A TU PER TU con MIMMO CUTICCHIO: oprante, puparo, cuntista
L’ultimo puparo? No, assolutamente no…il primo di una nuova generazione!
Palermo, in un freddo ma solare pomeriggio invernale.
Il cammino di avvicinamento che mi porterà dall’IBIS Hotel al Teatro dei Pupi viene interrotto da una manifestazione di protesta…una delle tante.
Teatro quel Palazzo Withaker, sede della Prefettura, da cui quella calda sera del 3 Settembre del 1982, uscì il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa per andare incontro al Suo destino, in quella Via Isidoro Carini dove ancora oggi risuonano i colpi di quei vigliacchi Kalashnikov che falciarono Lui e la giovane moglie, Emanuela Setti Carraro.
Mi sorprendo a pensare che la protesta alla quale assisto si leghi, in qualche modo, a quei cento difficili giorni in cui il Superprefetto provò a resistere a quella Mafia che, ai tempi, pareva essere appannaggio solo del Sud…della Sicilia, in particolare ma, che oggi purtroppo, sappiamo essere “bene” comune del Nord, del Centro ed anche del Sud…non solo, e ripeto…purtroppo.
Ma questa è un’altra storia e meriterebbe più di qualche fugace appunto.
Odio arrivare in ritardo e quella protesta rischia di farmi ritardare rispetto alle 15.30…orario concordato con Elisa, moglie del grandissimo Mimmo Cuticchio.
Come spinta da una mano divina, la macchina di Salvo Zappalà…patron di Sicilian Secrets e compagno curioso di mille avventure…imbocca una, due, tre stradine mai esplorate e stranamente libere da confusione concludendo la sua marcia in un provvidenziale parcheggio, proprio a ridosso di quella Via Bara all’Olivella che il grande puparo…completerò in seguito la definizione..ha eletto come suo quartier generale.
Arriviamo quasi in contemporanea con lui, di ritorno dalla canonica passeggiata con il fedele Miele, un delizioso volpino che non si sottrarrà ai miei esperti “grattini” per tutta la durata dell’incontro che, alle primissime battute, non promette niente di buono: Cuticchio, che mi richiama alla mente un moderno “Mangiafuoco” per l’imponenza fisica, lo sguardo diretto, i lunghi capelli ad incorniciare un volto in parte arricchito da una folta barba grigia, mi gela…a primo acchito… sottolineando la banalità di certe mie iniziali considerazioni.
Ce ne sarebbe a sufficienza per decidere di abbandonare il campo e battere in un’ignominiosa, ma salvifica, ritirata ma lo sguardo complice di Salvo mi dice che posso farcela, ricacciando indietro ogni tentazione di rispondere per le rime, “pizzuta” come poche e, pertanto, mi appresto – diligentemente – ad accendere il fedele registratore…amico insostituibile di tanti incontri.
Eccovi il resoconto di un pomeriggio che rimarrà indelebile nella mia memoria.
Maestro…come posso definirla? Puparo, attore o regista teatrale?
Perchè, per quei 4 o 5 che non sappiamo chi è il personaggio con il quale mi ritrovo a colloquiare in un ambiente dalle luci fioche…sulle cui pareti, quasi fossero testimoni muti del nostro incontro, ci osservano decide e decine di pupi…di tutte le fogge e grandezza, in un’atmosfera da antro della Sibilla Cumana, pronta come sono ad ascoltare l’oracolo…quel personaggio, dicevo, è Mimmo Cuticchio, classe 1948… custode di quell’arte antichissima che, definita “Opera dei pupi”, oggi è entrata a far parte, a pieno titolo, del Patrimonio orale ed immateriale dell’UNESCO.
Mah…mi ascolti attentamente. Quelle che usa Lei sono… tutte parole senza senso.
Come tradizione, può definirmi “oprante” perchè sono gestore di un Teatro dell’Opera dei Pupi…ma anche “puparo” perchè costruisco Pupi.
In passato l’oprante era il Capocomico e tale era mio padre, Don Giacomino Cuticchio.
Detto questo, può definirmi anche “cuntista” perchè narro storie epico-cavalleresche.
Già nell’800, gli appassionati…i cultori definivano così coloro che raccontavano storie.
Il “cunto” era la radio del tempo, per intenderci…era la lettura di chi conosceva le storie…era la memoria orale .
Il “cunto” lo potevano fare tutti…mentre il “cuntista” non raccontava le storie di tutti…raccontava solo le storie epico-cavalleresche, dagli antenati ai discendenti.
Basta leggere Pitrè quando racconta del Teatro dei Pupi e della storia del “cunto”, laddove intervista un “cuntista” che, per differenziare dal cantastorie, chiamerà “contastorie”, con la O…eh?
Bene, questo “contastorie” che, per il popolino, era il “cuntista”…gli dice che, per poter raccontare l’intero ciclo dei Paladini di Francia avrebbe avuto bisogno di 9 anni…facendo un “cunto” al giorno per 2 ore. Pensi, quale patrimonio orale…nulla di scritto!
Un tempo un “cuntista” era capace di fare tremila “cuntate”, ci pensa?
Oggi io, da “cuntista” quale sono, come le dicevo, posso dirle di non aver fatto più di 200 “cuntate”, in vita mia….non ho il pubblico di strada ormai, quello adatto.
Ho molti fans, molti appassionati e cultori del genere, è vero ma è diverso. Diverso il piacere dell’ascolto…del riascolto. E’ diverso, insomma.
