A TU PER TU CON TOTO’ SCHILLACI, PROTAGONISTA DI “ITALIA ’90”

 

Totò Schillaci
Fonte: fourfourtwo.com

LA TESTA NEL…PALLONE!

Arrivo al Centro sportivo “Luis Ribolla” con una mezz’ora di anticipo rispetto all’appuntamento… giusto per prendere le misure e stemperare quell’emozione che, ne sono certa, mi renderà meno lucida del solito.

Incontrare il personaggio di questa mia nuova intervista, ha avuto – già nel momento stesso che mi è stata confermata – il potere di trasportarmi indietro nel tempo, a quei Mondiali di calcio, svoltisi a Roma, nel 1990 di cui Lui…Totò Schillaci…è stato protagonista assoluto.

Il fatto che la nostra Nazionale, arrivata terza (vincendo contro l’Inghilterra) alle spalle di Germania Ovest (che, tre mesi dopo, vedrà la riunificazione con la Germania dell’Est) ed Argentina, non riuscì ad agganciare il risultato ottenuto nel mitico campionato dell’82 nulla toglie all’emozione di quei ricordi: Totò Schillaci è riuscito a regalare agli italiani un sogno…quello di un ragazzo che – nato in periferia – trova riscatto in una sfera di cuoio e si consacra “eroe” nazionale. Da qui la grande impennata del numero di ragazzini che, allora, si iscrissero nelle scuole di calcio di tutto il Paese.

Quei 30 minuti, comodamente seduta ad un tavolino del bar del centro sportivo, riscaldata da un sole che ormai la fa da padrone dopo una notte di forti piogge, fuori stagione, mi agevolano nel ricordo. Che, va da sé, nel mio caso è legato alla figura di mia mamma che, nonostante l’età ed i tanti affanni della vita, al momento dei Mondiali…sempre stato così…riusciva a dimenticare preoccupazioni e a non sentire il peso dell’età e si trasformava in accanita tifosa.

Quel ragazzo, dagli occhi “spirdati”, ricordo proprio che li definiva così, per indicare quello stupore che vi si leggeva ogni qualvolta segnasse o che fosse vittima di un errore arbitrale, Le avevano rubato il cuore.

Con la mente rivado a quel pomeriggio in cui, al debutto della squadra ed in assenza di una qualsiasi mossa che potesse sbloccare il risultato, verso la fine (saprò, nel corso dell’intervista, essere il settantesimo minuto), Vicini – indimenticato all’allenatore di quelle “notti magiche” – chiamò dalla panchina il palermitano Totò Schillaci.

Quello di cui fu capace il mingherlino calciatore siciliano appartiene alla storia del calcio mondiale. Quel pomeriggio temetti che il cuore di quella mia tifosissima mamma non reggesse, tanta l’emozione… ed invece morì nel 2006 giusto l’anno (senza poterVi assistere per pochi mesi) in cui l’Italia tornò sul podio più alto. Ma così è…

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Fonte: pinterest.com

 

La nitidezza del ricordo, mi fa provare tutta l’ansia che accompagnava il possesso di palla di Schillaci e la gioia incontenibile che esplodeva ad ogni goal e… ne fece tanti il nostro Totò in quei Mondiali, ben sei!

“Figghiu beddu, che Dio Ti benedica!”: questo era ciò che mamma gridava, unendo la passione calcistica ad un sentimento che appartiene a tutte le mamme del mondo.

Mentre sono persa in sensazioni ancora giovani, nonostante siano passati ben 25 anni (rifletto essere esattamente lo stesso arco di tempo passato da quando un altro Totò…il protagonista di “Nuovo Cinema Paradiso”… agevolò la corsa alla vittoria dell’Oscar del capolavoro di Peppuccio Tornatore)…ecco che arriva su due ruote (su un “motore” come lo chiamerà Lui stesso) una coppia giovane e dall’abbigliamento moderno e colorato: sono i coniugi Schillaci. Lui in abbigliamento sportivo con berretto “bombato”con visiera, come quelli in uso negli anni ’50 ed occhiali scuri, Lei…di una bellezza mozzafiato con lunghi e lisci capelli biondi.

L’approccio è schietto e franco, sin dalla primissima stretta di mano. Chissà perchè non avevo nutrito alcun dubbio!

Ci sediamo e voilà…premo rec al registratore.

Questo il resoconto di una mattinata che resterà indelebile nel ricordo che ne conserverò.

