Riurdativillu sempri…u vinu si fa cca racina! Parola di Salvo Foti, enologo
Eccellenza, la mission possible dell’artefice del successo del vino etneo nel mondo
Una mattina da tregenda. Acqua a secchiate mentre aspetto Antonio Carreca, destinazione Sant’Alfio presso l’ Azienda vinicola “Il cantante” di proprietà di Mick Hucknall, leader dei Simple Red. La raggiungeremo insieme a Salvo Foti, l’enologo protagonista di questa mia nuova intervista. Antonio si è tanto raccomandato: non solo che facessi l’intervista ma vuole esserci a tutti i costi. Per Lui, amante e cultore del vino, Salvo Foti è una specie di divinità. Per me, fino a questa mattina, solo una persona ombrosa e di troppe poche parole…ma come si fa!!!. Se devo dirla tutta. A pelle, finora, mi stava proprio antipatico nonostante i giudizi positivi ed i pareri entusiastici che mi sono sempre pervenuti da persone che stimo e che voglio bene. “Mi spiace ma… insomma – pensavo – una persona non puo’ farmi simpatia per proprietà transitiva!”. Onestamente non pensavo di poter cambiare idea in maniera così netta e repentina. Per farla breve, aspettando Antonio e maledicendo il tempo infame, ripasso gli appunti raccolti su Foti. L’unico anello mancante alla mia preparazione è la lettura del libro appena pubblicato “La montagna di fuoco”. Poco male. Da quanto mi hanno raccontato, sbagliando clamorosamente, si tratta di un libro tecnico e…per quel tipo di domande ci sarà Antonio con me!
Cosa dire ? La mia antipatia si è sciolta non appena, davanti al bar CHIUSO PER RIPOSO SETTIMANALE, rivolta a Salvo Foti e ricordandoGli che mi aveva promesso una lauta colazione… “Dottore, Lo dica! L’ha fatto apposta, vero ?”. Con un mezzo sorriso mi ha risposto a tono e per la prima volta ho incrociato i Suoi occhi grigio azzurro…trasparenti… buoni. Da vero… homo etneus! Mi è venuto da ridere…Bene, da quel momento ho dimenticato tutti pensieri negativi di quella mattina e…ebbene si!…Salvo Foti ha conquistato pure me. Arrivati a destinazione, ci accomodiamo e premo rec…
L’intervista di oggi sarà, come dire, un’intervista a trois. Insieme al protagonista di oggi che è Salvo Foti, enologo di chiara fama, anche il giornalista e sommelier Antonio Carreca, qui in veste di cultore ed amante del vino.
Grazie a tutt’e due per aver accettato l’ invito….
Allora, Dott.Foti, vediamo se mi sono fatta bene gli affari Suoi! Lei nasce nel 1962..
R. Confermo
Posso? Un’annata ottima….anch’io sono del 1962!
R. Ed allora sicuramente lo è!
Pare che Lei non fosse il classico bambino, diciamo, che giocava con le macchinine ma, una delle Sue primissime foto, La ritrae, sorridente e piccolissimo, con un grappolo di Nerello mascalese in mano. Quindi era una passione scritta nel DNA, no ?
R. Probabilmente si o, forse, è dovuta al caso, alle situazioni…allora, da piccolo, abitavo con i miei nonni perchè i mie erano emigrati ed ho avuto la fortuna di abitare in un’azienda agricola vitivinicola in cui, tra le principali cose…c’era la produzione del vino. Quindi era logico che i miei nonni, mio nonno sapendo fare quel lavoro, da piccolissimo, mi portasse in mezzo alla vigna e, probabilmente, da lì nasce un po’ questa ricerca, soprattutto, di profumi prima che di altre sensazioni. E, quindi, di stare attento anche a quello che si beve, a quello che si mangia attraverso l’espressione aromatica di tutte le cose che hanno un loro profumo e poi, via via nel tempo, ho avuto sempre questo piacere della fermentazione, di fare il vino, dell’ambiente, dell’autunno e così via..ed ho cercato di far diventare questa mia… mio piacere… mia passione, se vogliamo, una professione.
Ecco, io sono una romantica e, quando La immagino piccolo, penso al piccolo Salvo che – mano nella mano – va con Suo nonno attraverso questi vigneti. Ecco, sicuramente, Suo nonno Le raccontava storie antiche…che ricordi ha di quelle atmosfere ?
