Concorso letterario “Racconti di donne” 2° Classificato
E’ Anna Maria Costarella la seconda classificata al concorso organizzato dall’Associazione culturale AciGaia con il patrocinio del Comune di Acireale. Di seguito il testo del racconto…buona lettura!
PEZZETTINI DI CARTA
Vivo in una mansarda al dodicesimo piano e dalla finestra vedo i tetti della città e lasera posso contare tutte le stelle.
E’ notte, nel silenzio aspetto il sonno tra le lenzuola. I muscoli del viso sono irrigiditi per tenere gli occhi chiusi, per non guardare il buio. Il sonno non arriva, pensieri affollano la mente. La notte si fa lunga e sono stanca di rigirarmi fino all’alba, così mi alzo a scrivere, a confidare alle pagine bianche il mio disagio esistenziale.
Scrivo storie, racconti brevi su quello che accade nella quotidianità. Scrivo i miei ricordi. Scrivo le angosce e i pensieri che non sono articolati con la voce e rimangono annidati silenti dentro me. Non scrivo nè parlo mai di sesso da quando mi hanno tolto con violenza la mia innocenza.
Il mio corpo è stato offeso e la mia mente ferita. Non ho mai osato parlarne con nessuno. Tanta la vergogna! Scrivo e poi strappo le pagine in mille pezzettini per cancellare ogni memoria, come Penelope e la sua tela. E i pezzettini di carta li conservo chiusi dentro una scatola. Pensieri e silenzi si ritmano sul pentagramma dei ricordi, terrificanti, e lungo gli inestricabili labirinti della mente; figure lontane e contorte si aggrovigliano e si sciolgono per trovare una via d’uscita che non trovano, sbattendo sempre contro un muro.
Da bambina, rapita dalle favole, sognavo il cavaliere armato che avrebbe dovuto fendere con la sua spada ogni male e mi avrebbe protetta e amata. Ma la spada l’ha sguainata contro di me. Non è il dolore che mi spaventa, mi sento affogare in un mare irruente, la mia vita è cambiata, percepisco tenebre attorno senza speranze di orizzonti.
Quante volte il ricordo di tempi sereni e pieni di vigore torna ad affacciarsi alla mente. Desideravo cambiare identità, scappare lontano ma non trovavo il coraggio. È dura la realtà quando si vive da soli, coltivo la solitudine nella mia delusione. Ogni volta che si presentava “qualcuno” rabbrividivo al solo pensiero. Il battito del cuore accelerava, le gambe tremavano a contatto l’una con l’altra e stringevo le mie braccia conserte nel tentativo disperato di difendere il mio corpo improvvisamente rattrappito. Vacillavo e mi sentivo sull’orlo di un baratro. Il mondo mi cascava addosso.
Col tempo ho cercato di essere più dura ma sono diventata un’anima fragile. Penso se ci sia una ragione per vivere, o forse è la vita stessa che mette sull’oblio per cancellare. Ogni giorno faccio gli stessi gesti, cammino, lavoro, leggo e … scrivo. Scrivo articoli e tengo una corrispondenza per un giornale femminile, mi pagano abbastanza per sopravvivere. Articoli letti da donne annoiate o stanche della giornata.
Scrivo articoli leggeri, gioco molto bene con le parole, leggendoli lasciano quasi il niente. Trascrivo diete per far contente, per qualche giorno, le più ansiose e mi limito nel possibile a dare qualche consiglio. Rispondo sul giornale ai problemi comuni delle donne, per dare un conforto momentaneo. A volte tra le righe delle lettere leggo problemi seri a cui non posso rispondere sul giornale.
Mi firmo Dolores da quando ho avuto “l’inconveniente” ma il mio vero nome è Elide, da Helios, datomi come augurio per una vita solare. Ogni giorno vedo la città che si sveglia e si addormenta. Vedo la gente che ama la vita ed è felice. Ma non vedo un appiglio che mi prometta salvezza. Il mio riflesso sullo specchio mostra una perdente, mi sento sconfitta come in un ring: ferma e zitta in un angolo del mondo. E mi domando, dove è finita la mia dignità.
Desidero essere viva, capace di abbattere quel muro che mi tiene bloccata.
E di fronte al vissuto, lascio il tempo scorrere lento e insofferente, nell’attesa che accada qualcosa di straordinario che venga a trasformare in modo radicale la mia esistenza, rompendo finalmente la monotonia e la vacuità della mia quotidianità. Un giorno mentre rientravo a casa fui coinvolta in una manifestazione femminile. Donne di tutte le età, di colore, vestite con sari colorati, davano voce ai loro diritti.
