Intervista al “Trionfo della Morte” di Palermo – 3^ parte

Un affresco anonimo di epoca tardo medievale
Uno dei molteplici “Sicilian Secrets” che la Sicilia custodisce gelosamente

In precedenza, Lei, l’affresco, ci ha parlato dei suoi restauri nel XIX secolo, ci ha ricordato diversi nomi che la critica ha suggerito a proposito del suo autore, ci ha svelato che sulla sua sinistra sono presenti i ritratti probabilmente dei suoi pittori…continuiamo ad approfondire.

– Ci hai detto che sono presenti gli autoritratti dei pittori….

AFFRESCO: Si, sono i due personaggi sull’estrema sinistra, sopra i poveri. Uno tiene in mano un pennello ed è considerato l’artista principale, l’altro una ciotola con i colori. Questi, sin dai tempi più antichi, sono stati appunto considerati i due pittori, il principale e l’aiuto.
Ma negli anni’80 del 1900 una studiosa mi ha dato una nuova chiave di lettura, considerandomi una vera e propria “allegoria della peste” e rilevando delle caratteristiche, mai individuate prima, per dimostrare la validità di questa considerazione.
Anzitutto le frecce sono il simbolo della peste, e lei dichiara con ferma convinzione che sono l’unico tipo di Trionfo della Morte in cui i personaggi vengono colpiti dalle frecce. Spostando poi l’attenzione ai punti in cui le frecce colpiscono i miei personaggi questi corrisponderebbero ai <<territori linfatici più esposti all’infezione pestilenziale di tipo bubbonico>>: i bubboni infatti apparivano in particolare nel collo, nell’inguine e nell’ascella, e, secondo la studiosa, è logico che la scena, essendo stata rappresentata all’interno di un ospedale, alludesse al più temuto dei morbi che colpivano l’umanità di allora.
Quindi sulla base di trattati di medicina e testi sulla peste, i due personaggi fin’ora sempre considerati i due ritratti dei pittori, secondo la studiosa sono invece due medici, i curatori della peste. Quello di destra sosterrebbe in una mano un bisturi anziché un pennello e nell’altra un bastone terminante con una forma rotonda che, non ascrivibile tra gli arnesi dei pittori, potrebbe essere una spugna intrisa di aceto o profumi; tipica infatti era l’usanza di annusare qualcosa del genere in presenza degli ammorbati. L’aiutante invece porgerebbe al cerusico una ciotola forse destinata a raccogliere il pus estratto dai bubboni dopo l’incisione o a contenere medicinali.
Anche la presenza dei due musici, il suonatore d’arpa e quello di liuto, e la presenza di un jardin d’amour e di una fontaine de juvence dimostrerebbero la validità di questa tesi, in quanto elementi simbolici quasi sempre presenti nelle iconografie sulla peste.

– E che ci dici degli altri personaggi?

AFFRESCO: Sulla sinistra abbiamo la bassa società, poveri, derelitti, malati e i due pittori/medici che sono gli unici a non guardare la Morte. Questo gruppo non viene colpito dalle frecce, ma molti di loro pregano affinché la Morte possa prenderseli.
Al centro, sotto il cavallo abbiamo l’alta società, imperatori, ecclesiastici, papi e cardinali, in mezzo a loro Bartolo di Sassoferrato, un giurista di parte guelfa riconoscibile dalle scritte sul libro che tiene in mano. Sulla destra abbiamo invece donne e uomini dell’alta aristocrazia. E’ contro di loro che la Morte si scatena.
In alto abbiamo una fontana della giovinezza, simbolo di vita e di speranza, e vari richiami agli svaghi dell’aristocrazia dell’epoca: i musici, un uomo che tiene un falco sul braccio, un altro che tiene al guinzaglio dei cani, ambivalente simbolo di fedeltà incondizionata verso l’uomo e guida spirituale nel momento del passaggio.
Tutti i personaggi sono connotati da vesti, gioielli e accessori incredibilmente dettagliati.
E poi al centro di me la parte più bella, più visionaria e suggestiva, in cui un surreale cavallo, “meccanico”, caratterizzato da una semplice e lineare geometricità, viene guidato da un cavaliere, nudo, il cui scheletro è definito da una dettagliata e realistica anatomia e che porta con sé la falce e la faretra, suoi elementi iconografici tipici.

Il mio cavallo dicono che ispirò Picasso per la sua Guernica. Non so se Picasso venne qui ad ammirarmi, ma magari mi trovò in qualche libro e, come accade a tutti, rimase colpito dalla mia bellezza.

– Ma non si sa proprio nulla del tuo committente?

AFFRESCO : Mancano dei documenti attendibili anche perché l’archivio dell’Ospedale fu parzialmente distrutto da un incendio nel 1593. Una, o forse più persone mi commissionarono, e si può supporre che sia stato qualcuno inserito pienamente nell’ambiente culturale, religioso e politico palermitano.
Diversi sono stati i nomi proposti, tutti nomi giustamente ascrivibili all’ambito delle grandi personalità legate, per un motivo o per l’altro, all’Ospedale Grande e Nuovo di Palermo: il benedettino Giuliano Majali, ambasciatore alla corte aragonese e promotore della fondazione dell’Ospedale, il rettore Pietro Speciale, il vescovo Niccolò Tedeschi, i Beccadelli da Bologna: uno successore di Tedeschi, l’altro intellettuale e umanista alla corte di Alfonso V d’Aragona; e infine, non è stato escluso che potesse aver commissionato l’opera lo stesso Alfonso V.
Tutte proposte legate a eventi importanti e quindi a date storiche che divengono punti fermi per stabilire, in linea molto generale, dei limiti temporali. Ma anche questo aspetto non è scevro di contrasti e quando si cerca di datarmi ci si rende conto di non poter uscire dall’ambito deduttivo.

Continua….

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