R. Mah! Erano dei momenti che, sicuramente, non possono piu’ tornare in cui c’era il calore della famiglia ed anche il rispetto di certi simboli o di certi modi di fare le cose, no ? Io ho tantissimi ricordi e cerco, in qualche modo, di trasmettere queste cose ai miei figli. Uno che mi rimase sempre impresso è la presenza di un mio bisnonno, di 96 anni…che morì a 96 anni… il quale, avendo vissuto in un’altra epoca sicuramente, no ?..un salto generazionale molto importante… aveva un Suo modo di vedere le cose ed anche di proporre le cose…i Suoi regali erano sempre dei detti che, lì per lì, mi lasciavano si interdetto, un po’ stupito ma erano delle fonti di saggezza soprattutto di riflessione, no ? Che è importante fare sempre nella vita. Ed una delle cose piu’ belle che mi è successa è stato quando ci si riuniva davanti alla famosa conca, il braciere per scaldarsi, insomma. Insieme perchè anche se c’era la televisione… ce n’era poca e spesso si preferiva stare insieme soprattutto nelle serate d’inverno a parlare e…c’erano i racconti del nonno…del mio bisnonno i quali erano sempre dei racconti si…un po’ paurosi per noi piccoli però, alla fine, avevano sempre un fondo, secondo me, di verità. Una moralità sana ed anche stimolante in un certo senso e mi ricordo, benissimo, quando un giorno Lui, finendo questo racconto, ci disse perchè eravamo quasi in vendemmia “Riurdatavillu sempri..picchi u vinu si fa ca racina”. Ora, lì per lì fu una battuta un po’ stupida per me, no ? Perchè è normale. Perchè il vino si fa con l’uva. Ma normale non è perchè, poi con il tempo, nella tecnica enologica, ecco… sembrava che non servisse tanto l’uva ma servissero tante altre cose. Quindi, ad un certo momento, anche della mia vita professionale, ho fatto, ho ripreso questa considerazione e mi sono ricordato che il vino è fatto con l’uva quindi…cosa significa questo ? Ritornare all’uva, ritornare al vigneto. Ritornare al vigneto significa ritornare al territorio. Ritornare a tutto quello che c’è dietro al territorio che è la cosa, secondo me, piu’ importante nell’espressione, poi, anche di un vino.
Ecco ma Lei, da padre, al giorno d’oggi, nel 2008 riesce a trasmettere questi valori anche ai Suoi figli ?
R. Questo io oggi non posso dirlo…ovviamente! Certo che..se io so fare una cosa… ai miei figli cerco di insegnare Loro quello che so fare io. Per adesso, i bimbi piccoli amano un po’ i padri, no ?…sono dei riferimenti quindi…poi magari, tra qualche anno, non sarà piu’ così…non lo so! Però io penso che, se uno cerca, poi alla fine di dare dei valori sani ed anche degli insegnamenti legati a questa professione, che è una bellissima professione… io spero che Loro seguano. Che sia una continuità perchè la cosa importante, nel settore vitivinicolo, è anche la continuità. Quindi, non solo dei vigneti ma anche delle persone che ci lavorano. Questo è basilare per la produzione di un vino…
…e certo!
R. Naturalmente io faccio il possibile. Quindi Li porto con me, quando facciamo i lavori in campagna, cerco di trasmettere questa cultura così come me l’ha trasmessa mio nonno. Mio nonno inconsapevolmente perchè Lui faceva questo e non sapeva fare altro. Io, consapevolmente, e quindi cerco di stimolarli anche da un punto di vista culturale su quest’aspetto che ritengo non sia poco. E la mia speranza è quella. Se sarò bravo ci riuscirò se non sarò bravo, probabilmente, non ci riuscirò…
Dott.Foti, da qualche parte, ho letto che quella per il vino è per Lei una passione ma anche una debolezza. Cosa intende per questo ?
