A Tu per Tu con il giornalista e storico palermitano, Gaetano Basile
Una vita, la sua, da opinion leader. Sempre e comunque!
E’ una mattinata fredda ed uggiosa quando raggiungo la casa di Gaetano Basile, giornalista…scrittore, esperto di tradizioni siciliane ed autorevole enogastronomo.
I cinque piani di scale, a me che non prendo ascensore, dicono che la giornata non parta bene. Spero solo che il nuovo protagonista di questo mio “Ritratto” non si faccia trovare a porta già aperta. Spero di raggiungere il piano ed avere la possibilità di riprendere fiato prima di suonare il campanello. Così non è, Gaetano Basile mi accoglie, da vero gentleman qual è, proprio davanti la porta e sorride ai miei tentativi maldestri di presentarmi con quel filo di voce che mi è rimasto, dopo svariate rampe di scale.
Ma l’incontro con il grande storico non comincia nel migliore dei modi anche per altri motivi, ne saprò di più subito dopo…
Mi riceve nella sua bellissima casa ma si avverte che il suo umore non è quello di sempre. Non riconosco quella che è la cifra della persona, più volte apprezzata in televisione e goduta, di presenza, lo scorso anno in occasione del “Salone della pasticceria” organizzato a Catania, nello splendido scenario del complesso monumentale dei Benedettini, dall’Associazione Duciezio. In quell’occasione grandi erano state le risate al racconto di come, spesso, i dolci cosiddetti monacali, abbiamo dei richiami a sfondo sessuale…” Ma quanti anni ha, cara signora…niente di pruriginoso, eh? Solo rispetto della verità storica, mi creda!” questa la sua puntualizzazione rispetto a mie espressioni sbalordite a fronte di racconti che, con dovizia di particolari, aveva regalato, con somma soddisfazione, ad un qualificato e divertito gruppo di persone. Qualificato…tranne me, evidentemente!
Ecco, questa mattina…non sembra neppure lui. La causa risiede nel fatto che, proprio in questi giorni, ha perso un grande amico e ricorda:
Un pomeriggio mi ha chiamato…
Gaetano, ho un tumore…
Ma quanti anni hai?
Settantanove…
E vabbè, a st’età vanno molto al rilento, stai tranquillo!
Ed invece…chiosa Basile…sono andato al suo funerale… proprio ieri pomeriggio!
Esordisco…
Gaetano, ho scelto la giornata sbagliata…vero?
Ma no, che dici…è che ho perso tutti. Compagni di scuola, colleghi d’ Università, amici…non c’è rimasto più nessuno! Tra l’altro una generazione sfortunata la nostra…morti tutti tra i 40 ed i 60 anni! Un amico, ad esempio…di quelli con cui ho diviso infanzia, interessi, viaggi…architetto geniale…non bravo, geniale proprio…si è messo in pensione a 60 anni…deciso a godersi la vita e fare tutti i viaggi che non aveva fatto prima. Bene, un giorno mi ha detto di avere un piccolo dolore…poco dopo, la moglie mi comunicò che gli rimanevano pochi giorni di vita per un cancro con metastasi.
Concludendo il discorso, Basile attribuisce la recrudescenza di questo male al fatto che viviamo in un’atmosfera inquinata…mangiamo cibi che sono, altrettanto, inquinati! E’ questa la verità, secondo Lui e onestamente anche, secondo me…ma questa è un’altra storia.
Brevemente, spiego a Gaetano in cosa consistano le mie interviste…nell’accettare di incontrarmi, non ha neppure indagato o visitato il blog Sicilian Secrets, che ospiterà quanto scaturirà dal nostro incontro…si è fidato a pelle. Gliene sono grata!
Ricorda che, al telefono, l’ho chiamato “Professore” e si schermisce…
Io ho sempre fatto il giornalista ed ho scritto qualche libro. E si sa, quando uno scrive,può essere considerato uno normale?…no! E’ per questo che molti mi chiamano professore ma…non lo sono.
Sorride e mi pare che cominci a riprendere la sua solita verve. Questo mi predispone all’incipit dell’intervista con tutte quelle domande che ho in serbo di fargli.
Premo rec…per non perdere neppure una sfumatura di quanto dirà.
Ora che ci penso…professore lo sono stato davvero…Professore di Comunicazione…ma di quelli a contratto, pagati due lire, eh? Poi mi accorsi che, a volte, erano presenti 30 ragazzi…a volte 15…a volte, ancora 60 e la volta dopo 2. Insomma, cosa avrei dovuto fare? Ricominciare a spiegare tutto? Ma no…mi dissi “Ma chi me lo fa fare. Ignoranti sono ed ignoranti restano e rescissi il contratto”
Stento a crederci, Gaetano…dal momento che la tua cifra è quella del narratore…che riesce a catturare l’attenzione con il piglio del grande affabulatore…
Si…hai ragione, riuscivo anche a farli ridere ma…niente. Sai cosa penso? E’ l’Università ad essere strutturata male. Se un giovane deve scegliere tra il Corso A ed il Corso B, che si svolgono nella stessa ora…insomma, credo che non sia colpa dei ragazzi, se poi si disorientano e lasciano, spesso, il Corso di studi prescelto. E’ l’Università che è strutturata male! A me, poi, mi spieghi a cosa è servita la laurea in Scienze Politiche? A niente…se non ad avere un pezzo di carta e far felice mia madre.
Gaetano, allora proviamo a tracciare questo Tuo ritratto…Tu sei palermitano doc, classe 1937…
Si, settantasette anni che, onestamente, sono tantissimi ma che io non mi sento…perchè continuo a fare la vita incredibile che ho sempre fatto. Viaggio come un pazzo…m’arricrio!
Sempre in movimento e senza sosta, dalla mattina alla sera. E pensa che ho 4 vertebre schiacciate…che mi procurano dolori incredibili. Non posso, o meglio, non potrei stare all’impiedi ma solo seduto…come ora. FiguraTi se mi sto fermo, io…impossibile!
Adesso, ad esempio, sono reduce da 15 giorni in Quatar…dove mi sono “fatto” il deserto, una notte tra i beduini…mi dovevi vedere! Ho fatto il pazzo con un fuoristrada, su e giù tra le dune del deserto. Poi sono stato in barca ed ancora in giro tra allevamenti di cavalli, fondazioni, musei…L’unica cosa è che la sera, alle 21.30 massimo 22.00, ero distrutto!
Ma chiunque lo sarebbe stato, no?
Si, infatti…c’era il mio interprete, 51 anni appena, che era… muotto!
Sorridiamo divertiti, Lui nel raccontare, io nell’ascoltarlo…rapita!
Gaetano…questo viaggiare in giro per il mondo, Ti serve…a cosa? Una volta rientrato a Palermo…Ti serve a capire meglio la nostra realtà o è solo questione di arricchimento personale?
Di arricchimento personale…sono sempre stato un viaggiatore!
Viaggiatore…non turista, è vero?
Nooo, turista è un termine che odio. Il turista è, in genere, una persona vuota…che si accontenta di quello che gli offrono. Io, invece, sono un viaggiatore rompiscatole. Ricordo i miei tanti viaggi nel Nord Africa, in posti che adoro. Arrivati, affittavo sempre un fuoristrada con autista…il migliore modo di viaggiare, secondo me. La guida, in genere, era una persona che parlava sei/sette lingue…chiedevo loro di prepararmi una bella lista di tutte quelle cose che avrebbero dovuto mostrarmi. Il giorno dopo, magari, ‘sti mischini si presentavano con quattro facciate di appunti…la mia risposta era sempre la stessa “A me, di sti cosi non me ne futte proprio niente! Tu hai, ad esempio, amici che si fidanzano…che si maritano? Bene, è lì che mi devi portare…io faccio il regalo, pago la mia quota di cibo ma è lì che voglio andare!” Poi, ancora “Tu mi hai consigliato questi ristoranti? Bene, tu dov’è che vai a manciari? E lì che mi devi portare”.
Il viaggio dev’essere una scoperta perchè, per il resto…tutto ti viene proposto in televisione. C’è bisogno che parti, allora? Ti accendi “Marco Polo” e via! A me del turismo classico non frega niente! Io sono un viaggiatore rompiballe e lo sarò fino alla fine dei miei giorni.
(Riascoltando, ora, la registrazione, mi sorprendo a scambiare la voce di Basile per quella di Camilleri…stesso “corpo”, stessa struttura, stesso “colore” e stesso simpatico disincanto! E, poi, ciò che accomuna Basile al papà di Montalbano è quello di essere entrambi dei “Numero Uno” senza se e senza ma!)
Io, poi, dai viaggi…porto con me un piccolo souvenir che non è quello che si pensa in genere. No, è un pezzetto d’argento…cose antiche…roba così!
Qualcosa che ti parli, davvero, di quella terra…giusto?