Oggi, sono collaborato da Tania Giordano…tra gli altri
…si tratta della gentile collaboratrice che segue tutto il nostro incontro e che il Maestro trova, così, il modo di presentarmi.
E’ in gamba, davvero…perchè non dirlo? A me piace riconoscere i meriti ai miei collaboratori…a tutti!
Non è un accentratore, allora! E’ uno che ama delegare…
No, per niente. Non sono un accentratore. A me piace il lavoro di squadra .
Certo, posso essere considerato un capobranco…il trascinatore… ma certamente non sono un solista, un solitario…no, per niente. Mi piace partire, in nave, per una nuova avventura ma… non da solo.
Mi piace condividere con altri…il mio viaggio!
Questo aspetto del suo dire…ammorbidisce la sensazione iniziale che mi ha maldisposto nei confronti del Maestro Cuticchio che, a primo acchito, mi era sembrato troppo egocentrico per i miei gusti ed invece…mi appare in tutta la sua verità di uomo egocentrato ma… generoso verso gli altri.
Maestro, Lei ha respirato, sin da piccolo, la polvere dei teatrini dei Pupi e questo è avvenuto anche se suo padre non aveva una tradizione familiare alle spalle…era un “oprante” di prima generazione, insomma…
Guardi, la famiglia Cuticchio, proveniente dal Portogallo, ha sempre gravitato nel mondo delle Ferrovie. Ancora oggi, la maggior parte di loro fa il Capotreno…il Capostazione….l’impiegato nelle Ferrovie dello Stato….
Anche mio nonno Girolamo, come me…chiamato u zu Mommo (Girolamo viene, spesso, storpiato in Mimmineddu, Mimmino…tutti nomi antichi)… anche lui lavorava nel settore ed abitava in Piazza della Rivoluzione, che un tempo si chiamava Piazza della Fiera antica…la piazzetta dove arrivò Garibaldi, quando entrò a Palermo, e che da allora porta questo nome, in ricordo di un avvenimento che segnò l’inizio della rivoluzione… per l’appunto.
A quel tempo, non c’era il cinema…i ragazzini non giocavano, come oggi, con bigliardini e videogiochi: andavano a scuola e lavoravano oppure lavoravano e…basta.
Mio padre, sin da piccolo…dietro “segnalazione” di mio nonno… andò a lavorare al Teatro dei pupi di Don Achille Greco ed esattamente con i suoi figli, Alessandro ed Ermenegildo.
Il suo primo compito serio fu quello di suonare il piano a cilindro.
Era quello un teatro popolare, nel senso che ci andavano tutti ma era… un teatro colto, un teatro su cui viaggiavano i valori universali!
Insomma, per farla breve…mio nonno provò, prima, a far lavorare mio padre presso un fabbro.
Aveva solo 10 anni, eh? Mio padre ci lavorò per un breve periodo tanto più che con un altro ragazzino…Ninuzzu, stessa classe di mio padre…cioè 1917…scoprì che, fondendo il piombo, poteva realizzare teste di pupi ma poi transitò, e lì rimase tutta la vita, all’Opera dei pupi.
“La testa – come amava dire sua madre – l’aveva sempre ai pupi!!!!”
Anche se non ho avuto modo di conoscerlo Giacomo Cuticchio, intendo, mi pare di intravederlo nei lampi che illuminano lo sguardo del figlio Mimmo…fieri ed appassionati!
Un giorno, essendosi ammalato il pianista, Greco chiese a mio padre se se la sentiva di prendere il suo posto. Mio padre, quando frequentava il teatro non è che si guardava lo spettacolo tanto per guardarselo. Lo faceva per imparare…e, quindi, quando fu messo al piano non sbagliò un colpo. Greco lo prese a cuore…e, così… dai 10 ai 17 anni, nell’anno in cui i Greco si trasferirono a Roma, mio padre imparò a suonare…salì, persino sulla scena e, nell’arco di alcuni anni, si sparse la voce a Palermo che c’era sto picciutteddu che lavorava dai Greco e che era bravo. Molto bravo!
Tutti ne tessevano le lodi a piene mani. Io, stesso…avendolo osservato da vicino… non posso che tesserne le lodi. Mio padre era davvero bravo. Molti a Palermo, quando sentivano che c’era lui, currevano da ogni parte…certi di assistere a duelli epici.
Quando i Greco andarono a Roma, era il 33 o il 34, Lui non sapeva cosa fare…certo di non voler imparare un altro mestiere, però, tanto più che i Pupi s’insunnava a notti.
Per farla breve, successe che un teatrinante, che aveva il teatro qui vicino…ai Cantieri navali, quartiere Montalbo…decise di venderlo perchè non andava bene. Era poca la gente che assisteva agli spettacoli.
Bene, mio padre riuscì a comprare il tutto a rate…500 lire avanti e 500 lire ogni 15 giorni, si disse inizialmente. Poi, dal momento che ebbe successo da subito, preferì saldare il tutto prima del tempo previsto.
Quella fu la prima stagione teatrale che allestì mio padre da solo, in Via Filippo Juvara…a Palermo.
