A Tu per Tu con Don Roberto Paternò Castello, Principe di Biscari
Oltre vent’anni fa, la felice intuizione del discendente della blasonata famiglia e nacque… OLIVE D’ARAGONA, vera spremuta di olive siciliane!
L’occasione per una lunga chiacchierata con Don Roberto Paternò Castello, Principe di Biscari, è data dalla visita a ciò che rimane dello sconfinato feudo di Aragona dove, tra il 600 ed il 700, i Principi di Biscari coltivano riso per poi venderlo alle navi, attraccate al porto di Catania e dirette nelle Venezie. E’ qui che oggi Roberto produce il Suo ottimo olio extra vergine d’olive, vincitore di tanti premi e definito uno dei migliori oli siciliani, certamente il migliore della provincia di Catania, a riprova che la qualità è l’imperativo categorico della Sua produzione: “80% varietà “Cipressino”…20% Nocellara dell’Etna” sottolinea aggiungendo, con orgoglio, di possedere ben 2550 piante della prima e 250 della seconda varietà.
Man mano che ci avviciniamo alla proprietà, anche il tono di voce tradisce grande emozione…questa avventura imprenditoriale, cominciata oltre 20 anni fa, è per il Principe una scommessa vinta. Mi racconta di aver investito il patrimonio riunito grazie alle eredità ricevute da parte paterna e materna ( quei Nicolaci di Villadorata proprietari a Noto del palazzo, trionfo del migliore barocco siciliano, oggi riconosciuto “Patrimonio dell’Umanità)) e di come, da novello “ricostruttore” come ama definirsi , dopo una vita di grandi affanni, sia riuscito a regalarsi questo sogno.
“Non ho vizi né stravizi…almeno non piu’, mi dice sorridendo con quegli occhi saraceni di chi dice meno di quello che pensa. Nel dirlo, le rughe di espressione si distendono ed il Principe, grazie all’entusiasmo che prova, appare piu’ giovane dei Suoi 66 anni appena compiuti.
“Sono nato nell’ottobre del 45. Mio padre era appena tornato dalla guerra…”Lo dice con un sorriso malizioso quasi a voler rimarcare il fatto che Suo padre, il tanto amato padre Ignazio, ci abbia messo tutta l’enfasi possibile nel concepirlo. Padre cui fa riferimento spesso, perduto troppo presto ed al quale rivolge il pensiero quale esempio da seguire. Si sofferma spesso a raccontare episodi esilaranti. Un principe di grande umorismo, divertente e tanto buono. Non sono i ricordi filiali a sublimarne l’immagine: questo è ciò che ricordano tutti coloro che hanno avuto il piacere di conoscerlo. Un padre molto presente nell’assenza. Il principe racconta di come, alla Sua precoce morte scoprì, a 18 anni, una realtà completamente diversa da quella in cui ero vissuto fino ad allora. Prima, ricco rampollo della migliore nobiltà, poi improvvisamente a dover fare i conti con una città che perdona tutto ed il contrario di tutto ma non chi cade in disgrazia economica. I ricordi si fanno carichi di dolore quando ripercorre le tappe di quello che definisce il periodo di una vera e propria ghettizzazione. Da ottimo partito, qual era considerato prima, viene allontanato dalla città che conta, impaurita dalla nuova situazione venutasi a creare e che ha investito la Sua famiglia. Forse un modo di esorcizzare le proprie paure….Principe dei nostri tempi, calato nella realtà, ma forte anche del vissuto e della frequentazione con le famiglie “povere” di Piazza Asmundo dove ha trascorso l’infanzia a Palazzo Nava, Roberto Paternò ricorda di quando il gioco si fece duro. Tappe di vita che, a rivederle in prospettiva, fanno sorridere ma averle vissute, ingoiando bocconi amari, ha lasciato certamente solchi profondi nel Suo animo. Lo si capisce dalla “democraticità” del Suo sentire e dal cambio di registro della mimica facciale…il principe passa disinvoltamente al racconto di episodi esilaranti a ricordi di profonde crisi e non solo di carattere economico. Racconta che, rimboccatosi le maniche andò a lavorare alla Pepsi Cola con mansioni che nulla avevano a vedere con il Suo status sociale. Chi avrebbe dovuto aiutarlo, probabilmente per il piacere meschino di affermare uno stato da “nuovo” ricco, non aveva trovato di meglio che procuraGli un lavoro da operaio e Lui, accettando la sfida…non l’unica della Sua vita, aveva fatto di tutto per diventare l’operaio specializzato piu’ bravo sul mercato. Lui che era stato educato per altri compiti. Mi mostra le mani, diventate piu’ grandi, a forza di scaricare cassette di bottiglie. Lo racconta e ride… “Mi dovevo vuscare il pane” mi dice con un candore che mi pare veramente principesco, senza falsi pudori. Da persona egocentrata. Persona che non deve apparire…è! Poi, il passaggio al settore bancario che Gli permise di condurre una vita piu’ regolare ed anche piu’ consona ma che, soprattutto, Gli ha forgiato quella forma mentis che Gli è tornata utile nella Sua avventura imprenditoriale.