Si, qualcosa che mi racconti quella terra!
E rispetto alla Sicilia come Ti poni? Tu che ne parli, sempre, da grande divulgatore…presumo l’abbia visitata in lungo e largo. Giusto?
Guarda, io la Sicilia l’ho visitata in un modo strano…a cavallo. Tutta tutta, eh? Ho unito la passione per i viaggi con quella per i cavalli, che nutro da piccolo.
Aspetta, prima di continuare a parlare di viaggi, facciamo un passo indietro. Mi racconti che bambino sei stato?
Un bambino rompiscatole…di più…un rompiballe terribile!
E Ti pareva!!!!
Ma Tu da bambino, forte di questa grande forza affabulatrice che ti ritrovi, da grande narratore…le favole te le raccontavi da solo?
No, invece…ti meraviglierò. Sono stato un grande ascoltatore…Vedi, innanzitutto, ho avuto l’enorme fortuna di avere un nonno che conosceva la città come pochi, come le sue tasche. Un personaggio di un’avarizia sordida…in vita sua non prese mai un tram…che so una carrozza…nenti. Andava sempre a piedi e, da uomo d’altri tempi, era sempre elegante, in maniera naturale…sempre con cappello, giacca, cravatta e gilet. Anche cco cauru, eh?
Ma come? Tu che ami l’Africa, non sai forse che… il coprirsi è il metodo utilizzato dai beduini, proprio, per contrastare il caldo del deserto?
Chissacciu…comunque sia, non surava mai! Quando iniziavano le mie vacanze scolastiche, lo andavo a trovare e mi portava con lui…era per me, questo nonno omonimo, una sorta di mago. Sul vero senso della parola, eh? Pensa che la nostra era una famiglia che aveva una fonderia da duecento anni….Lui era, proprio, un mago e Ti spiego perchè. Ogni primo maschio della famiglia doveva conoscere tutti i segreti della fusione e veniva cresciuto per poter fare quel lavoro così da tramandarlo di generazione in generazione. Allora, essendo io il primo nipote maschio, andavo in fonderia ed osservavo quest’uomo davvero incredibile…che guardava e scrutava ogni minimo particolare. Ricordo mi fece fare la tutina, i guantini, gli strumentini…
Ma a che età, questo?
Io avevo sei annuzzi…mi insegnò a “staffare”…a fare, cioè, le forme per la fusione. Lui partiva dal concetto che, prima di comandare, bisogna conoscere il mestiere. Una volta che conosci il mestiere puoi arrogarti il diritto di dire che un lavoro è fatto male…non prima di aver imparato, però! Io andavo lì, lui mi insegnava come si faceva. Poi, un giorno… avrò avuto 7/8 anni…mi fece fondere per la prima volta…una “cosa”. La “cosa” in questione era un bruttissimo portacenere in bachelite…era oggetto di una pubblicità che non ricordo. Mi disse “Ecco, questo è il modello…rifammelo!” L’ho conservato una vita…poi, non avendo fatto questo mestiere, l’ho regalato a mio fratello più piccolo.
Perchè…voi quanti siete?
Quattro…tre maschi ed una femmina. Una famiglia stranissima la nostra: i tre maschi tutti alti e biondi, con occhi azzurri. Come nostro padre. Mia madre, invece, una tunisina precisa…e mia sorella, anche… esattamente come mamma! Bellissima…una delle più belle ragazze di Palermo all’età di 16/17 anni.
Tornando a mio nonno, ed all’idea che mi ero fatta di lui…come mago. Seguimi. Quando si esce la ghisa liquida e si mette a crogiuolo…scoppietta, scintilla. Mio nonno si alzava, prendeva un bastone di legno, dava un’arriminata ed il bastone non bruciava. Poi metteva le mani in tasca, lanciava qualche cosa e finivano le scintille. Gli ubbidiva persino il fuoco! E non solo…Pensa, in questo forno ci stavano tonnellate di ghisa liquida…lui dava l’ordine di forare…c’era l’operaio che forava…lui osservava questa ghisa uscire fuori. Poi, bisognava fermarla, giusto? Mica c’era il rubinetto ed allora lui prendeva un bastone su cui posizionava una specie di…arancinO, alla catanese (sorrido, mi preparo a scaldare i motori per, poi, arrivare a fargli dire la sua sull’argomento…)…fatto di terracotta. Un colpo secco…sembrava Sancho Panza, con la lancia in resta. Guardava e, con un colpo secco, chiudeva il forno da dove fuoriusciva la ghisa bollente. Un miracolo, per davvero!
