A Tu per Tu con Elio Ruffo, maestro ritrattista
Laddove il pensiero prende forma e…si colora!
Anche incontrandolo tra una folla vociante e scomposta, il protagonista di questa ulteriore intervista non puo’ passare inosservato. Fisico asciutto e segaligno. Portamento eretto nonostante la non piu’ giovane età. Classe innata che deriva sicuramente anche dall’appartenza ad una famiglia che ha dato i natali alla bella Paola che oggi siede sul trono piu’ alto del Belgio. Sull’argomento, il nostro protagonista glissa imbarazzato. Basta un colpo d’occhio per notare come il Suo sguardo veda in profondità cio’ che Lo circonda. E’ uno sguardo attento, speculativo ed avido di incamerare quanto Lo circonda… fonte, ne sono sicura, di ispirazione. Lui è Elio Ruffo, uno tra i piu’ quotati ed importanti ritrattisti in circolazione. Avvicinandosi la mostra che, finalmente, Catania ha voluto “regalarGli”, non posso non pensare a Lui per questo nuovo ritratto e pertanto Lo invito a raggiungermi e… premo rec.
E’ con grandissimo piacere edonore che,quest’oggi, incontro il Maestro Elio Ruffo, pittore. Ritrattista in particolare… con oltre, pensaTe un po’, 60 anni di storia artistica alle spalle. Maestro, innanzitutto, grazie di aver accettato il mio invito!
R. Mah! Grazie a Lei. Mi sta dando il modo farmi conoscere tra i Suoi tanti lettori…
Maestro, come al solito, mi permetterà una breve incursione nel Suo privato. Lei nasce nel cuore di Catania nel 1932 da famiglia di antico lignaggio. Ecco, che città era Catania allora? Insomma, il progresso ha aggiunto qualcosa ma sicuramente ha tolto altro….
R. Mah…guardi. La ringrazio intanto per queste note sulla mia origine ma, dato che il nostro incontro verterà sulla pittura, oggi preferisco parlare solo di colori. Per quanto riguarda la zona in cui sono nato che, con orgoglio dico, era Piazza San Cristoforo…Apro parentesi, la Piazza San Cristoforo di allora non era come comunemente s’intende oggi anche se c’era un certo tipo di personaggi particolari, caratteristici…i famosi “spataioli”… però il mondo della droga ancora non aveva guastato totalmente quelle persone e, quindi, c’erano molti sentimenti, miseria anche allora… ma c’erano molte persone perbene che abitavano quella zona. Il progresso, dicevo, nel caso della zona di San Cristoforo, ha tolto molti personaggi caratteristici…ha fatto scomparire molti sentimenti umili e sinceri. Ha aggiunto che cosa ? Ha aggiunto molte cose negative… molta piu’ confusione di prima, molti personaggi poco raccomandabili che guastano l’ambiente che potrebbe, invece, essere rivalutato…rivisto e sicuramente portato ad un miglioramento socio economico.
Erano i tempi in cui il centro storico di tutte le città era, davvero, il cuore pulsante della società, il cuore sano. Maestro, la predisposizione all’arte si manifesta in tenera età. So che, sin da piccolo, Lei passava il tempo disegnando con il gesso sul terrazzo di casa, proprio nella casa di San Cristoforo imitando il grande Jacovitti…
R. Mah! Prima addirittura facevo delle grandi teste di pupi…di pupi siciliani. Poi…piano piano, piu’ grandicello cominciai proprio ad imitare Jacovitti di cui ero innamorato e riuscivo discretamente bene a farlo con grande ammirazione, devo dire, dei miei compagni di giochi di allora e con poca soddisfazione dei miei genitori che mi davano magari qualche scappellotto dicendo “Pensa a studiare anziché fare ‘ste cose!”.
