In ricordo del Maestro Nunzio Sciavarrello

Pinacoteca Nunzio Sciavarrello
Il maestro Nunzio Sciavarrello

Buon viaggio, Maestro…

Non ho avuto mai occasione di conoscerLo né di intervistarLo e sì che avrebbe meritato attenzione ma così è…e porterò il rammarico per un’occasione mancata.

Conosco Andrea, il figlio piu’ piccolo, Lui sì, e la Sua splendida e giovane famiglia accomunati, io e Loro, dal senso di appartenenza alla comunità viagrandese. Ma ho sempre rimandato, come dicevo…peccato!

Oggi me ne pento e, questo mio piccolo ricordo, non può che essere solo un piccolissimo risarcimento ed anche un modesto tentativo di acquietare la mia coscienza.

Chissà quante cose mi avrebbe raccontato il Maestro Nunzio Sciavarrello, pittore ed incisore tra i piu’quotati nel panorama dell’arte moderna!

Il Maestro è morto qualche giorno fa a 95 anni, età – mi dicono – portata splendidamente. Frutto, forse, di una vita vissuta secondo le leggi dell’Amore…quello per la famiglia, della Bellezza…quella della Sua arte, della discrezione…piu’ “essere” che “apparire”, così Lo ricorda chi ha avuto il grande onore di conoscerLo ed apprezzarLo al di là del Suo indiscusso talento artistico.

Nunzio Sciavarrello Autoritratto con la moglie
Autoritratto con la moglie

Ma vediamo, intanto, di ripercorre le tappe piu’ importanti della Sua lunga e proficua carriera artistica.

Nato a Bronte, Sciavarrello – sin da ragazzo – manifesta doti non comuni applicate alla pittura murale ed agli affreschi. Stabilitosi a Roma, nel 1936, si trova impegnato nelle problematiche della cosiddetta “Scuola romana” vivendone i momenti piu’ intensi e fecondi. Fu lì che si trovò a frequentare la scuola di Via Margutta, fucina dei piu’ grandi artisti contemporanei e, a seguire, l’Accademia di Belle Arti laddove incontrò Colui che sarebbe diventato Suo maestro, il grande Mino Maccari. L’atmosfera respirata dal giovane Nunzio fu quella colta dei Pirandello, Bartolini, Mafai e, va da sé, che ciò non poteva non avere una profonda influenza nella Sua formazione.

Lo scoppio della guerra, Lo vede in prima linea tra i Granatieri di stanza nei Balcani e ciò fino al 1942, anno del Suo ritorno nella Capitale dove si distingue in incisioni dedicate a temi sociali, quali libertà…condizioni sociali e condanna della violenza. Un’Arte dai risvolti squisitamente d’impegno, la Sua.

Nel 1945 decide di rientrare nella Sua Bronte e la Sua vicenda artistica si arricchisce di mostre personali di grande successo e di attività di promozione e valorizzazione dell’Arte. In quest’ottica si inserisce l’istituzione, nel 1950, dell’Istituto d’Arte di Catania e del Liceo artistico nel 1964 che portano, entrambi, la Sua autorevole firma. Da non dimenticare che, già nel 1958, insieme a quella squadra formidabile costituita dal Notaio Tanino Musumeci, Mario Giusti, Turi Ferro, Michele Abruzzo, Umberto Spadaro, Nino Succi, Piero Corigliano e Pietro Platania era stato tra i fondatori del Teatro Stabile di Catania.

Riconosciuto Benemerito della Cultura e dell’Arte, nel 1975, per conferimento del Presidente della Repubblica, Sciavarrello rimarrà nella storia dell’arte italiana per la ricercatezza della Sua arte di cui tema preferito fu il circo che Gli permise sia di dare libero sfogo alla Sua fantasia sia di trasmettere messaggi attraverso l’allegoria. Il clown di Sciavarrello rimarrà sempre l’emblema di una vita vissuta in tutte le Sue sfaccettature, clown che descrive – sorridendo- i dolori e le fragilità dell’uomo moderno.

Ripercorrendo le tappe di una carriera artistica di primissimo ordine, aumenta in me l’amarezza di un’occasione mancata anche da un punto di vista umano. Un gigante nell’Arte, il Maestro Sciavarrello, così come nella vita vissuta nutrendo grandi sentimenti.

