Certo, noi siamo la terra che ci ha messi al mondo, ma non oso paragonarmi allo stupore e al fascino della Sicilia, sarebbe presuntuoso. Forse, un giorno tornerò a Palermo e resterò a ringraziarla di avermi allattato come solo una madre amorosa fa.
D: In questi anni hai lavorato con grandi professionisti dello spettacolo. Cosa significa affiancare mostri sacri come Raffaella Carrà, la Cuccarini, Luca Zingaretti, etc.?
R: Ognuno di questi artisti ha messo il proprio corpo e la propria anima al servizio della scena. Ognuno l’ha fatto, a mio modo di vedere, con grande amore e rispetto. Da loro, soprattutto dalle due Signore dello spettacolo, ho imparato l’umiltà necessaria ad affrontare il mestiere e la dedizione che premia, sempre.
D: C’è un aneddoto della tua carriera che ti fa ancora sorridere?
R: Due anni fa ho girato un film che si chiama “Smitten” di Barry Morrow, meglio noto come lo scrittore di “Rain Man”. Al provino, Barry mi chiese se sapessi andare a cavallo, anche senza sella. La mia emozione e il mio entusiasmo erano tali che in quel momento avrei potuto dire anche di saper pilotare un aereo di linea, così risposi di sì. Non ero, fino ad allora, mai salito su un cavallo. Così, per un mese, feci lezioni su lezioni, finché arrivò il giorno dell’inizio di quel lavoro. Grazie al cielo, trattandosi di un film americano, abbiamo avuto due settimane di prova prima dell’inizio delle riprese.
Il primo giorno mi presentano la mia cavalla, Pilar, uno splendido esemplare di cavallo spagnolo, enorme e furioso. Sentii qualcuno bisbigliare ‘Questo non lo porterà mai quel cavallo’. Iniziavo a scoraggiarmi, allora il regista si avvicinò e mi disse: ‘Non preoccuparti, sarai stupendo su quel cavallo, ma non oggi’. E così, forse per magia, in una settimana di prove con un cavaliere del posto, diventai bravissimo e ricordo che un giorno, mentre Barry tornava in albergo con la sua macchina, io gli corsi accanto a cavallo, senza sella, galoppando come se fossi nato per farlo…ed eravamo pazzi di gioia. Sembrava il film nel film.
Il caffè immaginario che condivido con Giulio Corso non si è ancora freddato, ma l’intervista volge al termine e una curiosità me la concedo.
D: Qual è il sogno professionale di Giulio Corso?
R: Non ho sogni ricorrenti. La mia è una generazione di disillusi, quindi a me basta continuare ad illudermi (come spesso nei sogni si può fare) che la realtà possa sempre essere a misura mia, che il lavoro (che farò) possa essere pieno d’amore folle come io so amare, che niente potrà mai andare storto, perché sono in una parte del pianeta che assomiglia al paradiso e che vivere qui è già meraviglioso.