Maestro, ed arriviamo agli anni 50. Il problema dell’emigrazione, unito all’avvento della televisione, sottrae spettatori dall’Opera dei Pupi e così suo padre, con moglie e tre figli a carico, comincia a girare per la Sicilia…
Avverto, dal tono della voce, che questa immagine che richiama un errare vagabondo non piaccia al Maestro che, prendendo il respiro…infastidito, comincia a raccontarmi che… nel 42/43 a Palermo…il quartiere Brancaccio, oggi tristemente noto per fatti di mafia…dove insiste il Castello di Maredolce, per essere più precisi…allora, dicevo, Brancaccio era una borgata fuori città e dai primi anni 40 c’era il nuovo Teatrino dei Pupi di suo padre.
Nel 43 mio padre aveva sposato mia madre, sedicenne già incinta di mia sorella, la più grande di noi. La città venne bombardata e mio padre fu richiamato alle armi…la sua nave era ad Augusta.
Ci fu una licenza e venne a Palermo ma, mentre era in giro a comprare cibo, bombardarono la Ferrovia e mia madre rimase avvolta da una nuvola di polvere di quello che restava del teatrino.
Descrive l’immagine alla perfezione, il Maestro Cuticchio…come se egli stesso ne fosse stato testimone e riesce a farla rivivere anche ai presenti, come se l’avessimo vista in presa diretta…
Mio padre, tornato in mezzo a quell’infernooooooo, trovò mia madre seduta su un muretto ad aspettarlo e la portò con sé ad Augusta. Certo, di condurla… sulla nave non se ne parlava ma le trovò alloggio in una grotta, lì vicino. La prima notte, raccontava mia madre, dovette scappare perchè le cimici le saltavano dappertutto su quel pagliericcio lasciato, chissà da chi…forse da qualche pecoraio.
L’indomani arrivò mio padre e bruciò tutto ciò che era presente in quella grotta in modo da uccidere le cimici…insomma, questa è un’altra storia che andrebbe raccontata.
Ma comunque, come finiu? Mia madre stette lì per 15 giorni e mio padre, ogni giorno, le portava il rancio che riusciva a recuperare, poi un bombardamento su Augusta – durante il quale venne distrutto quello che veniva usato come aeroporto – e…si salvi chi può!!!! Scapparono tutti.
I miei ripresero la strada per Palermo ed anche qui ci sarebbe tanto da raccontare sul periglioso viaggio verso la città, durante il quale nacque la mia prima sorella, ma… faremmo notte.
Per farla breve, ritornati a Palermo, ritrovarono il teatrino, malmesso sì ma in piedi…senza che nessuno, per rispetto, avesse pensato di rubare niente così come nessuno avrebbe rubato i ferri ad un fabbro. Insomma, gli strumenti di lavoro non venivano toccati ed i Pupi ERANO uno strumento di lavoro.
Anzi, siccome c’era la porta mezza bruciata, quelli del vicinato avevano pensato di applicare delle tavole.
Dopo essere stati un po’ a Palermo…era un periodo in cui si pensava a ricostruire la città…i giovani andavano in altri posti…al Nord…in Belgio…con la classica valigia di cartone, mio padre propose a mia madre di andare via.
“Che facciamo, Pina? Andiamo anche noi?”
La risposta di mia madre fu negativa “ Ma sei pazzo? Qui ci corichiamo in mezzo ai Pupi, almeno! Lì dove ti corichi?”
Ma allora, sua madre era ancor più innamorata di suo padre dei Pupi…
“Mia madre era giovane…entusiasta. Per mio padre è stata fondamentale. Anche quando lui aveva pensato di vendersi i pupi e di aprire una trattoria, lei…che aveva conosciuto in mio padre il principe azzurro, l’uomo dei suoi sogni…”Ma sì fuodde? Tu che ti sogni i Pupi anche di notte, Tu ca m’arrispunni come fossi Orlando…ora tu stesso mi chiedi di aprire un ristorante? Per avere a che fare con gli ubriaconi? No! Non se ne parla!”
Mio padre era un timido, parlava ed abbassava gli occhi ma credo che, in fondo, facesse così perchè voleva che fosse mia madre a decidere in quel senso… senza che lui dovesse imporre niente.
Palermo era distrutta, ventrata…dicevo ed i giovani andavano via in cerca di fortuna.
I miei pensarono, allora, di recarsi dove erano rimasti i vecchi e così, caricati i Pupi su un carretto, partirono ed iniziarono la loro avventura da “camminanti”.
Mio padre divenne un “oprante camminante”…quello che oggi viene chiamato “itinerante”.
E qui il Maestro Cuticchio, con una capacità evocativa senza pari, comincia a descrivere quel mondo che trova spazio ne “L’uomo delle stelle” del Premio Oscar Peppuccio Tornatore, un mondo fatto di miseria ma anche di inventiva, di sacrificio…un mondo che non esiste più.
Ai tempi, “camminanti” erano quelle persone che andavano in giro per i paesi con su in spalla i “matapolli”…le stoffe insomma. Compravano scampoli in città, per pochi spiccioli, e poi li rivendevano nei paesi alle donne che ne facevano o vestitini per sé o pantaloncini per i picciriddi.
“Camminanti” erano, anche, coloro che giravano comprando e vendendo capelli.
Si, capelli…ha sentito bene. Non… cappelli.
Certo, i capelli lunghi avevano più valore ma anche quelli che rimanevano nelle spazzole, nei pettini non scherzavano…
Erano anche i tempi, aggiunge, di quei tizi che andavano in giro con un bastone, alla cui estremità c’era uno spillo…serviva per raccogliere i mozziconi di sigaretta per farne trinciato e rivenderlo
Questo dal 43 o giù di lì fino al 1960, circa…lui lo ricorda benissimo.
