Era solo uno studioso ed un ragazzo perbene…ritratto di Antonello Germanà Di Stefano

Il giovane studioso catanese fu travolto da una campagna diffamatoria relativa a “messe nere” ed orge ed il Suo cuore, già provato, non resse, Era innocente!

 

“Aldo, cosa ne sai di Antonello Germanà Di Stefano?”

Lo sguardo del mio saggio amico, Aldo Motta, si vela di un qualcosa che parla di malinconia mista ad un senso d’impotenza rispetto alla sorte toccata ad un “giovane colto, grande studioso, ragazzo perbene e buono come il pane”.

Le Sue parole mi arrivano come uno schiaffo in piena faccia. Vorrei confessarGli che non la penso come Lui, che – come tanti – ho sempre creduto alla campagna diffamatoria messa in atto da “qualcuno” che ha, poi, utilizzato gli organi di stampa gettando ombre sinistre sullo studioso ed Uomo Germanà facendone quasi uno strumento del Maligno. Così, solo per vendicarsi di un ipotetico torto subito.

Mi riprendo dalla sorpresa e chiedo di saperne di piu’. D’altra parte, penso tra me e me, la mia convinzione nasce dal sentito dire, quella di Aldo – e di tanti altri ancora, saprò – dalla conoscenza diretta delle persone e dei fatti.

Uno a zero…palla al centro.

E vediamoli questi fatti…

Era l’ottobre del 1995 e qui comincia il calvario giudiziario, narrato con dovizia di particolari dall’Avv.Lucia Cannizzaro in “Una vita per un’accusa. Messe nere ed orge a San Nicolò l’Arena di Catania” edizioni Incontri, del Prof.Germanà, di un mite consigliere comunale, di un monaco e di altri 2 ragazzi perbene. Ometterò i nomi, anche se di dominio pubblico, sol perchè i protagonisti sono viventi ad eccezione di Antonello ed il ricordare i Loro nomi – in mancanza di una riabilitazione confermata sì ma non eclatante così come furono le accuse a Loro carico, può riaprire ferite che è meglio lasciar rimarginare.

I nostri protagonisti, dicevo, furono oggetto di deliranti accuse che, come spesso succede, accesero le fantasie di una città credulona e fortemente ancorata alla religiosità ed alla superstizione. Le accuse parlavano di offese alla religione, per l’appunto, ed alla morale: messe nere, orge, profanazione di cadaveri, come recita il sottotitolo del libro citato, il tutto all’interno della monumentale Chiesa di San Nicolò che, essendo da tempo sconsacrata, bene si prestava ad essere teatro dei fatti narrati. Essi vennero amplificati, con il tono del sensazionalismo, dai media locali guadagnando anche la scena nazionale: troppo ghiotta la notizia, troppo pruriginosi i contenuti, troppo noti i protagonisti…tutti si tuffarono nel “piatto ricco” della notizia senza verificarne la veridicità.

Man mano che Aldo racconta, sento di trovarmi di fronte ad un episodio di aberrante cinismo…così come cinica lo era stata sempre io a liquidare la faccenda attribuendola ad una tradizione secolare che, qui da noi, mischia religione e superstizione e contrappone il Bene al Male in maniera semplicistica e, a volte, suggestiva. Mi tornano in mente le impressioni provate ad ogni apparizione pubblica e televisiva di Antonello (ormai diventato per me familiare), prima che questa vicenda venisse allo scoperto…a pelle non mi era mai piaciuto. Troppo calmo ed equilibrato per la Sua giovane età, troppo accademico per me, allora, il Suo dire. Come se ciò potesse essere una colpa. Insomma, quando ebbe inizio la campagna diffamatoria ai Suoi danni, non mi sfiorò minimamente l’idea che potesse essere estraneo ai fatti contestati anzi, per me, era la prova che avevo visto lontano…povera cretina, dico oggi. Che Dio mi perdoni, se avessi avuto la possibilità di scriverne…ne avrei scritto tutto il male possibile. E’ per questo che cerco parole di giustificazione per la Stampa di allora ma, sull’argomento, Aldo si irrigidisce. Lui Antonello L’ha conosciuto, apprezzato, voluto bene e ne ha toccato con mano la sofferenza per i fatti accaduti. Io no. Ha ragione. Non Gli interessa attaccare la Stampa né la Magistratura né la Chiesa…nello specifico hanno fatto tutto da sole per gettare ombra su di sé. Insomma, non occorre che Lui aggiunga altro…i fatti sono ormai notori.