Quando hai scoperto che non era un vero mago?
Niente, semplicemente, quando scoprì che, dietro al bastone, c’era un fatto come dire… fisico. Mio nonno, prima di usarlo, teneva quel bastone nell’acqua e pertanto…quando Tu metti a contatto un legno bagnato con una sostanza surriscaldata, anche a 1000 gradi, si forma una sorta di patina d’acqua che impedisce al legno di bruciare!
Fine della magia, allora! Ma è stato triste scoprirlo?
No…al contrario. Ho apprezzato ancora di più, mio nonno! E, poi, era un mago perchè conosceva tutta la città….
E questo ti è servito nella tua professione, giusto? Perchè, poi, tu hai deciso di non continuare nel lavoro in fonderia…bruciando le tappe di una sfolgorante carriera giornalistica.
No, non ho mai lavorato in fonderia anche perchè, ad un certo punto, fu venduta. Mio padre morì intorno agli anni ’60…mia madre decise di riscattare le proprie azioni e di campare con gli affitti di alcuni appartamenti. Per tornare alla tua domanda…mio nonno, non solo sapeva tutto della città ma sapeva raccontarlo, eh?
Quindi, una caratteristica tramandatasi geneticamente…
Penso di si! Perchè sapeva raccontarlo? Perchè usava un linguaggio che un bambino poteva capire…gli altri no. Io ‘sta cosa ancora me la vendo! Ti faccio un esempio… quando c’era cauru, uscivamo…
Nonno, c’è caldo…ho sete…sono stanco!
Ed ora ci sediamo..mi diceva.
Al bar, penserai Tu…ca quale…no. In chiesa.
Tutte le chiese erano aperte…ne sceglieva una, entravamo. Stavamo al fresco, si allentava la cravatta, si metteva comodo e mi diceva…
Viri cosa ti piace…come a dire…quasi quasi…”Questo te lo compro!”
Ridiamo di gusto, io e Gaetano Basile…è proprio un grande affabulatore al pari del nonno di cui ama parlare.
Io, forte di questa possibilità di scelta concessami dal nonno, mi mettevo a girare, tornavo indietro e…
Nonno, mi piace quel quadro che c’è là!
Ah..guardalo bene…
Io tornavo al quadro, lo guardavo bene e ritornavo dal nonno
Cosa c’è?
Ci sono la Madonna, San Giuseppe e il Bambino Gesù
E la Madonna l’hai vista bene in faccia?
Ed io correvo a riguardarla e…
Vero, è…è precisa a quella che vende pesce qui di fronte!
E ti sei chiesto perchè? Perchè…l’autore ha voluto ricordare che era una popolana. Capito?
E chi l’ha fatto, nonno?
Chi l’ha fatto…chi l’ha fatto… Futtatinni!
Come vedi, mi invitava a nutrire il mio spirito di osservazione che, poi, mi torna utile ancora oggi nella mia attività di divulgazione.
Gaetano, Tu sei stato…da appassionato cultore delle tradizioni siciliane, l’ultimo direttore della rivista “Il Pitrè” che, era proprio espressione del Museo omonimo. Ma come mai le pubblicazioni sono state sospese?
Misteri della fede! Era un trimestrale: 6000 copie di tiratura per ciascuno dei 4 numeri, di cui 2500 finivano nelle comunità siculo americane, e costava 40,000.000 euro l’anno. Il Comune di Palermo ha tolto i finanziamenti…un’operazione da veri ignoranti! Pensa qual era la sua valenza… far vivere il Museo fuori dal Museo stesso. Ancora oggi, un sacco di biblioteche, anche estere, chiedono copie della rivista ed io c’ha cuntare la storiella che non ci sunu suoddi e blabla. Mah!
Gaetano, possiamo definirti…per il tuo profondo amore per la cultura siciliana, un novello Pitrè?
Ma no…mi pare un’esagerazione. Io sono solo un giornalista che cerca di fare al meglio il proprio lavoro…tutto qui. Cosa deve fare in definitiva un giornalista? Ti sintetizzo quello che mi disse, una volta, un vecchio collega…”Un giornalista è uno cca dire due parole e ha scrivere un libro!”
Si interrompe per rispondere al telefono…sento che concorda i particolari di una conferenza alla quale parteciperà da relatore. Il suo citare “Il Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa mi spinge, una volta chiusa la comunicazione, a fargli presente che il giorno prima sono stata ospite del Palazzo Licata di Baucina e di aver intervistato la Principessa Signoretta Alliata. Basile mi parla della nonna dell’attuale Principe, Biagio…marito proprio di Signoretta…”Una donna incredibile…”. A corredo delle sue parole, si avvicina ad una bacheca che fa bella mostra di sé in questo ampio salone che accoglie la nostra bella ed istruttiva, per me, chiacchierata.
All’interno varie piccoli oggetti, ognuno con la propria storia. Alla “vecchia” Principessa di Baucina fa riferimento una perla scaramazza, regalata alla famiglia Basile. Perla tagliata, e trasformata in puntino sulle ali di un insetto, che orna una spilla da cravatta che fu prestata a Visconti per una scena de “Il gattopardo” cinematografico dove Don Fabrizio Salina, vestito di scuro, ne fa sfoggio. A riprova che, in ogni forma d’arte, alberga il rispetto per i particolari.
Per completezza d’informazione, non posso tacere delle tante ed ulteriori meraviglie che tale bacheca contiene…
Basile mi racconta essere quel rosario che spicca, altero, al centro…
… in uso alle nobildonne palermitane ed è un concentrato di ipocrisia, perchè falsamente modesto nella fattura…anche se poi le pietre sono veri granati. Guarda bene, in mancanza della croce, che durante la Settimana Santa non si usa, c’è un tondo di modesto rame con al centro, però, una scultura di avorio che vale un patrimonio ed anche tutti i simboli della Passione sono in oro, eh?
Questo a riprova che la nobiltà siciliana faceva finta di essere modesta mentre invece…non lo era per niente! Faceva finta…ieri come oggi!
La bacheca, inoltre, contiene alcuni portacocaina retaggio di viaggi in Marocco…radici di agata… orologi, identici nella versione maschile e femminile e regali di fidanzamento dei bisnonni del padrone di casa…un portamiele ottocentesco…un prezioso portaostie…un portasali, di forma ergonomica, così da nasconderlo, discretamente, nel decolletè delle dame che ne facevano largo uso…
…per quando veniva loro lo “sdillinchio”e sai perchè si teneva tra i seni? Perchè i sali sprigionano gas alla temperatura di 37° e cio’ avveniva solo se trovava rifugio in un “posto” al calduccio…
E non pensare che le dame svenissero per questioni sentimentali…ca quali! Era per via dei corpetti troppo stretti, come suggeriva la moda del tempo!
A seguire, m’invita ad osservare un oggetto a me incomprensibile
Guarda questo strumentino…questo serviva a sgassare le coppe di champagne dal momento che le dame, strette nei loro corpini, non potevano permettersi un ben che minimo aumento del volume dello stomaco. Ecco, mettevano st’affare nella coppa e voilà…potevano berne il contenuto senza correre rischi.
Ed ancora, la vista mi si riempe di un’intera collezione di spille da cravatte appartenenti alla moglie di Basile…doni di fidanzamento ottocenteschi…fermacapelli e pettini per “tuppi” in tartaruga con incrostazioni di oro fatte a caldo oppure con applicazioni di corallo e tantissimo altro ancora…
Trovo bellissimo questo raccontare la storia attraverso piccoli, piccolissimi oggetti, anche di uso comune.
Riguadagniamo la posizione sul divano che suggerisce, più che un’intervista canonica, una bella chiacchierata tra amici…bella la vita!
Partendo dalla considerazione che molti degli oggetti, appena visti, si rifanno all’universo femminile…chiedo a Gaetano Basile…di dirmi la sua sul ruolo della donna nella cultura siciliana.
Succubi o al contrario…detentrici del potere?
La donna ha avuto…sempre, il potere. Il potere, ricorda, si esercita solo se discreto. Non dimenticarlo mai!
Senza dare l’impressione di esercitarlo, giusto?
Giustissimo. Ti faccio un esempio…le mie nonne e mia mamma sono state donne di grande, grandissimo potere all’interno della famiglia. Come?
Quando io chiedevo qualcosa… era un continuo…Bisogna che tuo padre voglia…Dobbiamo vedere se tuo padre è d’accordo…
Mamma, mi ci vorrebbero delle scarpe nuove…Certo, sempre che tuo padre voglia, che tuo padre decida…
Mio padre di tutto questo…non ne sapeva nenti!!!!Era lei che usava questo padre come…deterrente ma, alla fine, era lei che disponeva…ca cumannava. Hai capito adesso cos’è il potere e come va esercitato? Accussì!