Maestro, poi ad un certo punto, c’è l’incontro vero con l’arte perchè Lei, ad un certo punto, ritrova dei colori Pelikan…e questo sa che è un episodio che mi ha colpito immensamente… trova dei colori Pelikan tra i rifiuti lasciati dalle truppe tedesche in ritirata in una caserma della periferia nord di Catania e, diciamo, che lì comincia tutto. Lei si avvicina con amore agli acquarelli, no? Ecco, Lei in quel periodo aveva 12 anni. Quella era una realtà difficile per tutti i bambini, no? Ma Lei con quei colori che cosa voleva fare ? Colorare la realtà che, in quel momento, era per tutti incolore o… cosa?
R. Mah! Appunto, bisognerebbe… per capire l’emozione che tuttora mi pervade pensando a quel momento…bisognerebbe riesumare la storia e rivedere il periodo in cui si vivevano quegli anni cioè…c’erano bombardamenti, c’era poco mangiare, c’era lo sfacelo della società e, quindi, non c’erano libri, non c’erano quaderni per i bambini che andavano a scuola. All’improvviso, trovarsi di fronte alle truppe germaniche in ritirata, di fronte all’invasione dei civili che, compresa la ritirata dei soldati, ruppero il chiavistello del portone principale, entrarono in massa e rubarono tutto… Hanno rubato mobili.. mangiare…formaggi e noi bambini, invece, siamo andati dentro per vedere di trovare qualcosa e ci siamo trovati di fronte a questo magazzino pieno di libri, pieno di registri e, quindi, l’emozione di vedere cose da…per… scrivere fu tantissima. E fra queste cose vidi, appunto, come Lei giustamente ha ricordato, 2 o 1 scatola di colori Pelikan. Sa…quelli di latta con i tubetti classici da acquarelli? Fu una specie di rivelazione, una scossa, una cosa che ricordo ancora con tantissima emozione e cosa dovevo fare ? Li portai a casa, li nascosi subito sotto la camicia per paura che qualcuno li potesse trovare e levarmeli e cominciai a dipingere. Che cosa ? Comincia a dipingere quello che vedevo intorno a me…quindi le divise, per esempio, dei soldati americani cioè i colori kaki oppure quelle dei soldati italiani che erano grigio – verde. Ecco, cominciai così!
Maestro, ripensando ai bambini di allora… la Vostra era una realtà veramente difficile però, rivedendo quelle facce, si ha l’impressione che i bambini di allora fossero…Voi foste…piu’ contenti rispetto ai bambini delle nuove generazioni. Lei cosa ne pensa?
R. Mah…probabilmente, guardi, è vero. Perchè, malgrado la fame, però sicuramente non c’erano gli esempi della televisione che ci facevano vedere dei paradisi che noi non potevamo conoscere. Quindi, quello che avevamo, quello che potevamo conquistare in un attimo…come potevano essere le scatole di colori Pelikan…era una conquista che ci riempiva di gioia e già ci dava grande gioia, grande soddisfazione. Quindi…era questo, probabilmente, il nostro modo… nella semplicità… di vivere anche momenti difficili.
Insomma, aveTe anticipato un po’ quello che poi è stato lo slogan del ’68 “La fantasia al potere”. Voi mettevaTe a disposizione della Vostra vita la fantasia…quella avevaTe!
R…e quella avevamo. E di quella ci nutrivamo in sostanza e riuscivamo a riempire molti vuoti e riuscivamo a colmare anche molte visioni di cose poco piacevoli come la guerra sa elargire in maniera notevole e negativa, purtroppo.
Maestro, poi…continuando in questo excursus sulla Sua vita…Dal 52 al 54 La ritroviamo, addirittura, in Somalia per conto dell’ONU in qualità di radiotelegrafista della Marina Militare Italiana. Ecco…che periodo fu quello somalo per lei? Solo una tappa verso l’indipendenza economica o cosa ?