E continua
Andando per paesi, con il carretto, veniva individuato il posto dove montare il teatrino e, siccome l’operazione durava almeno 2 settimane, nel frattempo per creare aspettativa si poneva un cartello, nella piazza principale, con su scritto “Prossima apertura”.
D’estate sceglievamo i posti di montagna, d’inverno…quando c’era il fermo dei pescatori…ci fermavamo nei posti di mare. Si seguivano le stagioni, la natura…il seminato ed il raccolto. Quando una stagione teatrale era andata bene e si pensava, quindi, di tornare in quel dato paese…allora ni purtavamo solo i Pupi dappresso, lasciando le strutture altrimenti smontavamo tutte cose e via.
Maestro, mi regala un ricordo…un profumo di quei “camminamenti”?
Guardi, singolare è che noi figli siamo nati tutti in un paese diverso…a seconda di dove si era fermato il teatrino. Noi siamo 7, eh? Ricordo anche di aver seguito la scuola d’obbligo in vari paesi perchè oggi eravamo qui… domani lì.
Questo fino al 69, eh? La nostra ultima piazza, prima del rientro a Palermo e dopo esserci fermati in vari paesi della zona mare…tipo Trabia, Porticello e così via…fu Cefalù. Lo ricordo benissimo.
Avevo già 20 anni e già alcune volte, insieme ai miei fratelli, avevo sostituito papà: io ero già aiutante di scena e recitante.
Maestro, ma questo girovagare esclusivamente per la Sicilia Occidentale nasceva dal fatto che esisteva differenza tra la vostra Scuola e quella della Sicilia Orientale o cosa?
No, affatto…allora non si parlava di differenza: tutto era dettato da ragioni di rispetto. Noi non andavamo ad invadere il campo dove sapevamo che c’erano altri pupari, loro non venivano qui. Era una regola non scritta ma… osservata.
Certo, la differenza esisteva ed esiste. Una differenza di dimensioni tra i Pupi della Scuola Occidentale e quelli della Scuola Orientale c’era e c’è, tanto per cominciare ma, allora, era solo il rispetto per il lavoro altrui, per l’altrui territorio che dettava legge.
Il pubblico era, inoltre, abituato ad un determinato tipo di spettacolo…diverse dimensioni di Pupi…si… ma anche diversa recita: insomma ai palermitani non sarebbe piaciuto lo spettacolo dei Pupi siciliani così com’era quello della Scuola catanese e viceversa.
I Pupi palermitani erano e sono più vicini alla marionettistica …a Catania sono più grandi ed articolati. Ognuno, ripeto, si muoveva nel proprio territorio. La recitazione palermitana, poi, è più narrata…quella catanese più declamata, recitata ed anche la struttura del teatrino è diversa.
Ricordo che, avrò avuto 13/14 anni, e con mio padre ci trovavamo a Macchia di Giarre, in provincia di Catania, ad un Festival dei Pupi…anzi no, era proprio una Rassegna che metteva in contrapposizione i due tipi di teatri.
Da una parte quelli della Scuola catanese, capeggiati dal grande Emanuele Macrì, acese, (ricordo che c’era anche Pepe di Caltagirone) e dall’altra quelli della Scuola palermitana con mio padre in testa.
In quell’occasione Macrì portò “La morte di Orlando”…mio padre “Zuffa infernale tra i maghi Malagiggia e Tuttofuoco”. Io rimasi affascinato dai Pupi catanesi da subito e pensai che il nostro, quello palermitano, intendo…fosse un teatro “a passo ridotto” e quello catanese in “cinemascope”. Ero ragazzo, io. Ricordo che seguì un dibattito durante il quale un tale evidenziò la supremazia, secondo lui, dei Pupi catanesi…più grandi e perciò più belli di quelli palermitani.
Mio padre, giocando fuori casa, stette zitto ma ricordo che Macrì, anch’egli a buon ragione “Cavaliere” come mio padre, zittì il tale con forza “Ma senti, secunnu Tia quando incontri un uomo più piccolo di statura… sicuro ca è megghiu di uno più ranni? Appoi, senti…Orlando è sempre Orlando…o grande o nico! Chiddu ca cunta sono i valori che trasmette…la testa che ha!”
Maestro, Lei mi parlava poc’anzi dell’importanza che ha avuto sua madre nella vita di suo padre e dell’intera famiglia Cuticchio. So che è morta ormai da due anni, dopo aver seguito suo padre per ben 86 anni, e mi sovviene quel detto abusato…ma sempre attuale… che “Dietro un grande uomo ci sta sempre una grande donna”, mi racconti chi sta dietro a Mimmo Cuticchio…
Lo sguardo del Maestro si illumina di una luce particolare. Una luce che parla di Amore e di Gratitudine.
Certamente mia moglie Elisa! Lei, così come fatto da mia madre con mio padre, mi ha sempre…e continua a farlo…seguito con amore e grande professionalità. Un incontro destinico il nostro. Le racconto, mi segua.
Era il 1979. Mi trovavo a Sciacca e venne trovarmi un gruppetto di studenti universitari che aveva in mente di mettere in scena una commedia che parlava di Pupi e di Pupari, dei primi del 900 e che era stata scritta da un vecchio pescatore del luogo, con la passione per la poesia. Questi era Vincenzo Licata…conosciuto, per l’appunto, come il “poeta pescatore di Sciacca”.