Ma Tu dici che così è stato anche nella società? Ma quando mai ha comandato la donna?
Scherzi? Sempre ha comandato, anche lì. In maniera discreta ma… l’ha fatto! I grandi patrimoni sono stati messi assieme dalle donne…gli uomini hanno sperperato, di contro. Guarda questa foto, un altro esempio del “fare finta…”
(e mi mostra un bellissimo ritratto di suo padre e di sua madre…fidanzati)
Perchè pensi che mio padre abbia due sigarette tra le dita? Una era di mia madre ma non si doveva sapere che fumava…
Mia madre era trasgressiva per quei tempi. Pensa, fu la prima donna patentata a Palermo…era il 1936, mi pare. Grande donna, Lei!
Che famiglia era la Vostra?
Una famiglia numerosissima in quanto c’erano un sacco di parenti…cugini, zii…centinaia di persone e come tutti avevamo cugini a Catania…cugini a Roma…dappertutto…
Mentre Basile chiacchiera amabilmente non posso non ricordare a me stessa che Gaetano appartenga alla famiglia di uno dei maggiori architetti italiani, quel palermitano Ernesto Basile che fu maestro ed esponente del Modernismo internazionale e di quel magnifico Liberty di cui Palermo è felice espressione…
Comunque sia, l’assist, fornitomi dall’avere cugini catanesi, che specificherà chiamarsi Barbagallo, mi agevolerà nella domanda principe che intendo fargli e dalla cui risposta dipendono le sorti di tante scommesse che hanno preceduto questa mia intervista…
Il mio processo di “avvicinamento” all’arancinO procede, confortata dal fatto che Basile comincia a parlare della cultura del cibo…dell’importanza del “cibo da strada” di cui lui già parlava tantissimi anni fa, quando ancora non era di moda…
Io sono stato allievo del grande Rosario La Duca, grande studioso della città…e mi riconosco la capacità di aver saputo precorrere i tempi. E’ capitato altre volte. Una volta, ad esempio, mi sventurai a scrivere un primo libro su Palermo…e da lì tutti a scrivere libri su Palermo!
Lo interrompo…Ecco, che città è la Palermo di oggi?
Palermo è una vecchia signora che, a fine di questo secolo compirà 3000 anni. Io dico sempre che Palermo c’era quando ancora non c’erano Parigi, Londra…Non esistevano proprio. Siamo contemporanei di Gerusalemme, Babilonia…ma, in 3000 anni, non è stata mai amata.
Neppure dai palermitani?
Ma i palermitani non esistono. La città nasce da tanti insediamenti, piccoli, da gente che proveniva da luoghi diversi del bacino del Mediterraneo. La cosa curiosa è che, se si va a scavare, gli oggetti sono tutti coevi ma di provenienza tutta diversa. Pensa che, fino agli anni ’60 del secolo scorso, ogni quartiere di Palermo aveva un suo diverso accento…addirittura alcuni rioni avevano un proprio vocabolario.
Palermo, come la Sicilia tutta. Quante Sicilie convivono, secondo te?
“Centomila Sicilie” intitolò una sua opera, Bufalino. Il problema, tornando a Palermo, è che queste città nella città sono rimaste sempre separate.
Quale potrebbe essere il collante, Gaetano?
Un collante non esiste…giusto la miseria, quella per cui non hai di che mangiare. E a ‘sta gente, affamata…cosa vai a parlare di cultura…manco ti ascolta!
E del cibo… di quella che ormai viene definita la “cultura del cibo”…cosa mi dici, Gaetano?
Guarda, i piatti più antichi della tradizione sono le stigghiola…la quarume…nati nel Thermopolion, un angolo coperto dell’agorà, dove – in pratica 2500/2600 anni fa – inventammo il fast food e il take way…il cibo anche da asporto, insomma. Quello che…con termine moderno…usiamo dire “da strada”.
Ma questo tipo di cibo da quale necessità nasceva?
Era uno dei servizi offerti dalle città ricche, i cui abitanti lavoravano. Il cibo non necessitava di essere cotto, lo si trovava già così…
Ma allora, l’immagine della donna…angelo del focolare domestico…è un’invenzione?
Ca cettu! Ca quale, angelo del focolare domestico…
Il senso del mangiare da consumare, già cotto, per strada è antico da noi…come concetto, proprio. Certo, oggi, la cucina “da strada” offre un ventaglio fornitissimo di offerta ma nasce…lì nel Thermopolion. E’ storia, questa, eh?