Forse mi avrebbe fatto sognare raccontandomi della Sua lunga storia d’amore con l’amatissima Anna e con la quale, se non Lo avesse preceduto nel mondo dei giusti proprio qualche mese addietro, avrebbe festeggiato 60 anni di matrimonio proprio il giorno in cui ha, Lui stesso, intrapreso il Suo viaggio senza ritorno.

Mi avrebbe raccontato di un amore nato in quell’Istituto d’arte di Catania da Lui stesso fondato e dove Lui, piu’ maturo d’età e di esperienza di vita, aveva conosciuto Lei, insegnante bellissima e sensibile.

Gli si sarebbe accesa una luce negli occhi, velata appena dalla malinconia per la recente scomparsa della compagna di una vita e mi avrebbe raccontato di un colpo di fulmine che, ben presto e dopo un brevissimo fidanzamento, li aveva portati a sposarsi. E, come nelle favole, la cornice di quell’unione non poteva che essere Venezia, la città degli innamorati, dove – tra l’altro – Lui fu presente per lunghi anni alla Biennale d’arte. Da quell’unione sono nati tre figli e svariati nipoti. Di quest’ultimi conosco solo Alice e Saverio che, da bambini, li ho visti diventare ragazzi belli e talentuosi. Eredità familiare? Sono certa di sì.

Una storia di altri tempi quella d’amore degli Sciavarrello. Il figlio Andrea racconta di come, quel giorno…lo stesso della Sua morte, il padre avesse pensato di deporre sulla tomba della Sua amata Anna quel bouquet di fiori bianchi che non Le aveva mai fatto mancare in 59 anni di matrimonio. Forse all’ultimo momento, avrà pensato che sarebbe stato meglio consegnarli direttamente a Lei e così… ne sono certa…è avvenuto.

Sciavarrello

Un gigante di umanità, come dicevo, tanto generoso anche verso la Sua patria natia, Bronte, da aver deciso di donare le Sue opere al Real Collegio Capizzi che, grazie alla Sua proficua donazione, è diventata una delle pinacoteche italiane piu’ prestigiose e porta, com’è giusto, il Suo nome. Merito del Maestro o di un’Amministrazione attenta e lungimirante? Crediamo l’uno e l’altro.

Il Maestro non c’è piu’ ma, come avviene a tutti i Grandi, rimane la Sua Arte e l’esempio di una vita vissuta pienamente. E ditemi se è poco.

Buon viaggio, Maestro…

 

 

P.s. Permettemi, divagando dal tema, che non si può non notare la differenza tra il tipo di rapporto che Sciavarrello riuscì a costruire con il luogo natio rispetto a ciò che, a poco chilometri di distanza, è successo ad un altro grande dell’arte italiana, lo scultore Francesco Messina. A Linguaglossa, paese natio dell’autore del Cavallo da sempre simbolo della Rai, da poco esiste un Museo intitolato all’illustre concittadino ma, paradossalmente, non si trova traccia di opere da Lui realizzate e donate al Comune. Chissà cosa sta dietro a tanta difficoltà di intendersi reciprocamente! Un destino strano quello che accompagna da sempre Messina, il cui “Cavallo morente”, attualmente posizionato in Piazza Vittorio Emanuele a Catania, è da anni al centro di diatribe circa la Sua collocazione. Troppo indecente viene considerata, l’esposizione degli organi genitali dello stallone tanto da suggerirne la copertura durante la processione della Madonna del Carmine dimenticando che l’arte vera, come quella del Messina, non può dare adito a pettegolezzi, sorrisetti né pruderie varie. Ma così è…

 

Silvia Ventimiglia – Ottobre 2013

 

P.S. Da questo mio ricordo, Vi informo che il famoso “Cavallo morente” dello scultore Messina ha cambiato location con buona pace dei bigotti e dei “benpensanti” ed adesso “adorna” Piazza Galatea dove è stato posto senza alcun minimo riguardo, direttamente poggiato sulla nuda terra senza ausilio di piedistalli o sostegni di vario genere. Ma così è…

 

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