Totò, Tu sei classe 1964 e nasci in un quartiere popolare di Palermo, San Giovanni Apostolo…

Si, in uno dei vicoli del Capo…in Via della Sfera. Pensa…proprio in Via della Sfera (sorride)

Il pallone, insomma, era nel mio destino.

A 5 anni mi sono trasferito al CEP…sai, mio nonno, mio padre entrarono in possesso di una casa popolare… e lì sono rimasto fino ai 17 anni.

Ma per Te…il pallone, Totò, è stato puro divertimento o mezzo di riscatto?

A me piaceva giocare al pallone. Non mi piaceva, invece, andare a scuola…facevo finta di andare a scuola.

Pensa, sono arrivato solo fino alla seconda media…la mia passione vera era il calcio.

Allora, però, non c’erano scuole che Ti insegnassero…giocavo per strada, al CEP ripeto.

Mettevamo due pietre a delineare la porta e via….giocavamo – piccoli e meno piccoli – in palio 5000 lire.

Poi, verso gli 11 anni, e fino ai 17, ho cominciato a giocare sul serio in questo Centro sportivo che oggi è mio.

La squadra si chiamava AMAT e nel contempo lavoravo con mio nonno e mio padre.

Ho cominciato a vincere tutto quello che si poteva vincere, tornei…premi come miglior giocatore…come capocannoniere…tutto!

Quel periodo per me, come del resto tutta la mia infanzia, è stato molto bello.

Totò, il quartiere in cui hai vissuto da ragazzo è un quartiere a rischio…quanti compagni hai lasciato per la strada…amici che magari si sono persi non trovando un loro riscatto, come hai fatto Tu?

Ci sono stati, certo! Ma io non li ho seguiti, ho sempre avuto la testa sulle spalle. Alcuni hanno preso una brutta strada, altri non ci sono più ma… come capita in molti quartieri popolari, eh?

Io, poi, a 17 anni sono andato via…destinazione Messina. Ma il ricordo del quartiere mi ha aiutato a crescere.

Comunque sia, il mio obiettivo era lavorare e giocare a calcio. E questo ho fatto… anche perchè i miei genitori non mi hanno mai fatto mancare nulla e ho potuto dedicarmi alla mia passione con animo sereno, vivendo secondo i miei valori.

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Fonte : balazos.blogspot.com

 

Valori trasmessi dalla famiglia ma anche quelli che sono proprio i valori dello sport, no?

Certo, mio padre essendo calciatore amatoriale, ha trasmesso a me questa passione…mi è stato amico, mi ha accompagnato dappertutto ed è stato il primo a capire che avevo delle doti per andare avanti.

Mio padre, che faceva l’ operaio, ha cercato sempre di mantenermi anche economicamente.

Altri genitori magari hanno poca fiducia nei figli, li ostacolano addirittura. Mio padre, no. Lui mi ha seguito ed agevolato.

Da allora sono passati 35 anni. Oggi esistono le scuole di calcio, c’è la possibilità di fare emergere il talento di qualche ragazzo…allora era difficile. Se non fosse stato per mio padre, oggi non sarei qui.

Famiglia di estrazione operaia e, quindi, presumo pochi soldi e nonostante ciò, dicevi, non Ti hanno mai fatto mancare nulla. Ma raccontami, con i primi soldi che hai guadagnato…cosa hai fatto? Regali ai Tuoi genitori…Ti sei passato qualche capriccio? Cosa?

Guarda, nei primi anni a Messina, militando in C2, la prima cosa che feci mi comprai una macchina. Lo stipendio non era altissimo ma, comunque… un ragazzo che, a quasi 18 anni, guadagna 3 milioni al mese…erano soldi, insomma: avevo firmato, pensa, un contratto di 100 milioni per 3 anni.

Poi mi sono trasferito, ho cominciato a guadagnare di più…mi è sempre sembrato normale aiutare i miei genitori.

Totò, il Tuo atteggiamento rispetto al quartiere in cui sei nato, alla Tua città…è cambiato dopo che hai avuto successo?

Non abito più lì…solo i miei genitori sono rimasti lì, per scelta.

Il quartiere, la gente che abitava lì non è più la stessa però, ovviamente, e quando vado lì e rivedo il grande piazzale al centro, la mente va a quando, bambino, giocavo lì e tornavo a casa tutto sporco e sudato.

Ma quando giocavi, in quel piazzale, sognavi di arrivare a tanto?