La storia proposta mi piacque…raccontava di un “oprante” saccense che aveva un proprio teatrino proprio nella parte bassa dove abitavano i pescatori. Il protagonista era Don Liberto Canino la cui moglie…giovane e bella… veniva importunata dal suo aiutante di palcoscenico e che, pertanto, Don Liberto considerava un grande traditore. Il titolo della commedia era “Don Turi e Gano di Magonza”.
Accettai, entusiasta, l’invito degli studenti: lo spettacolo sarebbe stato presentato dalla compagnia “Teatro13” di Sciacca…
Fu quella l’occasione in cui incontrai Elisa, mia moglie. Era Lei che avrebbe interpretato…con grande successo, tra l’altro…la figura della moglie di Don Liberto.
Noi della compagnia “Figli d’arte Cuticchio” avremmo portato il teatrino, l’avremmo montato ed avremmo fatto “muovere” i Pupi al momento giusto, quello dell’azione, dentro il piccolo “boccascena” del palco. Insomma, a recitare avrebbero pensato loro. Gli studenti, intendo.
Io accettai, ripeto, perchè mi piacque la storia ed anche l’idea di sperimentare un nuovo modo di fare teatro, coinvolgendo anche mio fratello Guido e due miei piccoli allievi, Salvatore ed Enzuccio.
Il risultato? Grande successo, di pubblico, con il pienone per tutt’e tre le serate preventivate e largo consenso da parte della critica.
La conoscenza con Elisa non si esaurì in quell’occasione ma continuò anche a Palermo dove lei frequentava, con profitto, la Facoltà di Architettura.
Continuammo a vederci dal momento che lei veniva spesso in teatro a seguire le nostre iniziative, i nostri spettacoli…appassionata come me di Pupi e di Opera dei Pupi.
E così, piano piano…lei piacque a me, io a lei e ci innamorammo nonostante gli undici anni di differenza che intercorrono tra noi!
All’inizio, il padre che – essendo imbarcato sulle grandi navi – spesso era in giro per il mondo…protestò. Non concepiva che la figlia potesse frequentare un Puparo ma, poi, grazie all’intercessione amorevole di Nonna Sabbetta…sua madre, si convinse e, dopo il nostro matrimonio, trovò in me un altro figlio e mi seguì, con entusiasmo, nella mia attività…apprezzando i grandi sforzi che facevo per mantenere viva un’arte così antica. Un po’ come faceva lui con la pesca!
Elisa, nonostante fosse moglie e madre di un bambino di pochi mesi, riuscì a laurearsi con il massimo dei voti. Ho ancora vivo il ricordo di me, seduto in prima fila con Giacomo tra le braccia, che assisto alla discussione della sua tesi…grande emozione, grande partecipazione, grande ammirazione!
Quando, poi, fu il momento di decidere il proprio futuro professionale, Elisa non ebbe dubbi e decise di darmi una mano nell’organizzazione degli spettacoli per le scuole…per le svariate iniziative che portavano il nostro Teatro in giro per tutta Italia e per mezzo mondo in occasione del “Festival de La Macchina dei sogni”, ad esempio…Mia moglie è stata fondamentale, e continua ad esserlo, nell’organizzazione di mostre…di rassegne e quant’altro: è certamente la più brava e preparata organizzatrice delle nostre iniziative.
Devo dire che, all’inizio, una grande mano l’ebbe da mia madre…Pina Patti…che l’amò al pari delle sue figlie e le trasferì la sua esperienza a fianco di mio padre. Le raccontò di come lo avesse seguito nel suo percorso di “camminante”, di come fosse riuscita a partorire otto figli dietro le quinte di un teatro, tra i Pupi, e di come fosse riuscita a tirarli sù sani e forti! Insomma, le infuse coraggio…
Bene, oggi se il nostro Teatro è conosciuto e se io riesco a fare spettacoli, sempre più colti…raffinati e poetici…è, senza tema di smentita, grazie all’impegno intellettuale e professionale della mia Elisa. Indispensabile…non solamente utile.
Davanti a questa dichiarazione d’amore, va da sè che una romantica come me…accenni ad un cedimento ma, riavutami subito…riprendo il discorso laddove l’avevo lasciato.
Maestro, continuando sulla scia dei ricordi…suo padre ebbe la grande intuizione e merito di sdoganare il Teatro dei Pupi facendolo uscire dai confini del folklore isolano. Ciò avvenne in occasione della Sesta edizione del Festival di Spoleto…dove grandissimo successo ebbe l’Opera dei Pupi. Ci vuole regalare qualche ricordo di quel momento?
Guardi, io ai quei tempi avevo 15 anni…suonavo il pianino mentre l’aiutante preferito di mio padre era un tale Arini, bravissimo. Fu una magnifica edizione del Festival che, poi, negli anni è cresciuto in maniera esponenziale. Bene, tutti i giornali…in quell’occasione, parlarono del fascino dell’Opera dei pupi e della grande valenza sociale di questo tipo di teatro.
Pensi che dovevamo rimanere solo qualche giorno ed invece fummo invitati a restare per tutto il mese di svolgimento della manifestazione.
Un ricordo indelebile per me anche perchè segnò il mio debutto come aiutante e per me si aprì, inoltre, una finestra sul mondo. Un mondo diverso. Non era solo più il teatro dei Pupi…non era solo più Sicilia per me…conobbi la lirica, la prosa, il teatro impegnato…varie altre forme di arte…ripeto, mi si aprì un mondo nuovo. Straordinario!