A questo punto…rompo gli argini e faccio a bruciapelo la madre di tutte le domande…
Gaetano…arancinO o arancinA? Quello dove noi, palermitani e catanesi, non troveremo mai un punto d’accordo, oltre che in un derby calcistico, è proprio la dicitura di questa famosissima “palla di riso”. L’impressione è che l’inghippo nasca da un mero puntiglio. Insomma, sia voi palermitani che noi catanesi facciamo derivare il nome da “piccola arancia”…riferendoci entrambi al frutto e non, come erroneamente dice qualcuno, all’albero…voi, nell’uso comune, la chiamate proprio “arancia”, noi “aranciu” alla siciliana. E, pertanto…da voi “piccola arancia” diventa “arancina” da noi “arancino”. Insomma, non possiamo accordarci e dire che ognuno ha il suo modo di declinarla ‘sta parola? Perchè, per forza, ognuno deve far passare come termine, universalmente riconosciuto e corretto, il proprio?
Basile, divertito, sistema la sua postura…prende fiato e comincia a raccontare.
Allora, dobbiamo fare un passo indietro. Io ho scritto un bel libro dal titolo “Dizionario sentimentale della parlata siciliana” e, quindi, parlo con cognizione di causa.
Primo, noi abbiamo una lingua romanza regolarmente riconosciuta dalla Comunità europea, al pari del ladino ecc…
Come ogni lingua, anche quella siciliana, ha le sue forme dialettali. Dialetto catanisi, modicanu, messinisi, ragusani…e così via…due cosiddette “parlate” ( l’eoliano con influssi calabresi e il pantesco che, invece, è arabeggiante) ed ancora lingue cosiddette “neoaggiunte” come l’albanese che si parla a Piana…il galloitalico dell’anno 1000 che si parla a San Fratello…nella zona di Mistretta, poi…quella sui Monti dei Lombardi…si parla un dialetto tipo milanese…e così via!
Ora, ogni dialetto ha un suo dizionario che, spesso, non è uguale a quello della Lingua siciliana…giusto?
Venendo al nostro discorso, seguimi…a Palermo si dice “portami n’arancia” e non è italiano, eh? Lo diciamo così in siciliano! Ed è la versione corretta della lingua siciliana! Pertanto…si dice arancinA e ci riferiamo a quello di forma sferica, eh?
La cosa continua a non convincermi ma il potere affabulatore di Gaetano Basile mi fa desistere dall’insistere…
Inoltre…l’arancina, dalla forma “a punta”, non è un’arancina ma un supplì e va chiamato così. E sai perchè? Perchè fu inventato da un monsù che, per invogliare alcuni bambini a mangiare riso…attinse ad un’antica usanza francese. Devi sapere che in Francia, il 6 gennaio, si fa un dolce denominato “Gateau du roi”…una specie di Pan di Spagna, rotondo con un po’ di crema dentro, dove si nasconde una fava. Bene, il bambino che trova la fava…diventa re per un giorno. Insomma, può rompere le scatole a piacimento per tutta un’ intera giornata!
E’ storia che risale al ‘600, eh? Ora, per fare mangiare il riso a sti bambini, il monsù – di cui parlavo – nascondeva una fava all’interno del dolce chiamato, per l’appunto” “Feve du roi” (La fava del re). Era una “sorpresa”…una “surprise”,insomma ed il termine, nel corso dei secoli, è stato storpiato fino a diventare… “supplì”. Fine della storia!
Ma allora, Gaetano, non è come si pensa e cioè che… la versione “a punta” del nostro arancino raffiguri il nostro amato Etna e che il sugo all’interno simboleggi il fuoco del vulcano?
Ca quali…questa è la storia! Cosa c’entra l’Etna? Tutte fissarie…viene da supplì! Punto e basta!
Quando ormai sembra che la discussione penda tutta a favore dei cugini palermitani…racconto la vicenda che, di recente, ha visto protagonista “Savia”, uno dei più rinomati locali di Catania e che ha trovato un ottimo escamatoge per mettere tutti d’accordo.
E’ di qualche settimana fa, il clamore scaturito da una voce apparsa sugli scontrini emessi dal noto esercizio commerciale..ArancinA al posto del catanesissimo ArancinO
La vicenda ha tenuto banco sul quotidiano locale e vissuto come atto di Lesa Maestà dai tanti catanesi che, sentendosi traditi nel loro profondo e per di più a casa propria, minacciavano di disertare i confortevoli locali di Via Etnea. Per recuperare il danno d’immagine e, nello stesso tempo, per non inimicarsi i clienti palermitani…Savia ha pensato bene di ritarare il registratore di cassa dove, in bella vista, adesso appare un bipartisan… ArancinU! Tutti contenti, palla al centro…si riparte con le simpatiche ostilità campanilistiche.