Tenevano cartelloni e striscioni con scritte a caratteri cubitali: “Diritto alle donne”, “Non calpestate le donne”, “Rispetto alla dignità umana”. Alcune donne tenevano in mano delle candele accese per ricordare le vittime delle violenze. Sembrava una manifestazione che rifletteva il mio stato d’animo. Fui coinvolta. Con una candela in mano iniziai a sfilare insieme alle altre. Ogni tanto gridavano “diritto alle donne”, la mia voce stentava ad uscire, ma dentro gridavo all’unisono. Quando arrivammo nella piazza centrale il corteo si sciolse lasciando il vuoto, il silenzio e l’odore delle candele spente.
Camminando nel dedalo dei vicoli per rincasare, mi sentivo sollevata, più forte, tenevo ancora tra le mani la candela spenta, strumento di solidarietà, di comprensione umana. Ma capeggiava un vuoto dentro me. Volevo far valere la mia voce.
Dopo qualche giorno, per il mio compleanno, ricevetti un biglietto augurale da mia sorella più piccola, un calligramma, una spirale dove aveva trascritto alcuni versi di una “TI AUGURO TEMPO! Non ti auguro un dono qualsiasi, ti auguro soltanto quello che i più non hanno. Ti auguro tempo per divertirti e ridere, (…) non solo per te stessa, ma anche per donarlo agli altri. (…) tempo per stupirti e tempo per fidarti (…) Ti auguro tempo per toccare le stelle (…) Ti auguro tempo per sperare e per amare. (…) Ti auguro avere tempo, per la vita!”
Le frasi di quella poesia rapirono la mia mente, leggevo e rileggevo. Riflettevo sul senso della vita. Quelle frasi mi rimbombavano in testa, “trovare te stessa”, “per sperare e per amare”, “per la vita”. Aveva forse capito? Sapeva della mia “sventura”?
I versi m’incantarono. Volevo ricominciare la mia vita perché avevo perduto la vanità di dipingermi peggiore di quel che ero. E, come mettere un piede davanti all’altro e lasciarsi portare, ho diradato i ricordi riempiendoli di immagini reali.
Dalla manifestazione fatta dalle donne ho capito che non ero la sola ad avere subito violenze, molte donne nascondono la brutale sorte per vergogna. Pensavo quale poteva essere la soluzione per “ripartire”, per costruire un domani migliore, trovare un punto d’intesa per un dialogo aperto.
Allora nel computer aprì una scheda del browser e collegandomi a facebook instaurai una corrispondenza istantanea con le donne che avevano subito minacce.
La mattina appena svegliata guardavo i messaggi. I primi giorni erano pochi, ma col passare del tempo lievitavano e ognuno raccontava una “storia febbrile”.
Molte mandavano sul social network articoli e foto sulle atrocità subite dalle donne. Per restare nell’anonimato tante si firmavano con nomi inventati, però avevano trovato il modo per chattare e confidarsi, scaricare così l’angoscia che le opprimeva. Avvertivo una sensazione di fiducia esorbitante, uno spazio nuovo da scoprire. Eraieri, ed è già quasi domani.
Tante le proposte, e molte donne, le più fiduciose, desideravano incontrarsi. Così, incoraggiata da una forza solidale, pensai di aprire una piccola associazione. Una palestra dismessa fu la prima sede. Ripulita e verniciata di rosa pastello, ci si incontrava ogni giovedì pomeriggio. Le difficoltà furono tante. “Rinascere e Ripartire” questo è il nome dato all’associazione.
Qui ci confrontiamo sulle vicissitudini della vita, sui problemi sociali e sulle banalità di ogni giorno, perché si dice che la felicità non va ricercata nel cielo sempre sereno, ma nelle piccole cose con le quali costruiamo la vita.
È notte e dalla finestra vedo le stelle, sembrano più vicine del solito. Quasi li posso toccare. Non ho sonno, ma non scrivo. Adesso scorrono veloci le mie dita sulla tastiera e parlo tramite internet col mondo intero.
Apro la mia finestra e ricordandomi della scatola chiusa, la presi, la scoperchiai come un vaso di Pandora e svuotai il contenuto fuori. Uscirono i pezzettini di carta strappata e volarono nell’aria sottostante, volteggiando come coriandoli, i miei pensieri, frammenti dissolti nell’aria, liberarono la mia angoscia.
E come un’esplosione, la gioia esplose nel mio cuore mi fece alzare la testa e scoprì la sicurezza che d’ora in avanti nella mia vita non ci sarà più posto per la solitudine. Sono rinata, adesso rivedo la vita a colori. Mi chiamo Elide e voglio ricominciare a vivere nel sole.
Anna Maria Costarella