So che grande attenzione aveste da personaggi del calibro di Zeffirelli, Visconti…
Come no! Io ero caruso a quei tempi, sapevo che erano personaggi importanti ma quanto lo fossero…lo capì solo dopo. Negli anni.
Menotti, ad esempio…iddu amava mangiare con mio padre “Mi piace stare a tavola con Te…sei autentico, Tu”. Mio padre era, infatti, spontaneo come tutti i siciliani e questo piaceva moltissimo.
Cuticchio è un fiume in piena…prodigo di ricordi di quel Festival e lo fa con un piglio fanciullesco…con gli occhi pieni delle meraviglia di quel mondo che vedeva per la prima volta!
Per me fu come leggere un’enciclopedia quando, al massimo, io liggeva Topolino! Bei tempi! Poi, venne… Parigi dove non recitammo in teatro ma direttamente all’Ambasciata italiana dove i giornalisti intervenuti erano direttori di testata, eh? Presenti anche tutti i Ministri che, volendo, si poteva fare una seduta di Governo…c’erano tutti, eh? E, poi, cosa dire delle tante autorità, dell’aristocrazia intervenuta? Anzi, taliassi, Le racconto un aneddoto divertente:
Mio padre, facendo saltare una testa…non la indirizzò dove doveva, sotto il palco insomma, ma ai piedi di una Principessa…e tutti sappiamo che fine ficiru i nobili durante la Rivoluzione francese! Grandi risate e grandi titoli sui giornali dell’epoca!
Maestro grande successo anche perchè raccontavate le gesta dei Paladini di Francia nella loro Patria o no?
Ma no…non gliene fregava niente, mi creda. Il mondo della cavalleria già non aveva più senso. Poi, oggi… Basta andare su un autobus e vedere cosa succede!
Valori anacronistici, dice?
Guardi, a me non interessa. Neppure dovrei rispondere a ‘sta domanda. E’ la sua mancanza di conoscenza che le fa fare ‘sta dumanna…
Se non fosse che ormai il Maestro Cuticchio mi ha conquistato e che mi senta legata indissolubilmente a quello sguardo senza fondo…mi alzerei e toglierei il disturbo ma seguito ad ascoltarlo ammirata e certa che, da quell’incontro, ne uscirò diversa e migliore.
Guardi anche in Indonesia, una volta, titolarono “I Pupi di Cuticchio vengono a fare le Crociate…” come se fosse stato quello il momento giusto, tra le bombe, per andare a fare le Crociate! Ca quali…Ho dovuto spiegare, in Conferenza stampa, che quello che portiamo in giro non è uno spettacolo politico ma culturale, storico…E’ arte, come la pittura…la scultura. E’ una lezione vivente della memoria. E’ epica…punto e basta!
Maestro, la mia non voleva essere una sottolineatura polemica, mi creda…
Ma no…sempre con ‘sta storia dei valori…finiamola. L’Opera dei Pupi è un fatto storico e culturale. Insomma, il nostro non è un teatro politico. E’ un fatto culturale…punto e basta!
Il tono di voce…lo sguardo ancora più penetrante, severo, mi dice che è il caso di una ritirata onorevole, pena una fine da Opera dei Pupi…ne sono certa!
Chiarito il suo punto di vista, che gli vieta di considera l’Opera dei Pupi portatrice, esclusiva, di valori..il viso del Maestro si rilassa ed anche il tono di voce cambia registro…si fa più morbido e conciliante così che io possa continuare nella mia intervista…
E quindi…come arriviamo ai giorni nostri?
Ora, dopo i tanti episodi simili che sono successi in Marocco, in Egitto ed in vari teatri di guerra…dove a due passi da noi…scoppiavano bombe…ho deciso di cambiare il mio modo di fare teatro. Ho pensato che fosse ora di farlo! Ma questo più di 10 anni fa, eh? Io non porto in scena più le lotte tra saraceni e cristiani…proprio per evitare strumentalizzazioni…fraintendimenti. Ad esempio ora, quando racconto dell’Orlando…tralascio le parti di battaglie e quant’altro…insomma quelle parti da Orlando “furioso”… e mi concentro su quelle più romantiche…oppure su quelle “meravigliose” tipo l’arrivo di Astolfo sulla luna oppure ancora la lotta contro i giganti prepotenti che rapiscono le fanciulle o i deboli…Ho cambiato registro, insomma.
Neppure a me interessano più le chansons des gestes…non ho più manco il pubblico tradizionale! A chi dovrei convincere…educare?
Quando lei torna sui valori universali…si vede che non ha seguito i miei spettacoli degli ultimi vent’anni (questa sarà l’ultima stoccata del Maestro…per fortuna!!!!)…io lavoro ad esempio sul femminicidio…parola oggi tanto usata ma quando, 18 anni fa, feci “Carlo Gesualdo, principe di Venosa”…nessuno ne parlava ancora!
Quindi, possiamo definire il suo… un teatro di denuncia?
Certo…di denuncia. Un teatro a sfondo sociale, politico si ma non nel senso tradizionale…insomma, io non alzo bandiere!
Il penultimo spettacolo, ad esempio, è “Aladino di tutti colori”…una favola tratta da “Le mille ed una notte” nata dalla constatazione che, andando nelle scuole, mi trovavo sempre tra bambini dalle facce di vari colori…e volevo che ‘sti bambini, che vivono qui, non tornassero a casa dicendo
“Ci ha parlato di Madonne, crocefissi e blabla” e così ho raccontato loro di Aladino che viene dall’Oriente…che proviene dalle loro parti…dove non ci sono lotte per la Fede, ad esempio. Aladino, come sappiamo, è un bambino puro di cuore e si trova a combattere con il mago cattivo sempre pronto ad approfittare della sua ingenuità.