R. Beh! Debolezza..piu’ che altro è stato…i primi tempi, diciamo, di quando ho iniziato quest’attività perchè oggi tutti parliamo di vino, tutti ci interessiamo di vino, no ? Forse anche troppo, certe volte! Ma ci fu un periodo, è stato un periodo di circa un 20 anni fa, in cui se mi chiedevano quale fosse la mia professione o che studi stessi facendo. Quando rispondevo “l’enologo”… intanto dovevo spiegare cosa significava “enologo” perchè spesso non si capiva la parola…poi la risposta era sempre quella “Ah!Ah!…allora sei sempre ubriaco!” E, quindi, si…come dire, chi si occupava di vino, doveva essere uno che aveva problemi di alcolismo! Quindi la debolezza nasceva dal fatto che certo non si poteva parlare di queste cose o vantarsi di queste cose, ad esempio, con le ragazze perchè già Ti avrebbero messo da parte. Oggi no! Oggi no perchè, ripeto, è una moda, no ? Anzi no…diventa un fatto importante. Quindi, la debolezza nasceva dal fatto che mi piaceva tanto parlare di questo, no ?Discutere ma non solo del vino in sé ma di tutto quello che c’è dietro il vino…però, non potendolo fare, allora lo tenevo nascosto. Quindi, ero debole perchè se qualcuno m’iniziava a fare qualche domanda…partivo a parlare ed allora veniva fuori questa mia professione, questa mia passione e, quindi, mi rendeva debole per quel motivo che abbiamo detto prima.
Dott.Foti Lei è uno dei pochi eletti che, possiamo dire, ha trasformato la Sua passione proprio in professione. Lei è diventato l’enologo che tutti i produttori di vino vorrebbero avere nel proprio staff. Lei, ricordiamo, è stato consulente tecnico, tecnico, enologo. Poi vorrei ricordare, anzi, che Lei, di recente, è stato insignito di un premio dalla guida del Gambero Rosso che L’ha premiata per la vitinicultura sostenibile e per la rinascita dell’enologia etnea…un riconoscimento, quindi, non da poco!
R. Si. Come ho detto, nell’occasione in cui ho ritirato il premio a Torino… io non sono contento di questo premio ma sono…contentissimo! Nel senso che, è chiaro, che quello che ho fatto, non l’ho fatto per avere il premio però…nel momento in cui Ti si riconosce un apprezzamento da parte di personaggi che oggi sono dei critici importantissimi a livello mondiale in questo settore…E’ chiaro che lavorare con l’”alberello”, lavorare con le ”terrazze”, con i “muretti a secco” sull’Etna, lavorare in queste condizioni particolari sia da un punto di vista di sforzo fisico sia da un punto di vista, anche, economico e mentale…è un fatto molto difficile. Però è l’unica possibilità che abbiamo per mantenere le nostre contrade dell’Etna che già sono state tanto abbandonate e se, oggi, qualcuno sia etneo sia qualcuno che non lo è sta cercando di recuperare questa vitinicultura e, quindi, prova recuperare il territorio e salvaguardia dalla distruzione e dal degrado…ecco questo diventa importante per cui, questi premi cominciano a creare, intanto, una conoscenza. Se vogliamo una moda. Ma che debbono attirare le persone a recuperare queste vigne. Perchè oggi il vino, cioè il vino…tutto il vino è di qualità. Non possiamo dire che c’è un vino che non è buono, che non è di qualità. Il problema è di fare un vino che abbia qualcosa in piu’ della qualità. Allora io dico “A me non interessa la qualità piu’ ma interessa l’eccellenza” e nell’eccellenza, oltre le qualità intrinseche di un vino che dev’essere naturalmente buono…c’è il rispetto e la valorizzazione del territorio in cui viene fatto ed aggiungerei, non da poco, il rispetto e la condivisione delle persone del territorio…
…E certo!
R. Perchè tutto poi, alla fine, dipende dall’uomo. Se l’uomo condivide il proprio lavoro, il proprio territorio, ci crede, lo valorizzerà e renderà possibile quello che è già successo sull’Etna centinaia d’anni fa. Cioè trasformare un vulcano inospitale in un grande giardino.
Ecco, per parlare di territorio, di Etna, chiedo aiuto all’ ospite supporter… il giornalista Antonio Carreca.
Antonio…come hai avuto modo di vedere…io sono “spratica”. Ho iniziato questo viaggio, diciamo, sulla strada del vino, un viaggio virtuale con il sommelier, con Camillo Privitera che è Presidente regionale dell’AIS Associazione Italiana Sommelier, oggi abbiamo ospite l’enologo. Spero di concludere questo viaggio, poi, intervistando un produttore di vini…ecco, Antonio, una domanda tecnica al Dott.Foti.