R. No, non solo. Iniziò con l’idea patriottica perchè in quello stesso periodo cominciarono i fatti di Trieste. Quindi, sì… fu l’amore patriottico che mi convinse ad arruolarmi volontario in Marina ed era anche il periodo che, dopo la morte di mio padre, c’era la necessità di trovarmi un’occupazione, di rendermi indipendente. Quindi andai in Marina. Mi arruolai volontario e, dopo essere stato imbarcato su alcune unità, andai in Somalia. Sempre volontariamente perchè tutto quello che dicevano di fare…ero sempre io che alzavo la mano e partivo volontario. E rimasi lì 2 anni e mezzo. Sì, come Lei ha ricordato, fu l’ONU che diede all’Italia il mandato di rendere indipendente la Somalia… un mandato di 10 anni. Quindi, parliamo degli anni 50 e fino agli anni 60 e per questo compito fu creato l’AFIS…si chiamava…Amministrazione Fiduciaria Italiana in Somalia ed io feci parte della seconda spedizione come radiotelegrafista a Mogadiscio prima, ma sempre volontariamente, e poi ad Alula. Alula…per chi non lo sapesse…è nella parte nord nel Golfo di Aden da dove partono oggi praticamente i famosi pirati che assaltano le unità in mare e che già allora si sapeva che esistessero perchè protagonisti di tanti episodi criminosi. Pensi, ad esempio, che spegnevano il faro che c’era proprio ad Alula in modo che le navi, con il buio della notte, andavano ad insabbiarsi. Poi Loro con i Loro “Urrì”… barche velocissime…andavano ad assaltare queste navi in massa ed insomma le depredavano.
Maestro, poi…la vita prende il sopravvento. Lei si sposa, diventa padre di 4 figli e negli anni ’70 comincia ad esporre. Io L’ho presentata come grande pittore, davvero, e fine ritrattista. E lo è, infatti. Da allora tantissimi successi…Dagli anni ’70 è proprio un continuum, in tal senso. C’è un lavoro…una mostra a cui Lei è particolarmente legato? Vorrei ricordare che Lei è il ritrattista che ha realizzato i ritratti dei Presidenti della Provincia regionale di Catania che sono esposti a Palazzo Minoriti; opere Sue sono esposte all’Assemblea regionale Siciliana…(Un curriculum di tutto rispetto quello del Maestro Ruffo. Mentre lo scorro, mi colpiscono alcune tappe:1989 “Alkantara” Olio su tela per la Pinacoteca del Comune di Tremestieri Etneo; 1995 Grande tondo raffigurante Sant’Agata per la Chiesa Madre di Viagrande; 1999 Opera per il Museo del Presepe di Rivisondoli (L’Aquila); 1999 Premio alla carriera “Aquila d’Argento” San Giovanni La Punta ed ancora autore della Galleria di 14 ex Sindaci del Comune di Misterbianco; 2000/2001 autore Galleria di 30 ex Presidenti della Provincia di Catania presso Palazzo Minoriti; 2001 Ritratto di Bellini conservato presso il Museo Belliniano e cos’ via….un elenco lunghissimo).
R. Mah…intanto diciamo… che dovrei parlare della ritrattistica in genere che mi sono trovato a fare per caso perchè ero convinto di non saperla fare. Poi è stata una vecchia pittrice che si chiamava Nicotra, Franceschina Nicotra, che adesso non so che fine abbia fatto, che mi ha convinto invece dicendo “No, Tu ce la fai. Sei bravo”. E da lì ho iniziato. Quale particolare ritratto o mostra mi porta alla memoria…questo onestamente non lo so perchè ogni volta che cerco di fare un ritratto mi immedesimo. Adesso, non è per creare una posa da artista ecc…ma dico la verità. Ogni volta che mi dedico ad un ritratto… perchè il ritratto deve essermi ordinato…non è un paesaggio, non è la natura morta…ogni volta quindi, cerco di studiarlo a fondo nella caratteristica…cerco di informarmi per esempio sulla personalità. Se è una persona…uno sportivo e, quindi… ha un incarnato piu’ scuro. Se è uno studioso e quindi…e così via. Ogni singolo ritratto è un percorso unico che mi porta a concentrarmi al massimo. Infatti, dopo ogni ritratto, io non posso fare subito un altro ritratto ma devo fare un’altra pittura che puo’ essere una composizione ecc…perchè …come posso dire…l’emotività, l’impegno che mi porta via il ritratto deve assolutamente poi dopo essere scaricato con un’altra cosa.