Si sofferma a parlarmi, invece, di un ragazzo mite sottoposto ad una gogna mediatica senza precedenti che anziché restituire l’immagine di uno studioso di grandissima levatura, qual era Antonello, lo aveva dato in pasto alla curiosità piu’ morbosa minando quel cuore che presto non cedette consegnando un giovane di soli 34 anni ad una morte improvvisa ed assolutamente prematura. Aldo non si dà pace…lo dice con le parole e la gestualità sempre piu’ concitata. Si commuove al ricordo del Suo giovane amico e mi consegna copia del libro scritto dall’avvocato difensore, quella Lucia Cannizzaro, che fu custode dei sentimenti di paura umana, di umiliazione e di sbigottimento degli ultimi mesi di vita del Suo assistito. Un rapporto il Loro che aveva travalicato il muro del semplice rapporto professionale dandone vita ad uno di pura e sincera amicizia. “Con Antonello – aggiunge Aldo – non poteva essere altrimenti”. E’ inutile aggiungere che l’editore coraggioso che restituisce verità e dignità alla storia di Antonello Germanà Di Stefano è lo stesso Motta che, per ciò, è stato oggetto di querele da parte di chi aveva tutto l’interesse a che la storia narrata cadesse nell’oblio. Ad Aldo, ancora oggi, fa male pensare che la riabilitazione del Suo giovane amico sia stata affidata a qualche trafiletto pubblicato tra mille altre notizie a fronte di intere pagine in cui era stato “sbattuto, in prima pagina, il mostro!”. Come darGli torto. A molti, a me compresa, era rimasta la convinzione del coinvolgimento di Germanà, e degli altri protagonisti, essendo passata in sordina la notizia che il Giudice preliminare – Dott.Sebastiano Cacciatore – prima della morte di Antonello, ma Lui non lo seppe mai, avesse emesso una sentenza di “non luogo a procedere per insussistenza del fatto”. La Sua immagine era ormai compromessa così come la reputazione degli altri, affossata sotto un cumulo di fango. Per tutti, Germanà e compagni, erano stati i protagonisti di una turpe vicenda condita da amori proibiti, da messe nere, riti satanici ed orge in quel luogo che, da sempre… essendo vissuto nel palazzo nobiliare dirimpetto…, era stato il grande amore del giovane studioso. Venne letto in maniera volutamente distorta anche il ripristino della famosa FESTIVITA’ DEL SANTO CHIODO riportata in auge da Antonello con tutta la suggestione degli usi e costumi dei vecchi Monaci benedettini con tanto di processione che metteva insieme Ordini religiosi, Compagnie e Confraternite. Atto finale il bacio di quella Sacra reliquia alla quale, proprio ad Antonello, fu impedito di avvicinarsi dal nuovo Rettore della Chiesa…quello a Lui subentrato, nella carica, ed origine di tutti i Suoi mali.

Il racconto di Aldo ed il libro citato ci restituiscono il ritratto di un giovane, forse fuori dagli schemi del Suo tempo, diverso dai Suoi coetanei, attento a tutto ciò che Lo circondava, forte e fragile allo stesso tempo. Forte della Sua vastissima cultura e del Suo forte senso religioso ma fragile nella Sua fisicità con un cuore da sempre ballerino e che forse Gli dava quel senso di precarietà che accompagna tutti coloro che hanno problemi cardiaci. Precarietà a cui un infarto, provocato certamente dal logorio delle ultime vicende della Sua vita, pose fine e che Lo portò ad una morte improvvisa e prematura prima che la giustizia umana Lo proclamasse innocente. Un dato che non può passare in sordina e che esce fuori dal racconto di Aldo, e da quanto scritto dal Suo legale, è che Antonello avrebbe potuto difendersi con maggiore incisività se solo avesse permesso di rendere pubblica la passione amorosa che il Suo accusatore, un prete, aveva nei confronti di un giovane parrocchiano e che fu la causa scatenante dell’odio contro Antonello, reo di aver aiutato quel giovane ad uscire da una relazione morbosa ed insana. Di quell’amore, attestato da lettere appassionate, Antonello non volle servirsi per difendere la propria reputazione. Era amore, per Lui, e come tale andava rispettato a costo di qualsiasi sacrificio personale.

Questo era il Prof.Antonello Germanà Di Stefano, un giovane studioso catanese che ha pagato con l’onta della calunnia e con la morte il Suo essere uomo di cultura e di fede. Un UOMO, in definitiva.

Va da sé che, alla luce di quanto saputo, diversa sarà la mia chiave di lettura dei “ricordi” che ad ogni ricorrenza la Zia Santuzza…che ogni lettore de La Sicilia ha imparato a conoscere …regala al nipote tanto amato. Ha ragione quando parla di martirio e di sacrificio.

So adesso che Antonello fu agnello sacrificale e so anche chi ne furono i carnefici. Tanti. Me compresa.

Alla prossima!

 

 

Share

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *