Un itinerario goloso tra la letteratura italiana

La Sicilia ha il privilegio di aver dato i natali a scrittori e letterati famosi in tutto il mondo, penne che hanno saputo raccontare la nostra Isola  inneggiando alle meraviglie che la caratterizzano e denunciando in maniera sprezzante i malfatti che la lacerano.  Nelle  numerosi narrazioni sulla Sicilia, non manca mai anche solo un accenno alle sue prelibatezza gastronomiche; ci sembra quasi di  poterle gustare semplicemente leggendone le descrizioni. 

La tradizione dolciaria siciliana ha un’origine millenaria, rilevabile da riferimenti letterari davvero antichissimi. Gli studi hanno portato alla luce documentazioni di un’importante produzione dolciaria già nelle popolazioni pre elleniche; i mylloi, per esempio, erano delle focacce di sesamo e miele, preparate durante le celebrazioni delle Dee primaverili pagane. Platone decanta la prelibatezza di Siracusa e ci parla di “una torta ornata con prelibatezze di pistacchio, datteri e noci, alla vista di cui il cuore si dilettava e la bocca aveva l’acquolina”. Nel suo “De agri cultura” Catone descrive un dolce riconducibile poi a quella che sarà la cassata di derivazione araba: una focaccia a base di farina, formaggio e miele cotta a fuoco lento e chiamata placenta.
La dominazione araba ha senz’ altro arricchito il patrimonio dolciario siciliano con gelati e granite, prelibatezze oggi molto apprezzate dai turisti durante i loro itinerari sotto il cocente sole della nostra Isola. Gli spagnoli hanno il merito di aver diffuso l’uso del cioccolato nell’Isola non solo importando la pasta di cacao dalle Americhe ma soprattutto introducendo  un’ antica lavorazione azteca che viene tutt’oggi utilizzata nella preparazione delle deliziose tavolette di cioccolato modicano. Leonardo Sciascia una volta scrisse che “quando mangi il cioccolato di Modica hai la sensazione di gustare l’archetipo”.  

Verga, originario di Catania, cita all’interno delle sue opere il rito della consumazione delle Ossa dei Morti, biscotti bianchi e marroni, molto duri, a base di farina di mandorle, chiodi di garofano e miele, popolari nel periodo di Ognissanti.

 

Sempre nel territorio catanese e rimanendo in tema di devozione religiosa, Giuseppe Tomasi di Lampedusa descrive nel suo celeberrimo romanzo “ Il Gattopardo”, il tipico dolce preparato durante le festività perla Patrona Sant’Agata. La martire, a cui vennero asportati i seni, viene ricordata nella tradizione dolciaria catanese con le Minne, appunto, realizzate con soffice pan di Spagna, ricotta e pasta di mandorle. Scrive Tomasi di Lampedusa “paste dalle forme impudiche…che profanano l’immagine del seno mutilato di Sant’Agata”. L’autore si chiede come la Chiesa non le abbia bandite visto che “le si vendono nei conventi e si mangiano nelle feste da ballo!”.

Fonte: Marina della Pasqua – www.latartemaison.it

 

Nella letteratura contemporanea è Andrea Camilleri il promotore principale della cultura siciliana e, di conseguenza, delle sue prelibatezze.  Il suo Commissario Montalbano è noto tanto per l’astuzia che lo contraddistingue nella risoluzione di casi intricati quanto per la sua proverbiale golosità. E spesso Camilleri cita il patrimonio enogastronomico isolano come nel romanzo “Un mese con Montalbano” quando delizia uno dei protagonisti con la tipica colazione estiva dei siciliani: la granita con “brioscia”. 

Tutti sappiamo chela Sicilia è storicamente la patria dei dolci e anche i più importanti nomi della letteratura italiana ne lodano le qualità all’ interno delle loro opere famose in tutto il mondo.

 

 

 

 

 

 

 

 

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