Ecco, Maestro, veniamo ai giorni nostri. Parlando di mostre non possiamo non parlare di quella in programma al Castello Ursino dal 30 maggio e fino al 16 giugno. Ce ne vuole raccontare le caratteristiche? Cosa vedremo di Elio Ruffo?
R. Mah! Questa, penso, che sia una mostra completa nel senso che parte dal 1948 con alcuni disegni. Quindi ’48…io sono nato nel ’32 facciamo un po’ il conto…quindi, ero abbastanza giovane e sono dei disegni dove cercavo già di dire qualcosa perchè per me la pittura deve dire qualcosa. Non dev’essere statica nei sentimenti nel senso che uno guarda il paesaggio “Oh! Ch’è bello” No…io vorrei dire, attraverso ogni singola pennellata…poter comunicare qualcosa, quello che in quel momento io sento. Non è una cosa facile ma ci provo.
Maestro, parlando proprio di arte. Lei pensa di aver dato di piu’ o di aver ricevuto di piu’? Insomma, è stato o no “propheta in patria”?
R. Ma, indubbiamente, Catania è una città strana, almeno da questo punto di vista almeno, intendo. Se noi vediamo, infatti, gli onori che hanno ricevuto i grandi artisti catanesi…ci dovremmo un po’ vergognare. O meglio, si dovrebbero vergognare un po’ i politici di essere catanesi perchè noi…sappiamo la storia, per esempio, di Emilio Greco….no? Hanno fatto da poco il Museo. Di Amendola, lo scultore della fontana dei Malavoglia di Piazza Giovanni Verga e per non parlare anche del grandissimo Vincenzo Bellini che non è che venga tanto ricordato… Quindi, trovarmi un bel momento ad essere onorato dall’attuale Amministrazione comunale, dall’Assessore, con una mostra del genere a Castello Ursino, mi riempie di orgoglio e di speranza che, forse, possa nascere un nuovo Risorgimento anche a Catania. Ma è una speranza perchè penso che quando cambieranno i politici ricominceremo daccapo.
D’altra parte si parla sempre di corsi e ricorsi storici di vichiana memoria…speriamo in questo! Maestro, poco fa parlavamo di ritratti…Lei, in quello, chiaramente si ispira ai grandi maestri del passato no? Lei è è famoso e noto per queste gallerie di ritratti però so che, a partire dagli anni ’80 Lei, ha guardato con interesse alla corrente del Postmodernismo che si contrappone alla Transavanguardia… esattamente all’Ipermanierismo o “pittura colta”. Ecco, a questo filone che segue aggiunge sicuramente un tocco di originalità no? Perchè so che in Lei, lo ha dimostrato anche per quello che ha raccontato fino adesso, lei aggiunge come dire un recupero di sentimenti ed anche di oggetti tratti dalla propria memoria. E’ corretto?
R. Correttissimo…oggetti della memoria. Si, come detto poc’anzi, cerco di dire qualcosa attraverso la mia pittura ed in questa ricerca c’è stato per me il recupero rispetto appunto alla Transavanguardia, quei movimenti che c’erano soprattutto negli anni ’80…il recupero della forma, quindi del disegno, la tecnica che è quella usata dai nostri grandi maestri del passato…cioè l’olio dato “a velatura” e poi i soggetti che si riferiscono a dei sentimenti che possono essere legati alla letteratura, possono essere legati alla storia, possono essere legati agli oggetti della memoria come, appunto, interpreto io. E quindi i nostri giocattoli antichi e quindi il Pinocchio e quindi..perchè no?…i pupi siciliani, le nostre ceramiche di Caltagirone viste dal vero in un certo modo, rielaborando il vero nel contesto, appunto, di un disegno ritrovato e di una tecnica che, pur essendo antica, io considero moderna.
