A Tu per Tu con Giuseppina Torregrossa, scrittrice

Giuseppina Torregrossa
La scrittrice Giuseppina Torregrossa

“La Sicilia la ritrovo dentro di me come fosse lo Scirocco, vento evocativo del Sud…di un sud dell’Anima!”

E’ l’autrice del successo editoriale Mondadori di quest’anno che volge al termine. Nostra gradita ospite di oggi Giuseppina Torregrossa, autrice de “Il conto delle minne”. Giuseppina, innanzitutto, grazie di aver accettato il nostro invito.

R. Grazie a Te, Silvia.

Giuseppina… Tu nasci a Palermo nel 1956 ma, già a 14 anni, Ti ritroviamo a Roma al seguito della Tua famiglia. Ecco, i 14 anni sono di per sé un’età critica, ma questo strappo dal Tuo ambiente, dalle Tue amicizie, ha reso quest’età ancora più critica?

R. Si. E’ stato un passaggio dolorosissimo perchè effettivamente l’adolescenza è un momento di grande instabilità ed insicurezza. E’ il momento in cui tutto serve a rinforzare l’identità. Cambiare luce, cambiare città, cambiare odori, cambiare cibo…trovarTi nella necessità di fare delle nuove amicizie ma soprattutto di costruirTi una rete di nuove amicizie… è stato terribile. A questo aggiungi che Roma è una città cinica e disincantata. Non facile da penetrare. Per noi, soprattutto, che negli anni ’60 venivamo comunque considerati ancora dei terroni in una città che di per sé oggi è terrona come Palermo.

Ecco, in quel primo periodo di adattamento a Roma, da terrona, di Palermo cosa Ti mancava esattamente? Come dicevi, poco fa, odori…suoni e cos’altro?

R. A me mancava la sicurezza. La sicurezza…materna. Palermo, per me, è stato un grosso uterone. Anche se è difficile considerare questa città…considerare Palermo come una città materna…Palermo è una città che, però, era la mia e quindi, comunque, una cattiva mamma è pur sempre meglio dell’assenza di una mamma.

Parlando di famiglia…so che sei la maggiore di tre figli e che ritieni i Tuoi fratelli la parte migliore del Tuo karma…ma questo perchè? Cosa Ti trasmettono Loro e cosa, di contro, riesci Tu a trasmettere Loro?

R. Mah! Io con i miei fratelli ho avuto tutto quello che hanno normalmente i ragazzini…gli scontri, le botte…però rimane sempre un sentimento di grande solidarietà, un sentimento quasi di appartenenza l’uno all’altro…che ci permette, anche nell’assenza di contatti effettivi, di sapere che esistiamo.. Ed è un po’ un destino perchè un fratello non Te lo scegli. Un fratello Te lo trovi e la possibilità di avere dei fratelli con i quali parlare, con i quali sapere che sono sempre lì, comunque…certo è una parte bella del mio destino. Sicuramente.

Ecco, da rampolla di una buona famiglia, Tu hai frequentato un Collegio femminile di suore e questo, diciamo, nei primi anni ’70 cosa ha significato per Te? Insomma, guardare dalla finestra il movimento che c’era in quel periodo…ricordiamo che sono gli anni in cui in Italia esplode il ’68 e spira questo vento di rivoluzione…di protesta. Ti sei sentita un leone in gabbia…presumo, no?

R. Sai, io alla finestra nella mia vita non ci sono stata mai per cui entravo…si, entravo a scuola ma il più delle volte non entravo e la vita delle occupazioni…il momento…il vento della novità io l’ho vissuto appieno negli scuole…degli altri. Me ne andavo la mattina nelle scuole degli altri. Poi, certo, mi padre ce provava ad addrizzarmi come sanno addrizzare i padri siciliani però non c’è riuscito molto in questo…è riuscito in altro.

Hai citato Tuo padre. Una figura per Te importantissima…Tu lo definisci un padre prepotente ma amatissimo. E’ da Tuo padre in poi che hai elaborato la figura di uomo che hai cercato nella Tua vita?

R. No. Io non ho mai cercato un padre nei compagni che mi sono stati accanto anche se, indubbiamente, la figura paterna poi condiziona tutte le donne nella ricerca degli amori. Io ho amato moltissimo mio padre perchè Lui mi ha amato molto. Effettivamente, più che un uomo simile a mio padre, io ho cercato una dinamica di relazione simile a quella cioè una dinamica di…passione. Una dinamica di amore totale, forse. Poi, negli uomini che io ho avuto accanto, essendo stati sempre dei coetanei, non ho mai trovato nessuno che somigliasse a mio padre. Forse, a posteriori, posso dire “Per fortuna!”

Giuseppina, se Ti dico “Mare” a che cosa pensi?

R. Se mi dici “Mare” io penso alla vita. Alla possibilità di godere appieno dell’esistenza, delle giornate. Per me il mare è proprio il mio respiro.

Ecco, poi scorrendo velocemente le Tue note biografiche, leggo che sei stata medico ginecologo ed ostetrico, che sei stata sposata e che hai tre figli che, nella dedica del libro, definisci “Vento fresco tra i miei capelli”. Bellissima dedica…

R. Guarda. Per me Loro sono…ecco. E’ proprio la sensazione del vento fresco fra i capelli. Io amo molto lo scirocco…perchè è un vento magnetico che Ti distrugge, che Ti lascia spossata ma, alla fine di una giornata di scirocco, Tu hai sicuramente elaborato qualche pensiero. A me le idee migliori vengono in quel momento. Succede che, quando sei calda calda, che la testa Ti scoppia, che Ti sembra che Ti stia andando a fuoco pure il cervello, arriva quella brezza lieve, quel vento fresco fra i capelli a portarTi sollievo e…quello sono i miei figli per me. Cosa darò Loro non lo so. Mi sarebbe piaciuto dare Loro questa sensazione di amore incondizionato perchè è quello di cui tutti abbiamo bisogno, che è il sentimento dell’accettazione…cioè “Io Ti amo per quello che sei. Non per quello che io voglio che Tu diventi”. Non so se ci sono ma, comunque, io ce l’ho sempre presente ogni volta che assumo degli atteggiamenti o prendo delle misure, chiamiamole educative, anche se ormai son grandi per cui…come dice mia figlia più piccola “Il treno dell’educazione è passato!”

Torregrossa
Copertina del best seller Mondadori “Il conto delle minne”

Il vento di scirocco ha, anche, un potere evocativo, presumo, per Te perchè è il vento tipico delle calde giornate siciliane.

R. Il vento di scirocco, per me, è il vento della passione e per passione io intendo un modo di sentire …totale…di aderire alla vita. Per cui lo scirocco. E perchè, forse, la Sicilia per me è stato un amore totale…lo scirocco è quello che più di tutti fa leva su questo nucleo profondo che io sento proprio in fondo all’anima. E’ difficile da definire attraverso le parole però è come una radice che io ho e che…è come se si fosse staccato un pezzo di questa Terra e fosse dentro la mia anima. Lo scirocco mi porta a toccare questo pezzetto e questo pezzetto mi porta ad essere…mi porta a ritornare nel tutto, ecco…Evocativo, si! Evocativo di un Sud…di un Sud dell’anima. La Sicilia come luogo dell’anima. Il Sud come luogo del mondo, poi. Luogo dell’anima e del mondo ed è…lo scirocco ha su di me un potere magnetico. Forse su tutti ma io lo vivo in maniera particolare e lo sento fisicamente. Lo scirocco ha la possibilità di riportarmi fisicamente in Sicilia, in qualunque parte del mondo io sia. E, quindi, sono le giornate estive in compagna con i miei nonni…quando chiudevi tutte le finestre per non fare entrare il caldo…e ogni tanto la tentazione di aprirle, per esempio, per respirare un poco e quest’aria, invece, che Ti investiva…questa idea di entrare in un forno termoventilato tutte le volte….il rumore degli alberi sotto lo scirocco che è diverso dal rumore degli alberi sotto la tramontana… il colore del cielo…la notte. Lo scirocco della notte che…foriero quasi sempre di incendi in Sicilia e, quindi, l’animo che si dispone all’attenzione…l’adrenalina che sale…l’allerta per evitare che magari all’improvviso Tu Ti possa trovare la casa, in mezzo alla campagna, circondata dalle fiamme. E’ un vento a metà tra il pericolo, la sfida dell’esistenza e la possibilità, però, di scoprire cose nuove.

Giuseppina Torregrossa, autrice di quello che è il successo editoriale di questo 2009…edito dalla Mondadori…”Il conto delle minne”. Giuseppina, in virtù del Tuo lavoro di medico ginecologo, hai incontrato un mondo tutto al femminile traendone certamente spunto…no?..per l’elaborazione di questo Tuo romanzo. Ricordo che Tu sei alla seconda prova come autrice. Hai già scritto “L’assaggiatrice” due anni fa ed hai ottenuto anche un premio come opera prima teatrale a Roma per “Adele”. Oggi Ti cimenti con “Il conto delle minne”. E’ a quel mondo femminile che hai conosciuto durante il Tuo lavoro cui Ti rivolgi?

R. Ma spesso il mondo delle donne siciliane è un mondo che si svolge al femminile e in cui l’uomo entra si… in maniera importante ma…in maniera tangenziale. Le donne siciliane son delle donne di solito molto forti, autocentrate che, all’apparenza sembra che queste donne siano tutto sommato remissive ma sono un po’ delle principesse altere che si concedono solo in piccola parte agli uomini e gli uomini hanno questa Loro…così…danno questo modesto contributo ma in realtà non Le spostano più di tanto e son le donne che Li spostano, invece. Certo, il mio lavoro mi ha portato ad entrare nell’intimità delle donne e non è solo un modo di dire…fisico perchè spesso dal ginecologo ci vanno a parlare…raccontano…si raccontano…Ti dicono i Loro problemi. E questo modo di raccontarsi, Ti permette di attingere al Loro mondo emotivo. Certo…il Loro mondo emotivo è stato per me prezioso nello scrivere.

Ecco, ma per Te la scrittura cos’è per Te, Giuseppina? E’ un modo per soffermarTi su fatti, su personaggi…ampliarli oppure nasce da una difficoltà, insomma, a comunicare nella vita di tutti i giorni?

R. Mah! Per me la scrittura è un vizio più che altro. Io senza non potrei starci. Ho sempre scritto. Non mi sono mai posta il problema. Ho iniziato a scrivere da piccola. Negli anni ’60 le ragazze di buona famiglia tenevano il Loro diario che sembrava un esercizio di scrittura ma, in realtà a posteriori, era un controllo esercitato dalla famiglia anche su quello che erano le emozioni, non solo sui comportamenti ma persino sui pensieri. E questo diario intimo, secondo me, non era mai vero ma era sempre quello che, poi, queste figlie volevano che i genitori sapessero, no?…in modo da poter agire indisturbate. Comunque, io ho cominciato a scrivere da piccola. Poi ho cominciato a scrivere storie ed ho continuato da grande. Adesso, da grande, poi, ho scoperto che si può anche pubblicare e far leggere le proprie cose agli altri.

La donna che esce fuori dalle Tue opere com’è? Una donna fragile, in balia degli eventi della vita o, al contrario, è una donna protagonista della Sua esistenza?

R. Mah! Io credo che le donne non siano mai fragili anche quando sembrano fragili. Anche quando ci si descrive come delle barchette in mezzo alla tempesta. In realtà, la donna da sempre si muove su contenuti emotivi molto forti. Penso, una per tutte, la maternità. L’entrare in contatto con questo figlio che Ti dà dei sentimenti…di profondo amore ma anche di profondo odio perchè Medea non è mica un’ivenzione! Il mito di Medea che si mangia i figli è quanto di più vero esiste e…Medea è questa! La donna può essere anche questa! Si, le donne so protagoniste perchè le donne, pur non avendo fino adesso un ruolo di protagoniste nella società, hanno nello sviluppo della società un ruolo esiziale.

Giuseppina Torregrossa
Giuseppina Torregrossa

Ne “Il conto delle minne” si racconta il processo di educazione sentimentale di queste donne. Ne “Il conto delle minne” il conto sta per racconto e le minne sono sia i seni che i dolci tipici che si fanno a Catania per la Festa di Sant’Agata e si narra proprio la storia di una famiglia siciliana e delle Sue donne straordinarie. Per tutte Loro i seni hanno un significato speciale…diventano proprio la chiave per scoprire i lati più nascosti della Loro femminilità ma anche del Loro orgoglio e della Loro saggezza. Nelle Tue intenzioni è più un’ode alle donne oppure è più un romanzo erotico o cosa? Insomma, cos’era intenzione farne?

R. Allora. Io spesso parto per fare una cosa ed arrivo a farne un’altra. Io conosco un poco di più l’universo delle donne perchè ci sono stata a contatto e perchè io stessa sono una donna e, quindi, mi muovo in quel mondo. Quando ho scritto “Il conto delle minne” io volevo scrivere una storia di donne, raccontare alcuni sentimenti. Certo queste cassatelle, queste “Minne di Sant’Agata” m’hanno offerto uno spunto meraviglioso. Io mi muovo tra cucina, spesso, ed eros ma eros inteso proprio come il desiderio della vita, non solo come desiderio dell’amore o semplicemente il desiderio dell’amato. Quindi, proprio nel tentativo di aderire appieno a questo desiderio di vivere che a me un po’…è sempre stata una caratteristica della mia personalità…mi sono venute fuori delle storie di donne. Poi ho capito che, tutto sommato, le donne sono il Loro corpo perchè io un po’…quest’idea della differenza di genere…è una cosa che negli anni ’70 mi ha molto colpito. Quando sì…nell’immediato post femminismo…più che negli anni ’70 negli anni ’80…ci fu un momento in cui si cercava di ragionare sul ruolo…sulla questione femminile ed il corpo è un punto essenziale di partenza. E cosa c’è di più rappresentativo della femminilità di…un bel paio di minne? Niente di più…no?