Una favola che inneggia ai diritti del bambino, del fanciullo!
Diritti…di questo parlo oggi, io!
L’ultimo spettacolo, ad esempio, verte sulla figura di Garibaldi…e mi mostra i vari Pupi che rappresentano l’Eroe dei due mondi…Bixio…Vittorio Emanuele…e tutti gli altri che animano lo spettacolo e che sono testimoni muti della nostra chiacchierata…insieme a decine di altre facce, appartenenti a spettacoli differenti.
Vede, io racconto la Storia… cosa ca manco più si racconta nelle scuole. Racconto la Storia dell’Unità d’Italia dalla partenza di Quarto: è un’operazione storico-didattica, la mia…completa di luoghi, date…nomi e quant’altro.
E, quindi, per concludere: la mia Opera dei Pupi oggi è questa…è contemporanea, non m’interessa più quella di una volta.
Per mantenere viva la tradizione, c’è mio figlio Giacomo…32 anni…figlio d’arte autentico, cresciuto come me in mezzo ai Pupi.
Lui… vedendo che io mi allontanavo da quel mondo…museale quasi…affascinante quanto vuoi ma sempre museo è…ecco, Lui prova a resistere.
Il mio teatro è ora ad un più ampio respiro…curo molto la scenografia anche perchè, ora, frequento i grandi teatri e non posso proporre piccole scene…non funzionerebbero.
Mio figlio, invece, maestro di pianoforte, compositore ecc. , visto che io sono portato per l’innovazione, ha deciso di portare avanti la tradizione dell’Opera dei Pupi classica…quella che era di suo nonno Giacomo….di cui porta orgogliosamente il nome.
Io gli do consigli, idee…a volte salgo in scena con Lui…ma nient’altro. Fa tutto Lui.
Io, ormai, cammino su ‘sto doppio binario nel fare teatro…io mi occupo ormai di problemi che guardo con gli occhi…in presa diretta.
Maestro, da quello che vediamo…l’Opera dei Pupi gode di ottima salute, basti pensare che è stata riconosciuta bene immateriale ed orale dall’Unesco, ma secondo lei qual è il suo futuro? E’ nell’innovazione che porta avanti lei o nella tradizione che difende, a denti stretti, suo figlio Giacomo?
E’ nella mia lotta per far sopravvivere la mia passione… i miei sogni…ma è anche nell’apertura dei giovani che, oggi, sono più sensibili e curiosi.
Io vedo messi bene i giovani d’oggi, sa? Ho fiducia in loro. Facendo un passo indietro, invece, vedo qualche generazione che ha disatteso il suo compito ed ha creato quel gap che oggi invece le nuove generazioni cercano di recuperare.
Ed io sono qui per aiutarli…nell’ottica dell’innovazione.
L’Opera dei Pupi che, un tempo, è stato considerato un mondo perduto a causa dell’avvento della televisione…del cinema…è oggi, grazie all’innovazione, più viva che mai…per questo io riempio il mio teatro di più gente di quanto ne possa contenere.
Sento che sono sulla strada giusta! La gente che viene qui…viene perchè sa che Cuticchio fa l’Opera dei Pupi che ha imparato dal padre ma sa anche… che è andato oltre. Si, quindi, alla tradizione ma soprattutto…sì all’ innovazione.
In tutta Europa sono riconosciuto come l’innovatore dell’Opera dei Pupi…e mi pare che Lei, in tal senso, sia venuta sufficientemente preparata oggi. Gliene do atto mentre spesso si viene qui, ancora, con domande tipo “Signor Cuticchio, ma suo padre faceva il puparo?”…insomma, oggi siamo riusciti ad articolare. Le do merito della cosa. Ha dimostrato umiltà e curiosità di sapere. Brava!
Incasso il complimento, non credendo alle mie orecchie e continuo.
Maestro…di Lei, Ferdinando Taviani ha detto, tra le altre cose, “Cuticchio non è un baule di Beni Culturali, è un bene culturale vivente”. Bellissima ma anche impegnativa come definizione…no? Come la vive? Più onore o onere?
Ma guardi. Cuticchio non è colui che continua…Cuticchio è colui che ha iniziato. E’ diverso. Guardi, se le facessi leggere i tanti ritagli di giornale di quando avevo 25/26/27 anni, tutti a dire “L’ultimo puparo…l’ultimo puparo!” Ma u vuliti finire? Io sono il primo di una nuova generazione…basta con ‘sta camurria!
Ora,poi, c’è un piccolo vivaio e la tradizione continua…a braccetto con l’innovazione.
Maestro, di recente, la Fondazione del Banco di Sicilia…per volontà del suo Presidente Gianni Puglisi, tra l’altro referente UNESCO Italia, ha acquistato la collezione dei Pupi della sua famiglia, dandole un’ottima collocazione tra i suggestivi spazi lignei dell’Ex Monte dei Pegni Santa Rosalia sito a Palazzo Branciforti…un’ ulteriore dimostrazione di interesse per questo particolare ed antico teatro di figura che unisce semplicità della comunicazione con la complessa lavorazione artigianale…
Guardi, mia mamma è morta due anni fa, ad aprile. Finchè padre e madre sunu vivi, fanno in modo di mantenere le radici della famiglia ben solide. Poi, di 7 figli che siamo solo due siamo interessati…gli altri 5 fanno altro.
