Fra Lorenzo…storia di un moderno Jean Valjean

Santuario Madonna del Carmine
Santuario Madonna del Carmine a Catania

Come il protagonista de “I Miserabili” di Victor Hugo visse in clandestinità e scelse di espiare la propria colpa in convento finchè, scoperto…ormai vecchio e quasi cieco, fu graziato dal Presidente della Repubblica.

Raccontami! E’ questa l’esortazione avuta in sogno, qualche notte fa, da un personaggio che è stato protagonista della mia infanzia e la cui vicenda umana ci dice di come la realtà superi, a volte, la fantasia.

La vita di Fra Lorenzo, dei Padri Carmelitani di Catania, ne è un esempio lampante.

Ma facciamo un passo indietro e necessariamente, non tacciatemi di autocelebrazione, devo intrecciare ricordi personali con la realtà dei fatti, quelli che improvvisamente vennero a galla dopo svariati anni.

Nella mia vita da bambina, quello che ricordo – con maggiore intensità – erano due traguardi posti da mia madre. Il più anelato era quello che le mie piccole dita raggiungessero le ottave sulla tastiera del pianoforte così da poter dare vita alla mia carriera quale alunna di musica. Traguardo tanto agognato da mia madre nel quadro di una tradizione che mi avrebbe reso un anello di una catena la cui partenza era rintracciabile nella mia trisavola cui appartenne lo strumento che tutt’oggi parla di lacrime e sangue, le mie e che, dopo di me, ha subito una drastica soluzione di continuità.

Altro traguardo, sempre di mia madre – ma che su di me ebbe maggiore successo – fu quello di imparare a leggere con lo scopo di poter finalmente essere una chierichetta a tutto tondo alla funzione delle ore 11.00 che si celebrava al Santuario della Madonna del Carmine di Catania, seconda basilica più grande della città etnea. Fino al momento di prendere dimistichezza con consonanti e vocali, ero stata la chierichetta che versa vino ed acqua, che suona la campanella. Che leggessi anche le letture sacre era il sogno di mia madre. Se non venissi dopo la nascita di cinque fratelli, sareste autorizzati a pensare che ero il maschio tanto desiderato e mai avuto. Così non era, evidentemente. Era piuttosto il mantenere compatto quel quartetto costituito dai piccoli di casa…io ed i miei fratelli Andrea, Carlo e Giovanni. Sempre insieme, così doveva essere – secondo mia madre – ma che così non è più. Ricordo l’emozione quando, per raggiungere il microfono, comunque sempre molto più alto di me nonostante fosse posizionato al minimo, salì – per la prima volta – sullo sgabello messo lì per necessità. Fu con la Prima lettera di San Paolo agli Efesini che iniziò quella mia avventura che, sarà tema di un successivo scritto. Ricordo che creai scandalo presso le cosiddette bizzocche che videro nella presenza di una femmina, in una parte attiva tra l’altro, sull’altare da sempre appannaggio dei maschi, il sovvertimento dell’ordine naturale. Ma, ripeto, questa è un’altra storia.

Oggi è di Fra Lorenzo che voglio parlarVi. Di come Lo ricordo e di come mi è apparso qualche notte addietro.

L’immagine che ne conservo, e quella che mi è apparsa, è quella di un uomo corpulento e non troppo alto che, nonostante non fosse prete ma frate, fu la mia guida spirituale. Il Suo era un insegnamento che non odorava di parole e di liete novelle…non era nelle Sue corde e, nonostante la giovanissima età, capì subito che non era uomo di lettere, per così dire. Era il tutto fare nel convento. La Sua tonaca, di spessa tela, era spesso sporca ed anche Lui, per la verità, non era un campione di pulizia con i Suoi capelli sempre sporchi ma rigorosamente tirati indietro. Ricordo ancora quel Suo piccolo pettine di osso che usciva da sotto la tonaca a volte e con il quale si riavviava i capelli che facevano capolino davanti ai Suoi occhi soprattutto quando sfidava me, e qualche altro bambino, in estenuanti partite a ping pong dove era campione indiscusso, nonostante le poche diottrie.

Anche i Suoi occhiali con lenti molto spesse, che accrescevano la grandezza degli occhi, erano spesso aggiustati alla meglio con mastice o schocht.

C’erano, insomma, tutti gli ingredienti per renderLo ripugnante ma così non era…per niente. Insomma, nei momenti che passavo in Chiesa, non era certo uno che Ti diceva di non sporcarTi o di lavarTi le mani…una pacchia per una che veniva ispezionata, centimetro su centimetro, prima di uscire di casa.

E, poi, come non ricordare che fu proprio grazie a Lui che credo di aver incontrato, la prima volta, Dio. Fu Lui che, con aria complice, mi invitò sul campanile…”E’ lì che lo puoi vedere…”. A questo punto, qualcuno – in considerazione di tutto ciò che sappiamo oggi – dirà che fui avventata. Io dico no, l’innocenza mi salvò e mi permise di sperimentare una delle esperienze più belle mai fatte in vita mia. Tra le Sue incombenze, Fra Lorenzo aveva quella di suonare le campane. SieTe mai saliti su un campanile? Alto come quello del Santuario del Carmine di Catania? La vista della città da lassù lascia senza fiato, Ti senti in cielo, vicino a Dio…aveva ragione Fra Lorenzo. Mai come quella volta, e le tante altre che mi permise di accompagnarLo, fui più vicina a Dio. Non contento, intercettando un mio intimo desiderio, mi fece appendere alle corde e su e giù a suonare a festa le campane. E non era l’orario esatto. Ho ancora in mente la Sua faccia stralunata atta a spiegare a chi ci aspettava sotto il perchè di quello scampanio a festa… “Festeggiamo la vita!”.