Maestro, questo passato che sentimenti Le suggerisce ? Insomma, lo vive sicuramente non con distacco ma…di cosa è impregnato ? Di nostalgia…di rimpianti di cose magari che sperava di fare e che non è riuscito a fare ? Di cosa?
R. Mah! Indubbiamente lì bisognerebbe scavare nel profondo, nel mio profondo e però io Le dico questo. Che lo faccio perchè mi da delle emozioni rivedere, per esempio, una vecchia radio oppure rivedere la vecchia bambola di pezza di mia figlia quand’era piccola oppure, che ne so, un Pinocchio che io ho cercato tante volte quand’ero bambino magari di avere e non sono riuscito ad avere, mi da un’emozione. Ma quello che spero e penso è che quelli che guardano il quadro possano avere le stesse emozioni che ho provato io quando l’ho dipinto.
Maestro, siamo veramente in conclusione, solo una battuta. In un pittore, in un bravo pittore, il pensiero prende forma e cos’altro ?
R. Mah! Il pensiero prende forma perchè sicuramente tutto quello che si fa, almeno che io faccio ma penso non solo io ma tutti gli altri pittori, nasce nel cervello…si pensa prima quello che si deve fare quindi è un pensiero colorato, è un qualche cosa che poi tramite la mano, tramite la tecnica che ciascuno di noi possiede, si mette sulla tela e c’è anche quel pizzico di creatività che, mi consenta brevemente di dire che neanche uno scienziato ha saputo mai definire esattamente cos’è…io dico, romanticamente, che è un folletto il quale viene da mondi sconosciuti ed un bel momento s’insinua nella mente, non so se a caso o volutamente, di qualcuno e lo fa diventare magari Michelangelo o quello che ha inventato la ruota. Nel caso mio, io lo definisco, appunto, un folletto che ogni tanto mi sussurra delle immagini colorate che io cerco, poi, di mettere sulla tela.
Maestro, ricordando quindi la mostra che si svolgerà dal 30 maggio al 16 giugno al Castello Ursino…se c’è qualcuno che volesse avvicinarsi alla Sua arte, a parte che insomma venire a visitare questa bellissima mostra, Lei ha delle coordinate da dare ? Com’è possibile raggiungere il Maestro Elio Ruffo?
R. Io abito a Viagrande e sull’elenco telefonico c’è il mio numero. Sono disponibile sempre quando si parla di pittura. Disponibile a tutti e con chiunque.
…anche solo per una bella chiacchierata così com’è stata la nostra. Maestro…che dire? La ringrazio di cuore. Alla prossima.
Stoppata la registrazione, la nostra conversazione continua sul filo dei ricordi. Le parole risultano quasi superflue. Nei Suoi occhi scorrono nitide quelle stesse immagini che racconta. Sembra proprio di vederLo mentre bambino, con il Suo tesoro nascosto sotto la camicia, si rifugia in casa al riparo da sguardi indiscreti. Sembra di sentire il tumulto del Suo cuore in preda alla paura delle bombe. Mentre racconta, la mia simpatia aumenta ed il Suo sguardo si posa su alcuni miei appunti. Nota la mia grafia piena e rotonda. Mi manifesta il Suo apprezzamento indice, dice, di equilibrio di carattere e di apertura verso la vita. Ricordo a me stessa, che molti anni fa…una decina forse…qualcuno mi fece notare che nella mia grafia non c’è differenza di altezza tra le lettere. “Tutte minuscole. Segno di piattezza, di mediocrità!!!” Ero in pieno clima di mobbing, com’è successo almeno una volta nella vita a tutti noi…cio’ doveva fungere da molla per farmi “scattare”. Incassai, allora, e conservai nella memoria. Lo racconto al Maestro Ruffo. “Punti di vista!…Vede…io Le avevo lette tutte maiuscole, non minuscole le Sue lettere. Forse chi Le ha detto questa fesserie aveva una visione “piccina” della vita. Che vuole che Le dica?!” Dopo queste parole, va da sé che la simpatia per quest’uomo…… Ma questa è un’altra storia.
Silvia Ventimiglia – Aprile 2009