Ma piu’ che una domanda io ho una testimonianza perchè Tu hai parlato di viaggio e Salvo un viaggio L’ha fatto nel Suo ultimo libro “La montagna di fuoco”. Ecco vorrei parlare di questo. Vorrei testimoniare questo perchè ho avuto modo di parlarne con Lui. Abbiamo anche approfondito il tema durante un incontro alla recente edizione di Enopolis…e da questo, da quanto aveTe detto nel corso della prima parte di questa intervista, emerge la passione oltre che per il vino, che è naturale perchè è il Suo lavoro…per l’Etna, per la montagna, per il territorio. Ed è un libro…è un racconto autobiografico per larghi tratti che, appunto, racconta…testimonia, Salvo, l’amore per la terra, per la Tua terra. Ma da cosa nasce l’amore ? Forse il nonno c’entra qualcosa ?
R. Si. Sicuramente, si! Come dicevamo nella prima parte del nostro dialogo. C’entra molto perchè, ad esempio, mio nonno non parlava molto. Però i Suoi gesti. Il Suo modo di fare. Proprio…ecco proprio questi simboli sono diventati per me qualcosa di molto importante. Quindi, non conta la parola…ma contano gli esempi. Quindi, vedere che certe cose si fanno in un certo modo anziché in un altro. Vedere che, comunque, c’era rispetto di quel lavoro anche se era duro, anche se era sacrificante e…perchè questo faceva parte della vita e, quindi, in qualche modo, si accettava anche la parte difficile, per me è stato un qualcosa che mi ha colpito molto, no ? Io ricordo le canzoni che purtroppo molte si sono perse…che esistevano nei vari lavori di campagna che si facevano, che poi servivano proprio a creare la cadenza del lavoro, il ritmo del lavoro, no ? E cercare di mantenere un certo ritmo anche per 9 ore al giorno. Perchè si trattava di questo. E questa è una cosa per me fondamentale, importante, che ricordo sempre con tanto piacere. Poi, probabilmente… ecco questa passione per l’Etna…ci sono nato…sono etneo…magari è un fatto legato…proprio istintivo che ho dentro già prima e che è venuto fuori perchè c’è stata questa possibilità. Probabilmente se fossi andato via con i miei genitori, emigrato e forse, rimasto per 20/30 anni fuori dall’Etna…non sarebbe stato così! Allora ringrazio il caso che , invece, mi ha dato questa possibilità. Certo è stato difficile tutto questo perchè le cose, lo sappiamo, in Sicilia sono sempre molto difficili…per tanti motivi quindi, magari, non è stato subito come dire…un “successo” per quanto mi riguarda però, sicuramente, oggi io mi sento molto soddisfatto e contento di tutto questo perchè c’è l’aspetto successivo che è quello di riproporre questi simboli, questo modo di fare alle persone che collaborano con me, che lavorano con me. E qui abbiamo ripreso e non sono poche…parlo di 25 persone…abbiamo ripreso il lavoro, posso dire, come faceva mio nonno. Però con una visione diversa. Con una condivisione diversa. Io cerco di far capire alle persone che lavorano con me che il Loro lavoro deve essere la cosa piu’ importante della propria vita. Perchè ? Perchè la maggior parte del tempo noi lo passiamo lavorando per cui, se abbiamo qualcosa che ci crea fastidio, che ci crea problema, che ci crea disagio, finirà che questo disagio, questo problema, poi lo scaricheremo in qualche modo su quelli che ci stanno vicini. Allora uno deve cercare di trovare la propria strada. Non per forza tutti dobbiamo fare i medici, gli avvocati o…c’è la possibilità, e c’è sull’Etna, di diventare un viticultore. Non ci scordiamo che per noi se il viticultore è quasi un lavoro delle persone meno abbienti, se voleTe piu’ stupide od altre… in altre zone in cui della viticultura e dell’enologia ne hanno fatto veramente una grande ricchezza, una grande opportunità. Ad esempio in Francia, un viticultore, uno che lavora nei vigneti, è considerato alla pari di uno che lavora in banca. Allora. Bisogna ridare dignità a questo lavoro! Bisogna ridare anche soddisfazioni economiche perchè ci vuole l’una e l’altra.
Certo!
R. Ecco, questa è la nuova mentalità che noi dobbiamo cercare…
La nuova sfida proprio!
R. La nuova sfida che dobbiamo vincere perchè, se non vinciamo, noi ridaremo il nostro territorio, la nostra terra, a qualche altro colonizzatore.
Salvo, Tu nel Tuo libro parli di un vino dell’Etna che è cambiato…no ? ..nel corso degli anni. Oggi il vino dell’Etna a che livello è ? Cioè…com’è cambiato ? E’ cambiato in meglio, sicuramente. C’è piu’ qualità. C’è piu’ ricerca, no ?