Sorride Basile e rilancia…
C’è anche un altro motivo…di natura, diciamo, pratica. Fino al 1965/66, un’ arancina aveva il peso di 100 grammi…era poco, naturalmente. Allora tutti, al momento di ordinarli, dicevano “Mi dia due arancini…”
E perchè non dicevano due arancinE?
Ecco, l’errore sta qui! Il plurale è con la I, perchè maschile, mentre il singolare è al femminile!!!! Convincitene!
E, comunque, sappi che l’arancino/a non è né palermitano né catanese… Sai dove nasce? Pensa…nasce in Nord Africa da un piatto che i beduini mangiano, tuttora, sotto la tenda: un ottimo risotto giallo di zafferano, con straccetti di agnello o di pollo, pisellini e verdure…che prendi direttamente, con le mani, da un unico piatto di portata. Quando io l’ho mangiato…mi sono reso conto che avevo davanti un arancino sfuso, come dire.
Chiedo…si può trasportare? Mi risposero di si…che se ne poteva fare una palla, la si poteva friggere e poi era possibile mangiarlo tiepido…dopo averlo riscaldato alla luce del sole del deserto.
Quindi, come vedi, abbiamo voglia di protestare e litigare tra noi…l’arancina/o non nasce qui ma nel Maghreb! Attraversa 1000 anni, comparendo e scomparendo…fino ad arrivare ai nostri giorni!
Così anche, per quanto riguarda la “Cassata siciliana”, abbiamo notizie non corrette.
Mi spiego…la cassata siciliana, quella della tradizione, non è quella che mangiamo ora. La vera Cassata è quella al forno (Semplice pasta mischiata a ricotta…infornata e poi spolverata con zucchero a velo. Qui a Palermo, ancora la fanno, eh?)…e sai perchè oggi, invece, è ricoperta di glassa? Il perchè di questo abbellimento barocco…si deve alla Pasticceria dei Fratelli Gulì di Corso Vittorio Emanuele 101/107 e ti spiego perchè. Nel 1887, loro erano specializzati in canditi ma di questi non se ne vendevano tanti ed allora sai cosa pensarono? Di metterli sopra alla Cassata al forno. Questa, però, sotto il peso dei canditi tendeva a schiacciarsi, ad aprirsi come dire…da lì la necessità di trovare un sistema di ancoraggio. Il capo pasticcere, un giorno…andando fuori a fumarsi un sigaro (la porta secondaria dava su Via dei Bottai) vide le botti…le doghe…ed eureka…pensò di creare un cerchio di pasta di mandorla che cingesse la torta evitando che collassasse sotto il peso dei canditi. Poi, essendo non bella esteticamente…vollero aggiungere anche la glassa a coprirla tutta e voilà…nacque così la Cassata siciliana che abbiamo oggi. Ma non è l’originale. E’ bene saperlo.
Ma allora non è di origine araba, come si pensa?
Ca quali. Su sta cosa ci cascarono i migliori giornalisti, da Montanelli a Biagi. La Cassata nasce a Palermo e nasce per la necessità che ti ho raccontato. Fine della storia.
La discussione sul cibo prende una deriva pericolosa…
Basile esalta la bontà di quel calcagno e di quel “peruzzu” di maiale che – gli racconto – aver rischiato di mangiare il giorno prima, in una trattoria palermitana e il cui pensiero mi inquieta ancora…
Troppo buono!
Ma come troppo buono?
Niente, posizioni inconciliabili le nostre…mi rendo conto che tra catanesi e palermitani, in fatto di cibo, non verrà mai trovato il modo per intendersi e dopo aver ringraziato della splendida ospitalità, saluto e rifaccio a ritroso i 5 piani di scale.
Stavolta, la discesa non è faticosa come la salita ma, ricordandomi lo splendido “viaggio” attraverso la sicilianità, durante il quale ho avuto come compagno di scorribande il grande Gaetano Basile… mi distraggo, inciampo proprio all’altezza del pianterreno e mi ritrovo, dolorante, per terra…e Ti pareva! Come sempre, a fine interviste…qualcosa mi deve pur succedere e vabbè…
Alla prossima!
Silvia Ventimiglia – 19 febbraio 2015