Non essendo una famiglia ricca, quello che rimaneva di valore erano i Pupi…io non avevo interesse ad acquistarli dal momento che ho i miei (trecento tradizionali, che vanno dall’800 ai giorni nostri, più 400 che ho creato, dal 73 in poi, per i miei nuovi spettacoli) quindi, se lei dovesse fare un giro a casa mia, troverebbe Pupi appizzati dappertutto… anche sutta u letto ed in cucina, persino!
Ride di gusto, il Maestro Cuticchio ed io con lui…la tensione, che mi ha accompagnata per tutta la durata dell’intervista, sparisce del tutto…lasciando spazio ad una sana e calda complicità.
Sono talmente tanti che abbiamo pensato di lasciarne qualcuno qui, nel laboratorio, a prendere aria così che i ragazzi, prima di accedere a teatro, possano vederli…sentire la loro storia dalla nostra viva voce. Qui, abbiamo creato una sorta di sala espositiva, sempre in movimento.
Tornando alla questione della vendita della collezione storica dei Pupi della famiglia Cuticchio:
Chi diceva…”Dividiamoli”…Chi “Vendiamoli”. Io e mio fratello non eravamo d’accordo…però io, siccome guardo avanti non con i paraocchi…ho pensato”Noi ci semu! Ma quanto putemu campari? E quando io moro…i Pupi che fine faranno?”
Un patrimonio che si sarebbe disperso, non c’è dubbio. Magari… non nel corso di questa generazione, ma alla prossima…alla prossima ancora, certamente.
Da qui, l’idea di venderli in blocco ma non ad un Museo statico…volevo qualcosa di diverso per i miei Pupi, qualcosa di vivo. Come loro!
Mi sarebbe piaciuto, anche in onore alla memoria di mio padre, che adorava quella città…che andassero a dimora a Parigi. Lì c’è un palazzetto dove sono conservati personaggi…capolavori del teatro di figura. Un posto magnifico, una sorta di fortezza. Il neo? Che le collezioni sono appannaggio solo degli studiosi…insomma non sono fruibili al pubblico e ‘sta cosa non mi piacque.
Ci fecero un’ottima offerta ma io prendevo tempo finchè un bel giorno mi trovai a parlare con Puglisi, Presidente Unesco d’Italia… che ebbe l’idea di ridare nuova vita all’Ex Monte di Pietà, come diceva Lei. Uno spazio magnifico, suggestivo ma carente di un tesoro…vuoto, insomma. Si propose di acquistare la collezione e voilà…per un prezzo equo per i tempi ca currunu, abbiamo venduto la collezione di Pupi.
Lì ho sistemati, io stesso, in metà dell’intero spazio espositivo. Il progetto, però, non è ultimato…quello delle luci è “work in progress” perchè attendiamo lo “sta bene” della Soprintendenza. Al momento i miei Pupi sono un po’ al buio ma quando tutto sarà ultimato, quella che li illuminerà sarà la luce della mia infanzia…quella suggestiva dei lumi a petrolio.Voglio che la luce sia quella. Quella mostra è un racconto della mia infanzia, della mia famiglia, della mia vita con i Pupi!
E mentre, una smorfia impercettibile del viso, mi dice che il Maestro…così sicuro di sé…abbia toccato un tasto che gli ha fatto vibrare le corde più profonde dell’anima…mi avvio a concludere l’intervista con l’ultima domanda.
Maestro, siamo in chiusura…un Pupo è qualcosa di diverso, e più complesso, di una marionetta. Il grande Pirandello ne “Il berretto a sonagli” fa dire al protagonista “Pupi siamo. Lo spirito divino entra in noi e si fa pupo. Pupo io, pupo Lei, pupi tutti!”…
Tra tutti i pupi ai quali ha dato vita, a quale si sente più vicino? Quale si avvicina di più al suo… spirito divino?
Guardi, la grandezza di mio padre consisteva nel fatto che non parteggiava, sul palco, per nessuno dei suoi Pupi…non era né pubblico accusatore né avvocato difensore.
E così, anche io! Sono Gano di Magonza, il traditore… ma anche Orlando, l’onesto o, ancora… il ribelle Rinaldo….a seconda dei casi. Sul palco non parteggio per nessuno. E’ giusto così…ogni personaggio è a sé…ha una sua dignità, un suo perchè!
Poi di nascosto, certo…ho le mie preferenze. Ad esempio, ai Pupi seriosi….che sono la maggior parte…preferisco quelli spiritosi come Astolfo o il saraceno Ferraù ma, ripeto, è una debolezza per loro che non porto sul palcoscenico. E’ giusto che sia così, Giacomo Cuticchio…mio padre docet!
Ed ora mi faccia tornare a travagghiari…
A fine intervista, anche Miele…che per tutto il tempo…ha elemosinato carezze ed attenzioni, si acquieta ed io e Salvo, dopo aver salutato grati, rifacciamo a ritroso Via Bara all’Olivella e, come ci succede sempre dopo un’intervista che ci ha fatto crescere culturalmente ed umanamente, non diciamo nulla, coscienti del privilegio vissuto.
Il silenzio, in casi come questo, dice più di mille parole.
Il silenzio, in questo caso, è d’obbligo…grazie, Maestro Cuticchio e ad majora semper!
Silvia Ventimiglia, lì 9 marzo 2016