R. Si, questo si! Diciamo che il vino dell’Etna è passato da un periodo in cui era molto legato alla tradizione…veniva prodotto, veniva fatto attraverso quelli che erano i palmenti etnei… aveva una Sua qualità intrinseca che nessuno, però, migliorava. Ad un certo punto come dire, si è fermato questo livello qualitativo del vino perchè, per questioni economiche, non conveniva. Non c’era interesse ecc…poi sono subentrate delle leggi, europee, che in qualche modo hanno messo fuorilegge i palmenti. Questo modo molto ottuso, secondo me, perchè si poteva migliorare ed anzi, avendo insieme la parte diciamo tradizionale e, poi, la nuova tecnica che migliorava la parte tradizionale sicuramente saremmo arrivati ad un prodotto, per quanto riguarda…notevole, da un punto di vista qualitativo e, soprattutto, di eccellenza, come si diceva prima. Oggi noi abbiamo la possibilità di avere tantissime informazioni, siamo in un momento in cui basta andare su Internet e trovare tutte le informazioni che servono, quindi gli strumenti relativi all’informazione alla conoscenza oggi sono tanti. E questo ci sta permettendo, dicevo, ci permetterà sempre piu’ nel rispetto del territorio, nel rispetto del vino, nel rispetto dell’uomo, di trovare delle indicazioni, di trovare degli strumenti per far diventare questo vino dell’Etna che è di qualità, direi oggi, notevole…di farlo diventare ancora piu’ importante ma, soprattutto, piu’ tipico ed unico. Perchè unico è il territorio etneo ed unico dev’essere il vino prodotto sull’Etna.
Dott.Foti, dicevo poco fa, ho già parlato con il sommelier, oggi sto parlando con l’enologo, spero domani di poter parlare con un produttore di vini…ma chi è il vero protagonista, l’artefice del miracolo, del successo del vino italiano, del vino siciliano, etneo in particolare ? O è soltanto una buona operazione di marketing ?
R. Allora. Il successo o l’insuccesso di qualsiasi cosa si fa…è l’uomo…è dell’uomo. Non puo’ essere d’altri, no ? Quindi se l’uomo opera bene raccoglierà buoni frutti. Se opera male, non potrà raccogliere buoni frutti. Quindi cosa è successo in Italia? Cosa è successo anche qui sull’Etna ed anche in Sicilia ovviamente? E’ successo che, ad un certo punto, è cambiata la cultura…soprattutto in Sicilia, sull’Etna. Prima si ricordava il fatto che 20 anni fa, forse, era meglio non parlarne di vino perchè Ti davano dell’ubriacone, no ? Eh…oggi, invece, è la cultura perchè, oggi, il vino è diventato un prodotto culturale al pari di un quadro, al pari di un libro…
Perchè è l’espressione del territorio, di una popolazione…certo!
R. E questo ce l’hanno insegnato i francesi che ne hanno fatto un vanto.
Lei è, però, diplomatico Dott.Foti! Le ho chiesto chi è il vero protagonista di questo miracolo…l’enologo ?
R. No. Allora. Se pensiamo che è l’enologo…no! Il vero protagonista di questo miracolo è l’uomo nella Sua capacità di dare il giusto peso alle cose…di capirle. E sicuramente se vogliamo, poi, dire in assoluto chi è l’artefice, il protagonista…il vero…come dire…il vero successo del vino…è il territorio.
Il territorio…
R. Che io vorrei chiamare non “territorio” che viene dal francese “terroir” che oggi è, insomma, conosciuto e forse abusato ma vorrei parlare di paesaggio. Ecco, un altro termine: il paesaggio è l’ambiente, l’insieme, il terreno, il tipo di terreno, il tipo di clima ma, poi, il paesaggio che ha costruito l’uomo in questo territorio. Quindi, quello che noi dobbiamo fare, questo vale – secondo me – in tutto il mondo ma, soprattutto, sull’Etna…non dei vini prodotti sull’Etna ma dei vini etnei. Cioè mantenere la nostra personalità. Non vergognarsi di avere la propria personalità e cercare di esaltarla. Quindi farla diventare una grande opportunità perchè il vino oggi non è solo una bottiglia che si deve bere. Il vino è tutto quello che c’è dietro, poi c’è la gastronomia, poi c’è l’enoturismo, poi ci sono tante altre cose che possono portare solo ricchezza nella Tua terra, a casa Tua. Quindi, quando viene un nostro ospite, viene ad assaggiare il vino e viene da noi, noi lo dobbiamo rispettare perchè quella è la cosa, poi alla fine importante…che qualcuno venga da Te, stia bene e Ti porti economia.