“E’ stata propria la mia esperienza bancaria che mi ha permesso di fare un certo tipo di valutazione. Capì anzitempo che il prezzo dei terreni ereditati si sarebbe svalutato fisiologicamente nel tempo e che occorreva creare un marchio d’eccellenza per far sì che il loro valore crescesse. E così è stato. Oggi il valore reale della mia proprietà è deciso dalla considerazione e dal rispetto che il mio marchio “Olive d’Aragona” si è conquistato sul campo. Il Principe continuerebbe all’infinito a parlare della Sua “creatura” ma la mia curiosità ci porta su altri fronti. Quello sentimentale, in primo luogo. Una vita la Sua, anche da questo punto di vista, alquanto movimentata, ma che Gli ha portato in dote , attraverso due matrimoni, un patrimonio di affetti rappresentato dagli amatissimi figli Ricciarda, Ignazio e Corrado, per i quali il Principe Biscari, come un padre qualsiasi vorrebbe essere un punto di riferimento ma a cui “ un certo tipo di educazione unita ad un carattere introverso” ammette “ impedisce di esternare l’affetto in maniera semplice, spontanea. Forse, sono stato piu’ bravo con Corrado, il piccolo. Lo spero, almeno ma per natura, non sono uno espansivo. Spero di recuperare strada facendo. Certo, mi piacerebbe che a Loro passasse il testimone nella gestione della mia attività ma si sa i figli non sono nostri, come cita Gibran, hanno la Loro vita, i Loro sogni…la speranza è quella, però, che un giorno decidano di “sposare” la causa di Aragona anche come segno di continuità tra ciò che siamo stati, ciò che siamo e ciò che saremo. Succederà con i miei nipoti? Chissà…Due già ci sono, Giovanni Paolo e Federico. Anche parlando di Loro, il Principe ammette la Sua incapacità di comportarsi da nonno nell’eccezione piu’ classica. Arriviamo finalmente ad Aragona, ed anche ad una pettegola come me, appare chiaro che da quel momento sarà questo l’unico argomento di discussione. Me ne dispiace, onestamente… “Sei curiosa come una scimmia, eh?” E’ quello che va ripetendomi da quando ci conosciamo…Lo ammetto, è vero ma trovo estremamente divertente immaginare il XIII Principe di Biscari (Lo sarò alla mia morte…mi ci vuoi fare diventare prima? sottolinea) che si carica la Sua titolata Mercedes Classe B (l’ho presa perchè posso trasformarla in furgoncino, quasi a volersi giustificare il lusso concessosi Lui scevro da ogni forma di esibizionismo edonistico) che scarica una partita di olio nello yacht del Presidente della Warner Music, attraccato al porto di Catania, e che rischia di ricevere la mancia.. Un tipo divertente, non ci sono dubbi ma comunque sempre misurato, retaggio di un’educazione rigida che l’ha visto pestifero alunno al Demerone di Roma. “E’ li che mi sono scoperto intollerante alle imposizioni. Io volevo vivere a casa mia. Mi mancavano i miei, casa mia eppure, non si capisce perchè, ho dovuto frequentare lì la maggior parte della mia carriera scolastica” Se quell’imposizione Gli ha acuito un’intolleranza di base, ascoltandolo ed apprezzandone il tratto umano, si ha l’impressione che quel periodo abbia lasciato una voragine nel Suo cuore. Una carenza affettiva che nulla è riuscito a colmare…nonostante il peggio sia finito e che la vita sia tornata a sorriderGli permettendoGli di trascorrere le giornate secondo quei ritmi che Gli sono cari. Grazie anche e soprattutto alla compagna di vita, Rosanna Romeo, amore perso di vista in gioventù e ritrovato in età adulta. Una storia d’amore d’altri tempi così come gentiluomo d’altri tempi è Roberto Paternò.