Era sempre Fra Lorenzo che mi passava qualche monetina per poter accendere le candele sull’altare di sinistra dove, compunta, pregavo il Signore di aiutare mia madre che, nonostante la giovanissima età, capivo che soffriva la situazione di una donna sola. Forse, il Signore era distratto quelle volte…la vita di mia madre è stata, fino alla fine, una vita davvero faticosa. Ma così è…

Interno Santuario Carmine
Interno del Santuario del Carmine

E fu sempre Fra Lorenzo che, negli anni, essendo diventata – nonostante il mancato impegno – una discreta pianista mi fece provare l’ebbrezza di suonare l’Ava Maria di Gounot con l’organo dell’altare centrale. Che dire, con gli anni diventai una chierichetta a tutto tondo.

Poi, le vicende della vita mi allontanarono un po’ dalla Chiesa…ero, tra l’altro, cresciuta e la mia attenzione fu carpita da altro. Il ricordo di Fra Lorenzo, però, mi ha accompagnato a lungo. Ricordo l’ultima volta che chiesi di Lui “Sta poco bene, non esce più dalla Sua stanza. E’ vecchio e quasi cieco, ormai”. Ricordo che pensai alla Sua tristezza di non potersi muovere all’interno di quello che era stato il Suo universo. Sì…perchè ricordavo a me stessa che mai Fra Lorenzo aveva lasciato il Suo regno. Non l’avevo visto mai mettere il naso fuori dalla porta della Chiesa. Mai che avesse fatto quei viaggetti annuali che gli altri si permettevano per raggiungere, una volta l’anno, le proprie famiglie. Lui no, restava a tenere le Sue posizioni. Sempre. Il perchè lo seppi il 22 maggio del 1987, quando il Tg Uno aprì con la notizia del Suo arresto accompagnata dalle immagini di un povero uomo sorretto da due carabinieri. Lo vedevo smarrito, confuso a causa dell’età…della cecità ma anche… dallo sgomento, ne sono certa.

Ma perchè questo arresto, Vi chiedereTe Voi.

Fra Lorenzo, al secolo Antonio D’Aquino, risultò essere un ergastolano che si era macchiato, in gioventù, del più terribile dei reati. Era il marzo del 1933 e, con un complice, aveva partecipato ad una rapina, sfociata poi nel sangue a causa della reazione della vittima. Quest’ultima si chiamava Calogero Pergola, viveva in Via Amato in un quartiere popoloso poi diventato “city”, a ridosso del Corso Sicilia. Il poveretto venne ucciso per alcuni oggetti d’oro e 25 lire. Il fatto che il nostro Fra Lorenzo non fosse materialmente l’autore nulla tolse alla Sua responsabilità verso gli uomini. Fu processato, condannato e tradotto in carcere. Poi…trascorsi 12 anni…siamo nel 1944 a Soriano del Cimino, in un penitenziario del Nord, un bombardamento aereo agevolò la Sua rocambolesca fuga. “Riguadagnata la libertà…raccontò Lui stesso…attraversai a piedi l’Italia intera per raggiungere Catania e tornare da mia madre. Presi l’identità di un mio parente. A quei tempi di profonda confusione, non era difficile…” Poi, la svolta, un giorno…era il 4 agosto, Sant’Alberto, si era trovato casualmente al Santuario della Madonna del Carmine di Piazza Carlo Alberto e chiese al Priore cosa dovesse fare per “entrare” in Convento e voilà…da allora, e fino al giorno dell’arresto, passarono ben 43 anni. Quarantatrè anni di espiazione senza “se” e senza “ma”.!

Ma come si venne a sapere del Suo terribile segreto, Vi chiedereTe Voi…Sentendo che la morte stava sopraggiungendo, Fra Lorenzo – confidando nella sacralità del sacramento della confessione – pare avesse chiesto perdono sbagliando, però, …diciamo, confratello. Da lì la delazione…A quel punto, in considerazione dell’età avanzata, delle precarie condizioni di salute, fu invocata la grazia al Presidente della Repubblica che, come previsto, fu concessa. Fra Lorenzo spirò qualche tempo dopo, ormai del tutto cieco.

Che senso ebbe allora tutto quello che successe?

A distanza di tempo e non sapendo che fine abbia fatto il solerte prelato, la spia insomma, mi chiedo chi nella grandezza della Sua misericordia abbia perdonato Nostro Signore. Se il buon vecchio Fra Lorenzo che aveva trovato il Suo modo di espiare in povertà (Lui sì!) autoescludendosi dal mondo oppure colui che, in virtù di non so quale pericolo di reiterazione del reato o altro, abbia gettato fango non già su un uomo ma sul Suo vero e sincero pentimento. La risposta non può che essere una…

Ecco, Fra Lorenzo, a distanza di svariati anni, mi è riapparso in sogno, è tornato dal mio passato e mi hai chiesto di raccontarLo e di chiedere perdono per Lui. Stavolta, la Sua interlocutrice non è legata al segreto della Confessione ed è con piacere che lo fa certa che, allo stesso modo, la penseranno le tante persone che ebbero modo di conoscerLo e di apprezzarLo.

Ed ora è il momento di riposare… in pace!

Silvia Ventimiglia 3 Novembre 2014

 

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