Ed in quest’ottica, diciamo, sono nate le “Strade del vino”, no ? Ma Lei ritiene che queste Associazioni abbiano centrato l’obiettivo che si erano prefisso ?
R. Io ritengo che il problema non sia dell’Associazione, della “Strada del vino” perchè quelle sono cose ottime. Il problema è sempre di come l’uomo gestisce queste cose e della professionalità che ci mette a gestire queste cose. La legge in sé è sempre qualcosa, possiamo dire, d’importante come strumento ma se, poi, questo strumento non viene utilizzato bene, questo strumento non viene applicato bene, la legge non serve. Quindi torniamo sempre all’Uomo. E’ l’Uomo che, con la Sua capacità, con la Sua intelligenza, con la Sua professionalità puo’ fare di strumenti, come le leggi, come il vino, un’opportunità o un grande problema.
Quindi…l’Uomo…innanzitutto!
R. L’Uomo, innanzitutto! E’ l’Uomo che deve capire che ha una grande opportunità che è il vino e che potrebbero essere le arance…ma anche altri prodotti della terra. Non deve farle diventare un problema come spesso è capitato, no ?
Dott.Foti io starei ore a parlare con Lei. Purtroppo il tempo a nostra disposizione è scaduto. Però…un invito a chi ci si avvicina, ad esempio da profana come me, al mondo del vino. Un consiglio…
R. Beh! La conoscenza del vino è come la conoscenza degli uomini. Bisogna, per conoscere…girare, andare a vedere dove abitano, cercare di entrare nel loro intimo, di parlare, di discutere. Quindi, avere questa propensione a voler conoscere prima che giudicare. E, quindi, ci vuole tempo, ci vuole…ci si deve spostare, ci vuole curiosità. Così anche con il vino. Ci sono degli strumenti anche lì, legati al fatto di come degustare attraverso corsi che possono fare i sommelier ed altro. Ma, poi alla fine, quello è un inizio perchè poi, avuto questi strumenti, bisogna bere tanto e quando dico bere tanto non significa come quantità dico come qualità, quindi come tipologia di vini. Andare a vedere i posti in cui sono prodotti questi vini, conoscere se possibile i produttori perchè diventa la cosa piu’ importante…perchè ecco..ricordiamo sempre una cosa che ognuno fa il vino che è. Quindi se conosciamo la persona e poi conosciamo il vino dobbiamo e troveremo sicuramente una continuità, un’attinenza. Quindi…ecco…per chi è profano ? Bere tanto e soprattutto bere bene!
Perfetto, grazie del tempo che ha voluto dedicarci.
R. Grazie a Voi e…Salute!
Salute…eh già! Alla prossima!
Entusiasta di quell’incontro e cosciente delle promesse fatte (di cercare di avvicinarmi alla cultura del vino), mi fiondo insieme ad Antonio all’enoteca di Camillo Privitera. Deve per forza iscrivermi al corso di sommelier! Il buon Camillo, conoscendo le mie scarsissime capacità sensoriali, mi consiglia di incominciare con delle degustazioni guidate. La prima sarà il giovedì che segue. Mi iscrivo. Ci sarò certamente! Stiamo un po’ a parlare. Poi, al momento di salutarci, Camillo mi ricorda l’appuntamento “Allora, Silvia Ti aspetto giovedì per la degustazione di Amarone”….”Come di Amarone, Camillo ? Non si era parlato di vino ?” Dallo sguardo scoraggiato che Camillo rivolge ad Antonio capisco che la strada…la mia…sarà lunga, molto lunga!
Va da sé che Vi consiglio di leggere il bellissimo “La montagna di fuoco”, un suggestivo viaggio attraverso ricordi e vigneti alla scoperta dell’Uomo, della Sua civiltà, della Sua cultura. E, come il saggio di cui racconta Foti nel libro, da oggi anch’io penso che nella vita puo’ esserci posto per una bottiglia di vino, una sola. L’importante è avere cura che sia veramente buona. Giuro, Salvo!..sarà la migliore!
Silvia Ventimiglia- Ottobre 2009