Dopo la visita, con gli occhi ancora pieni di tanta magnificenza e la testa piena delle lunghe discussioni del Principe, sempre preda di quella curiosità che non mi abbandona mai, Gli chiedo cosa rappresenti per Lui l’appartenenza ad una famiglia l’unica che potrebbe definirsi, qualora le vicende storiche l’avessero permesso, casa regnante…”Ma sai, per me questa cosa ha un valore sentimentale che si esplica nel rispetto dovuto a tanti illustri antenati. A volte l’ho dimenticata sta cosa, nel corso della vita, e me ne dispiace. Bisognerebbe vivere sempre all’altezza del proprio nome ed io, onestamente, non l’ho sempre fatto. Dalla mia c’è che la vita è stata complicata non mi ha scontato niente per il solo fatto di essere principe, al contrario. Poi, onestamente…la contezza di esserlo, di potermi fregiare di un titolo che a molti fa sognare, io l’ho avuta in età adulta. L’ho capito verso i 40 anni…prima non me n’ero reso conto forse anche per la normalità della vita che conducevo tra mille affanni come tutti. Niente hight society o situazioni come potresti immaginare Tu…sono stato un padre ed un marito con un mare di problemi da risolvere, di sopravvivenza in particolare. Come tutti, insomma.
Arrivati ad “Aragona” dicevo tramonta la mia speranza di scavare nel Suo privato…da quel momento, il Principe sarà un fiume in piena ricordando il momento in cui decise di trasformarsi da semplice agricoltore ad imprenditore agricolo…decidendo di imprimere, per l’appunto, uno sviluppo ed una proiezione nel futuro a quella che fino ad allora era stata la semplice produzione di olio che proveniva dalla proprietà ereditata. L’Azienda è situata lungo le pendici dell’Etna, severa testimone della nostra visita, nella valle racchiusa tra i fiumi Salso e Simeto. Nel tragitto di avvicinamento alla proprietà, il Principe mi aveva fatto ammirare la particolarità della posizione. Un pezzo di terra, a forma di zoccolo, a strapiombo sulla valle. Un altipiano quello che si presenta composto da rocce vulcaniche e sedimenti fluviali. Una posizione felice ed un clima senza pari artefici principale della felice riuscita della coltivazione del riso prima, ai tempi di Ignazio V, e dell’olio oggi, ai tempi di Roberto XIII Tutto è trionfo della natura lì ad Aragona…tra l’aria salubre, il colore delle distese degli aranci di cui il Principe possiede 2000 piante, il tanto amato oliveto, il profumo dei narcisi “I preferiti da mia mamma” dice commosso, l’allegra presenza di volatili e pesci nel vascone di acqua, grande ricchezza della proprietà. Il Principe parla, parla, annusa, ammira…in un rapporto quasi fisico con ciò che lo circonda e che è riuscito a creare contro il parere di tutti e quando “Olive di Aragona”, oggi splendida realtà, pareva un sogno, frutto visionario di una sperimentazione. La visita si conclude con la visita al famoso “Ponte Biscari” che, costruito dal succitato Ignazio V, il piu’ famoso dei Biscari…quello passato alla storia come l’”archeologo”, ancora oggi assolve alla Sua funzione originaria, quella cioè, di fornire acqua a tutto quello che un tempo era il cuore del Feudo Biscari ma che oggi si presenta frazionato e che lo sarebbe ancora di piu’, oggi, se Roberto Paternò non avesse avuto la Sua felice intuizione e, soprattutto, non avesse dato corpo ai Suoi sogni.
Che dire? Tutto quello che non sono riuscita a raccontare del Principe e di questa splendida mattinata, riscaldata da una temperatura primaverile in contrasto con un mese, quello di dicembre, ormai avanzato…è racchiuso nel mio cuore, come patrimonio unico ed insostituibile con la speranza di non aver mitizzato la realtà.
Grazie, Principe!
Silvia Ventimiglia – ottobre 2011