No, quando sei piccolo giochi solo perchè Ti piace. Senza pensare al futuro. Sei soddisfatto di quello che fai e basta. Quello che è successo dopo, non era nelle mie aspettative.

Poi, quando ci fu il trasferimento dalla squadra dell’AMAT al Messina, insomma quando mi sono reso conto che ero diventato calciatore professionista, ho pensato che fosse giusto impegnarsi e procedere per obiettivi ma… mai avrei pensato di arrivare dove sono arrivato. Mai, credimi.

Ricordo a me stessa che era il 1989 e Schillaci, quell’anno, fu capocannoniere…

Che periodo è stato quello vissuto a Messina?

Quando sono arrivato a Messina avevo 17 anni e mezzo: era il 1982, e vi sono arrivato insieme a Mancuso, mio compagno di squadra all’AMAT. Ricordo che avevamo una stanza nella casa di una vecchietta che ci accudiva come una mamma.

Messina è stata importantissima per me sia calcisticamente che umanamente. E’ una città che mi ha adottato, la gente mi acclamava…mi consideravano un leader.

Qual è il Tuo rapporto con il successo, Totò?

Guarda, a me il successo piace!

Mi piace che ancora mi si cerchi per interviste, come hai fatto Tu…che mi si chiedano autografi e quant’altro. Aderiscono molto volentieri, credimi!

Sarebbe brutto per me se la gente mi dimenticasse ma ancora si ricorda, per fotuna, e mi vuol bene e mi sa che durerà ancora a lungo: a tutt’oggi, ovunque vada, sono grandi manifestazioni d’affetto da parte di tutti.

Mi fa piacere anche che, quei giovani che – nel 1990 – ancora non erano nati, grazie alla televisione hanno imparato a conoscermi attraverso le immagini di quella splendida avventura calcistica e mi facciano feste e mi chiedano autografi. Bellissimo!

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Fonte: blogspot.com

 

Torniamo ai Tuoi trascorsi professionali…dopo il Messina, e dopo 7 campionati tra B e C, lasci l’isola essendo stato acquistato dalla Juve…giusto? Si parlò, allora, di un ingaggio di 7 miliardi…tantissimi soldi, per quei tempi. Credo che abbia rappresentato un grande salto di qualità ed allora mi chiedo: per un ragazzo del Sud, figlio di operai, cosa ha rappresentato? Quali i sentimenti provati?

Guarda, quando ci fu il trasferimento a Torino, per indossare la maglia della mia squadra del cuore…che dire? Tantissima paura…paura di sbagliare, naturalmente, terrore…emozione a mille per via dell’affezione ai colori. In definitiva, però, un sogno che si realizzava.

Ricordo, però, tantissima ansia…tantissima responsabilità. Sentivo il fiato sul collo.

L’impatto è stato forte. Poi, piano piano…strada facendo è aumentata l’autostima, sono diventato più sicuro, piu’ forte…mi dicevo che per me era una chance importantissima ed i risultati hanno cominciato a darmi ragione.

Più talento o più mestiere, Totò?

Guarda, considerarlo un mestiere è fondamentale. Affidarsi solo al talento è sbagliato, secondo me. Bisogna lavorare molto e con molta umiltà. E’ difficilissimo arrivare ma altrettanto facile cadere. Mi sono imposto disciplina anche nello stile di vita e, certo, poi quando ho cominciato a segnare…l’ansia si è stemperata.

In quel periodo con quali compagni di squadra hai legato?

Con Stefano Tacconi ho sempre avuto un rapporto di fratellanza ma… un po’ con tutti, onestamente. Sono, tra l’altro, uno che si fa voler bene…va d’accordo con tutti.

Come tutti i buoni siciliani soprattutto al Nord, vero? A me sembrano chiacchiere, pilotate ad arte, quelle che parlano di un razzismo sotterraneo nei confronti dei siciliani. Forse solo a livello politico…che dici?

Guarda, spesso, sono stato oggetto di contestazioni e sfottò (mafioso…terrone…) ma, nel calcio, ci sta. Certo me ne hanno dette tante dagli spalti ma non per il fatto di essere siciliano. Certo che no!

A ‘sto punto, mi ricordo di certi episodi ricollegabili al Suo carattere fumantino e trasferisco a Totò il mio ricordo…
Certo, davanti all’ingiustizia…non mi sto calmo ma, onestamente, non mi piace litigare.

Ma com’è questo mondo del calcio? L’ambiente è difficile, come dicono?

Certo! Soprattutto il rapporto con la stampa che tiene in mano le redini del Tuo destino: può portarTi in alto o, al contrario, farTi precipitare in basso.

L’importante è mantenere la calma ed accettare elogi e critiche, nella stessa misura.

Non sempre è facile, chiaramente.

Totò, mi racconti qual è stato il Tuo sentire quando sei entrato in campo alla partita inaugurale di Italia ’90?

L’immagine, mentre gli pongo la domanda, è quella di Russell Crowe ne “Il Gladiatore” quando fa ingresso nell’arena, incitato dalla folla…

Intanto, guarda…io non mi aspettavo di giocare. Sono stato l’ultimo giocatore ad essere convocato. Un sogno realizzato era stato, per me, già essere ammesso nella rosa dei 22 giocatori, io che – in un anno – ero passato dal Messina alla Juve ed infine alla Nazionale.

L’ho considerato una sorta di premio.

Era importante essere considerato tra i 22 migliori giocatori italiani ma di entrare in campo, onestamente, non pensavo proprio. Pensavo di rimanere in tribuna.

A chi l’hai comunicato per primo?

A miei genitori. Troppo grande la felicità di essere convocato ai Mondiali e per giunta per un Campionato del Mondo che si svolgeva in Italia…”a casa”, per non comunicare la notizia alle persone a me più vicine!

Ripeto, trovandomi in mezzo a grandissimi giocatori, ero convinto che sarei rimasto in tribuna. Ed invece, durante gli allenamenti…la preparazione atletica che comunque si fa…mi misi in evidenza e così dalla tribuna passai in panchina, riserva di Andrea Carnevale.

Poi, Vicini mi ha dato la possibilità di debuttare in Italia/Austria…il risultato non si sbloccava…eravamo al settantesimo minuto…dopo 4 minuti esatti andavo in rete su cross di Gianluca Vialli.

Seguo il filo dei ricordi, risento persino il commentatore annunciare l’ingresso in campo del nostro Totò…

Ma come si fa a gestire un’emozione del genere?

Semplice, normale…basta non pensare. Dall’esterno, magari è diverso. Segnare ai Mondiali è un evento eccezionale, certo, ma io sono un attaccante…quello dovevo fare e quello ho fatto.

E’ il goal che inseguo.

Certo, passare in un anno – ripeto – dal Messina alla Juve approdando in Nazionale e per giunta vincere una partita su goal Tuo…è stato un sogno. Fantastico!

Però, che dirTi? Dall’indomani già pensavo alla partita successiva.

Una favola, consentimi!

Una favola si, ero in forma in quel periodo e poi, certamente, la mia vita calcistica doveva andare così. Era scritto.

Destino?

Hai chances di cui deve approfittare. E’ il classico treno che passa e su cui devi salire.

Ringraziando il Signore e la mia testardaggine, ho pensato che dovevo dare il meglio di me in quell’occasione e così è stato!

Certo, rispetto agli altri giocatori, non avevo l’ansia da prestazione…non dovevo dimostrare niente a nessuno. Venivo dalla B ed allora… Per gli altri giocatori in campo era diverso.

Io non avevo niente da perdere e questo mi permetteva massima concentrazione in campo.

Vialli, Serena…essendo grandi giocatori…erano lì a dover dimostrare di essere all’altezza della loro fama.

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Fonte : Pianetadonna.it

 

Quanto conta l’incoscienza?

Tanto, tantissimo!

E quanto ha giocato, nella Tua testardaggine, l’essere siciliano?

Ma guarda, a quei tempi, da noi…non c’erano scuole e vivai come Ti dicevo. Esisteva solo la squadra della città e quella non faceva giocare i giovani, ma solo i calciatori collaudati.

Grandissima soddisfazione, quindi, portare alta la bandiera della Sicilia in quell’occasione.

Io, poi, ho anche vinto la classifica dei Capocannonieri (con ben 6 reti) e fui eletto “Miglior giocatore” del Campionato…

Aggiungo io che in quello stesso anno, fu secondo, alle spalle di Lothar Matthaus nella classifica del “Pallone d’oro”…

Ho vinto poco nella mia vita calcistica ma, onestamente, ho vinto tutto quello che di importante potevo vincere e l’ho fatto, tra l’altro, in un arco ristretto di tempo. Solo in circa tre anni. Cose che altri hanno raggiunto, se le hanno raggiunte, in molto più tempo.

E dopo quell’esperienza, come è andata avanti la Tua carriera?

Ho giocato altri due anni nella Juve e poi mi sono trasferito a Milano, andando a giocare nell’Inter.

Da profana, Totò…mi dicevi che la Tua squadra del cuore era ed è la Juve. Ecco, quanto incide su un giocatore professionista indossare la maglia della propria squadra. Insomma, all’Inter pensi di aver dato tanto quanto alla Juve?

A livello professionistico, non conta la maglia.

All’Inter, purtroppo, non ho potuto dare tanto quanto dato alla Juve solo perchè fu un periodo di infortuni. Sono stati due anni di calvario.

Dopo i Mondiali, ho avuto un periodo di infortuni e ritardi…sia nella Juve che nell’Inter, purtroppo.

Poi il trasferimento in Giappone, giusto?

Si, ci fu la richiesta da parte di questa squadra giapponese…io avevo 30 anni…ero a fine carriera…mi affascinava l’idea di andare in un posto così lontano.

Tra l’altro sono stato il primo giocatore italiano ad andare a giocare all’estero.

Accolto alla grande…enormi soddisfazioni e non solo sul piano economico.

Sono molto legato al Giappone, quando posso vado. Ho lasciato tanti amici, lì. Bellissimo periodo che è durato 4 anni. Grande entusiasmo…posti nuovi, bella gente.

Rientrato a Palermo, nel 2000, acquisti e ristrutturi questo Centro sportivo che porta il nome di Luis Ribolla dove, come dicevi, Ti sei formato da ragazzino.

Si, il mio scopo era offrire un luogo dove far crescere i ragazzi. Mi piacerebbe riuscire a far emergere qualcuno.

Ma intravedi, tra questi 300 bambini, un nuovo Totò Schillaci?

Guarda, ci sono tanti ragazzi che amano giocare a calcio e lo fanno con entusiasmo ma tecnicamente ancora siamo lontani. Noi proviamo a dare le basi…spetterà a loro poi avere costanza, perseveranza e metterci tanto impegno.

Totò…questa terra è maligna, come dice il Tuo omonimo… protagonista del capolavoro di Tornatore E’ vero che solo “chi nesci arrinesce”?

Secondo me, Palermo..la Sicilia… sono meravigliosi. Ospitali, amati ma… abituati a subire, a non protestare. Il lavoro è la vera piaga.

Ho voluto, fermamente, ritornare a vivere qui ma, spesso, sono costretto a spostarmi: siamo periferici, c’è poco da fare!

Totò, basta fare un giro sulla rete e…tante critiche, tantissime le falsità scritte.

A me interessa solo che, andando in giro per il mondo, la gente mi acclami e mi voglia bene. Del resto non m’importa.

Si parla, a sproposito, di una mia vita sentimentale burrascosa ma tengo a sottolineare che non è mai stata da gossip.

Non credo di essere l’unico ad avere un’ ex moglie, un’ex compagna ed un’attuale nuova moglie. Tengo a sottolineare, anche, che ora sono felice…perchè tranquillo!.Perchè per me felicità e tranquillità vanno a braccetto.

Fonte: gds.it

 

In conclusione, Totò, qual è il motto che guida la Tua vita?

Vivi e lascia vivere! (Sorride divertito)

Se Totò volesse augurare qualcosa a Totò, cosa Gli direbbe?

Gli augurerei di essere ricordato il più a lungo possibile!

L’intervista si perfeziona con le presentazioni ed i saluti alla signora Schillaci e all’artefice primo del successo di Totò, il Suo amatissimo padre.

Riprendo la strada del ritorno in albergo e dall’alto del Viale Leonardo da Vinci, dove ha sede il Campo sportivo, raggiungo l’albergo Ibis Styles che si trova proprio di fronte al porto.

Che si tratti di chilometri e chilometri che macino a piedi e a passo di marcia, me lo dice il tempo passato e la stanchezza che avverto non appena arrivo in albergo.

Un tragitto di cui non ricordo né quello che ho visto, strada facendo, né quello che ho pensato…immersa come sono stata in quel colloquio intimo riannodato con mia madre, immersa nell’atmosfera ovattata del soggiorno di casa nostra.

Complici ed unite nel tifare…Forza Totòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòò!

Alla prossima!

Silvia Ventimiglia 9 giugno 2015

P.S. Strane le coincidenze. Proprio nel momento che perfeziono al computer questa intervista, in televisione, viene ricordato quel 9 giugno del 1990, giorno in cui l’Italia debuttò ai Mondiali di Roma. Notti magiche, cantano la Nannini e Bennato …come dar Loro torto!

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