Anche Tu, come molte delle Tue pazienti, ad un certo punto hai una battuta d’arresto proprio a causa di un tumore al seno. Ma com’è diverso curare e farsi curare?

R. Allora. Tu hai già usato un verbo al transitivo cioè…curare. Curare è un ruolo tipicamente maschile. Il medico maschio cura. La donna si prende cura. Quindi, c’è già una differenza profondissima. Io mi sono sempre occupata di tumori al seno e…devo dire che ho cercato di prendermi cura di queste donne che è un po’ quello…non c’è mica bisogno di essere un medico per prendersi cura. Basta n’anziana tata, basta ‘na madre sensibile…basta un’amica un po’ materna per prendersi cura e superare dei momenti e, in medicina, vale sempre questa regola che è la regola del buon senso ed è proprio la regola del prendersi cura dell’altro. Poi, ad un certo punto, io mi sono ammalata come spesso capita perchè la malattia è un incontro che un po’ tutti c’abbiamo dietro la porta. E’ inutile che lo scongiuriamo, facciamo corna…la malattia può capitare e…devo dire che la mia vita è cambiata a quel punto. Però è cambiata in meglio. Per me la malattia è stata un’occasione…un’occasione unica di riflessione che mi ha migliorato profondamente. Mi ha portato ancora di più in un universo femminile che io già conoscevo e nel quale, poi, sono entrata a pieno titolo perchè, a quel punto, anche le altre mi hanno riconosciuta come appartenente a quell’universo. E quando gli altri parlano…cioè i medici parlano di superamento della crisi…dell’identità…della menomazione…di evitare le menomazioni…che la donna è una menomata cioè io voglio dire, ragazzi, per me avere una minna di meno mi fa amazzone e le amazzoni erano immediatamente dopo gli Dei e poi c’erano gli umani. Chi è la menomata davvero?

La Tua vita è cambiata ed è cambiata in meglio. Allora è nel destino delle donne che, per ritrovarsi, devono perdersi ad un certo punto!

R. Ma sai, il perdersi è di solito rinunciare a tutti quegli orpelli intellettuali, a quelle sovrastrutture che la società o comunque la famiglia o qualunque struttura Ti mette sopra al nucleo vero della Tua personalità. Quindi, uno dei processi più importanti per ritrovare la vera Te stessa è quello di cominciare a fare pulizia. Insomma…devi fare un trasloco, sostanzialmente! Quindi, devi cominciare ad eliminare tutto quello che di inutile c’è. Naturalmente queste sovrastrutture, questi fatti educativi…Tu puoi anche farli propri ma li fai propri nel momento in cui fai una scelta consapevole ed aderisci pienamente ad un modello culturale ed aderisci con consapevolezza. Quando sei bambina, Tu non aderisci con consapevolezza. E’ un’imposizione che Ti fanno. E’ un tentativo di imbrigliare, comunque, la Tua personalità. E’ come quando alle cinesi fasciavano i piedi e come quando ai neonati li fasciavano tutti per tenerli dritti. E’, comunque, uno sviluppo che Ti impongono come gli anelli al collo delle donne…mi pare son le donne birmane che portano questi anelli. Allora, tutti questi strumenti culturali vanno persi. Certo, ci sono modi e modi di perdersi quindi…ci si augura sempre…io ho una figlia femmina…io mi auguro sempre che questa ragazza si perda ma si perda in maniera sana perchè ci possono essere degli sperdimenti irreversibili. Con danni irreversibili però certo sì…bisogna perdersi. Bisogna eliminare un poco di cose e fare spazio a quello che c’è di veramente Tuo, personale.

Giuseppina, siamo veramente in conclusione, non so se Tu sia già al lavoro su qualche altro romanzo ma, qualora lo fossi, quale tipo di donna vorresti descrivere questa volta?

R. Io questa volta sto facendo un romanzo al maschile. In prima persona maschile. Sto facendo un’operazione che…un po’ strana. In epoca moderna si potrebbe dire che sto cercando di diventare un transessuale al contrario. Sto cercando di diventare un maschio. Non sarà facile. E’ una cosa ambiziosa ma se è vero che la mente dello scrittore, dell’intellettuale è androgina…io sto tentando di calarmi nei panni dei maschi. Speriamo di riuscirci.

Magnifico. Ringraziamo Giuseppina Torregrossa, autrice de “Il conto delle minne” edito da Mondadori. Alla prossima!

Silvia Ventimiglia – 27 Novembre 2009

 

P.S. Dopo “Il conto delle minne”, la Torregrossa, da allora ad oggi, ha scritto e pubblicato…tra gli altri…”L’assaggiatrice”, “Manna e Miele, ferro e fuoco”, “Panza e prisenza”… Un treno, quello di Giuseppina, che corre spedito e senza battute d’arresto.

 

 

 

 

 

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